Dopo l’ordinazione sacerdotale, Sopoćko fu mandato nella parrocchia di Taboryszki nel decanato di Turgiele in qualità di vicario. La portata dei compiti assegnatigli dal parroco non fu impegnativa. Chiese, dunque, di poter iniziare a far catechesi alla gioventù. Nel corso della quaresima curò l’adeguata preparazione dei fedeli al sacramento della Penitenza. Il primo anno di lavoro pastorale a Taboryszki si concluse con la celebrazione della Prima Confessione e Comunione per un gruppo di circa cinquecento bambini[1].

Il parroco, anche se inizialmente diffidente nei confronti delle numerose iniziative del vicario, lentamente si fece convincere dalla sua attività. Questo incoraggiò ancora di più Sopoćko, che si dedicò al servizio con maggiore fervore del sacerdote delle anime. Conobbe i parrocchiani e si rattristava per la loro povertà, per le difficili condizioni di vita. Si trattò di un brutto periodo di guerra che aumentava solo la sofferenza umana. Sopoćko fu solidale con i sofferenti e gli umiliati dagli occupanti, prese le loro difese, li sostenne spiritualmente e, quando poté, anche materialmente. Ancora più tenacemente curò la fede  e lo stato morale dei parrocchiani. Fece di tutto affinché fossero aperte le cappelle nelle località distanti da Taboryszki a Miedniki Królewskie e Onżanów per permettere ai fedeli di partecipare alla Santa Messa domenicale. Egli stesso le celebrava senza badare al grande sforzo che gli costava, perfino a scapito della sua salute. Le trasferte in queste località comportavano spesso numerosi disagi. Non di rado vi si recò a piedi, percorrendo alcuni chilometri perché sul posto mancavano le adeguate condizioni per pernottare. Inoltre confessava fino a tardi. La domenica dopo la Santa Messa doveva affrettarsi per ritornare  a Taboryszki[2].

Nell’estate del 1915 il fronte tedesco-russo[3] attraversò Taboryszki[4]. Sopoćko, nonostante i pericoli che la guerra comportava, continuava a svolgere l’attività pastorale, andava da una parrocchia all’altra, consolando le persone, alle quali il passaggio delle truppe dell’esercito aveva arrecato dei danni. A Miedniki Królewskie, una località distante 14 chilometri dalla chiesa parrocchiale, era di stanza un reparto tedesco. Ogni tanto un cappellano militare veniva a trovare i soldati per celebrare la Santa Messa nella cappella.  A volte chiedeva a Sopoćko di sostituirlo e lui accettava molto volentieri. Durante il suo soggiorno a Taboryszki, il Nostro svolse anche un’attività importante nel settore educativo. Col passar del tempo, però, questo divenne un motivo di persecuzione da parte delle autorità di occupazione. Il sacerdote decise di organizzare una scuola in ogni paese che avesse una certa consistenza di abitanti. Le autorità di occupazione all’inizio furono molto tolleranti nei confronti di quest’attività, e persino la appoggiavano materialmente. Tuttavia, col passar del tempo, il loro atteggiamento mutò in peggio. Sopoćko fu ostacolato, ad esempio gli fu vietato di non andare a Vilnius per assumere gli insegnanti[5].

Delle sue dolorose esperienze con le quali pagò l’organizzazione delle scuole nelle parrocchie, scrisse:

«Quanti sforzi feci, subii le umiliazioni e le persecuzioni, quanto mi costò - solo Dio lo sa. Non posso paragonarmi a san Paolo, ma anche contro di me sembra che il destino si accanisca per ostacolarmi nel portare a termine la causa divina. La malavoglia fra la gente, l’insufficienza delle forze pedagogiche, le difficoltà a causa delle trasferte, la mancanza di cavalli, gli impedimenti da parte delle autorità tedesche, infine le continue sfavorevoli condizioni atmosferiche, tutte queste avversità si sono riunite quasi  a formare una corona di spine che mi feriva sempre il cuore. Ma grazie a Dio ho superato tutto (…)»[6].

Alla fine, le autorità tedesche arrivarono alla conclusione che Sopoćko era un fanatico Polacco che diffondeva le sue idee nella regione di Vilnius, usando i soldi che gli sarebbero giunti dall’estero. In questa situazione il sacerdote iniziò a pensare seriamente di partire da Taboryszki[7].

Ecco una delle riflessioni di Sopoćko relative alla sua ingiusta persecuzione:

«O Dio Altissimo! Tu vuoi che io porti queste croci. Croci che con le punte non solo feriscono le mie spalle, i miei piedi, ma anche il mio cuore. Vedo, però, che hai piantato lungo la mia strada tante inebrianti rose. Rose che profumano, attirano il mio sguardo e mi ricolmano di speranza mentre cammino con la mia croce verso la felicità eterna»[8].  

A Taboryszki Sopoćko trascorse quattro anni di servizio sacerdotale fervente e pieno di dedizione. Il servizio di vicario a Taboryszki rivelò subito certi tratti essenziali del sacerdozio di Sopoćko che, nel corso degli anni furono sempre più sviluppati: fervore apostolico, apertura verso la causa della Chiesa e le esigenze del tempo, la sensibilità per  le questioni socio-nazionali, la generosità e il sacrificio. La grande dedizione al sacerdozio, che esulava tanto dai compiti richiesti, pagati con sforzo e sacrificio, e le doti, attraverso le quali si fece immediatamente conoscere, fin d’allora, indicavano in lui un sacerdote di grande levatura morale. Così fu riconosciuto dai parrocchiani di Taboryszki: come sacerdote dal particolare fervore, bravo e gentile con tutti, seducente con la semplicità e la naturalezza del suo comportamento[9]. Egli stesso rifletté sul suo sacerdozio e sul suo lavoro, ancora prima di arrivare a Taboryszki:

«Il mio lavoro deve scorrere come un ruscello silenzioso per unirsi agli altri e per creare un’opera grandiosa - il Regno di Dio sulla terra»[10].

