Ad una settimana dalla contestata sesta rielezione del presidente Alexander Lukashenko, ininterrottamente al potere fin dal 1994, decine di migliaia di oppositori questa domenica sono scesi di nuovo in piazza a Minsk per l'annunciato appuntamento della  "Marcia per la libertà" in cui si è celebrata l'ennesima giornata di protesta con cui i bielorussi chiedono che il recente risultato elettorale venga annullato e le elezioni ripetute sotto il controllo di osservatori internazionali indipendenti.

Nello stesso momento in cui si svolgeva la Marcia per la libertà, Lukashenko ha fatto organizzare una contro manifestazoine, non riuscendo però a raccogliere un numero credibile di manifestanti a cui il dittatore bielorusso si è poi rivolto con un discorso dai toni sprezzanti nei confronti degli oppositori, da lui definiti "topi", chiedendo di difendere il Paese e la sua indipendenza.

Il guaio è che Lukashenko, vedendo il suo potere minacciato, nel fine settimana si è rivolto a Putin, esprimendo preoccupazione per le esercitazioni militari della Nato che si svolgono in Polonia e Lituania, nazioni confinanti. E la Russia ha dichiarato di essere disponibile ad offrire assistenza per la sicurezza della Bielorussia in caso di minacce militari esterne.

E questo mentre i notiziari televisivi russi hanno iniziato a fare parallelismi tra quanto accade in Bielorussia oggi e la situazione in Ucraina al 2014, dove Mosca ha inviato le sue forze speciali per annettere prima l'Ucraina orientale e poi la Crimea.

Sei anni dopo assisteremo a qualcosa di analogo anche in Bielorussia?