Le caratteristiche sacerdotali dell’ancora giovane presbitero e la grande attività fuoriuscivano dal suo mondo interiore, dove, sistematicamente, si sviluppava un’autentica vita spirituale. Dal personale legame con Dio trasse l’inspirazione e le forze per la sua opera di sacerdote. Scrisse a Taboryszki: 

«(…) ebbi un compagno che mi bastava oltre tutto e che tramutava ogni tristezza in gioia e la malavoglia in azione. Lui mi dettò cosa avrei dovuto fare, mi ricordava gli uomini miserabili che lui stesso amava di più e li chiamava fratelli giovani. Mi occupavo quindi di tutto quello che credevo fattibile»[11].

Il più prezioso documento della preoccupazione di condurre una vita spirituale molto intensa, agli inizi del sacerdozio, è costituito dalla prima pagina sul Diario del dieci giugno del 1915. Si tratta di una profonda e molto indovinata riflessione dell’autore sulla propria vita interiore. Contiene un’accurata analisi del proprio comportamento spirituale, con il critico riferimento alla via già percorsa fino ad allora. Si leggono: un’umile confessione di trascuratezza e d’insuccessi nel lavoro su se stesso, una reale valutazione degli ostacoli   e delle difficoltà, la giusta spiegazione della loro origine, come ad esempio, il lasciarsi trascinare dalle immature motivazioni. Sopoćko, in tutta la verità del suo mondo interiore, senza nascondere le debolezze, si richiamò soprattutto a Dio, cercando in Lui la forza per affrontare i compiti che desiderava accettare, come espressione della Sua volontà. Sperimentò la vicinanza di Dio e Gli espresse la sua gratitudine per le divine attenzioni verso di lui. Il testo, intrecciato con le invocazioni indirizzate a Dio Padre e a Gesù Cristo, a tratti assume una forma di preghiera[12]. È la testimonianza del solido lavoro su se stesso per approfondire e migliorare la vita spirituale. 

«Oh, Dio sento che non mi hai abbandonato ancora, Ti ringrazio per tutto. Mi sembra di non essermi lasciato nulla - e il tuo Io? Da dove provengono queste tristezze, l’abbattimento e il disgusto? Allora te ne penti di non essere il bambolotto - sacerdote che sognavi di diventare. Allora ti preoccupi per il più piccolo insuccesso nel mondo, allora pensi qualche volta quale impressione farai con il discorso, cosa dicono di te, cosa pensano; mescoli il grano con il gettatone e ti lagni per il gusto amaro del pane.   A volte mi cerchi - Intende, Christi, in adiutoruim meum»[13].

A settembre del 1918 il vicario capitolare di allora Jan Hanusowicz gli diede  il permesso di partire per Varsavia. La sera del 30 settembre Sopoćko partì di nascosto da Taboryszki, ma i parrocchiani lo scoprirono a Turgiele, dove si era fermato. Non volevano lasciarlo partire. 

sac. don Gregorio Lydek - ks. dr Grzegorz Stanislaw Łydek

 


 
[1] Cf. H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, pp. 27-29.
[2] Ibidem.
[3] «Il Fronte Orientale, noto anche come campagna di Russia, durante la seconda guerra mondiale rappresentò di gran lunga il più importante teatro della guerra tra le potenze alleate e la Germania nazista, e, più in generale, lo scenario fondamentale che decise la seconda guerra mondiale. Le dimensioni dei combattimenti, l’entità delle perdite e la profondità delle distruzioni materiali ne fanno il più vasto teatro di guerra della storia. Alcune fonti fanno comprendere in tale termine il conflitto tedesco-polacco del 1939, tuttavia in questo caso si concentra sui fatti dal giugno 1941 al maggio 1945 riguardanti la guerra tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica. Al termine del conflitto l’Unione Sovietica si elevò al rango di superpotenza, sia industriale che militare con l’occupazione de facto dell’Europa Orientale e la spartizione della Germania. La locuzione grande guerra patriottica (Великая Отечественная Война, Velikaja Otečestvennaja Vojna in lingua russa) è utilizzata solamente in Russia e in altri stati dell’ex-Unione Sovietica per descrivere l’invasione nazista, da non confondere con la guerra patriottica, combattuta dall’Impero Russo contro Napoleone Bonaparte nel 1812 e meglio conosciuta come campagna di Russia»: M. Henry, La seconda guerra mondiale, Tascabili economici Newton, Milano 1978, p. 29.
[4] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 230-235.
[5] Cf. M. Sopoćko, Pogadanki. Seria I. Obowiązki względem Ojczyzny [Discorsi. Il nostro ruolo nei confronti della patria], in “Wiadomości Archidiecezjalne Wileńskie” 1(1922), pp. 2-4.
[6] Dz., q. I, p. 8.
[7] H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, p. 27.
[8] Dz., q. I, p. 24.
[9] Congregatio de Causis San Sactorum, Beatificationis et canonizationis servi Dei Michaël Sopoćko (1888-1975), p. 28.
[10] Dz., q. I, p. 11.
[11] Ibidem, p. 3.
[12] Cf. ibidem.
[13] Ibidem, p. 1.