La recente invasione della Russia in Ucraina ha causato molteplici crimini di guerra, una crisi energetica globale e ha ulteriormente danneggiato un sistema multilaterale già indebolito. Inoltre, ha messo in luce l'ipocrisia degli stati occidentali che hanno reagito fortemente all'aggressione russa, ma hanno ignorato o addirittura appoggiato gravi violazioni dei diritti umani in altre parti del mondo.

Il rapporto "La situazione dei diritti umani nel mondo 2022-2023" presentato oggi da Amnesty International e pubblicato in Italia da Infinito Edizioni, rivela come i doppi standard e le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani abbiano contribuito all'impunità e all'instabilità, come nel caso del silenzio assordante sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d'azione in Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi.

Inoltre, il rapporto segnala l'uso di pesanti tattiche da parte della Cina per impedire l'azione internazionale sui crimini contro l'umanità che ha commesso, così come il fallimento delle istituzioni regionali e internazionali, favorito dagli interessi egoisti degli stati membri, di fronte alle migliaia di uccisioni in Etiopia, Myanmar e Yemen.

I VERGOGNOSI DOPPI STANDARD SPIANANO LA STRADA A ULTERIORI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI

L’invasione su vasta scala dell’Ucraina ha causato una delle peggiori crisi umanitarie ed emergenze dei diritti umani della recente storia europea. Il conflitto ha provocato non solo sfollamenti di massa, crimini di guerra e insicurezza alimentare ed energetica a livello globale, ma ha anche sollevato il tremendo spettro di una guerra nucleare.

La risposta è stata rapida: gli stati occidentali hanno imposto sanzioni economiche a Mosca e inviato assistenza militare a Kyiv, la Corte penale internazionale ha avviato un’indagine sui crimini di guerra in Ucraina e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’invasione russa come atto di aggressione.

Tuttavia, questo robusto e apprezzabile approccio è risultato in profondo contrasto con precedenti risposte a massicce violazioni dei diritti umani commesse dalla Russia e da altri stati e con la vergognosa risposta in atto a conflitti come quelli in Etiopia e Myanmar.

“Se quel sistema avesse funzionato per chiamare la Russia a rendere conto dei crimini commessi in Cecenia e in Siria, allora come oggi migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate, in Ucraina e altrove. Invece, abbiamo altra sofferenza e altre devastazioni”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. “Se la guerra di aggressione russa ha dimostrato qualcosa per il futuro del mondo, è l’importanza di un ordine internazionale basato su regole efficaci e applicate in modo coerente. Tutti gli stati devono raddoppiare gli sforzi nella direzione di un nuovo ordine basato sulle regole a beneficio di tutte le persone, ovunque”, ha commentato Callamard.

Per i palestinesi della Cisgiordania occupata il 2022 è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case. Il governo israeliano ha in programma una grande espansione degli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Invece di chiedere la fine del sistema israeliano di apartheid, molti stati occidentali hanno scelto di attaccare i promotori di tale richiesta.

Gli Usa hanno condannato ad alta voce le violazioni dei diritti umani russe in Ucraina e hanno accolto decine di migliaia di ucraine e ucraini in fuga dalla guerra; ma le loro politiche e prassi razziste contro i neri hanno causato l’espulsione, tra il settembre 2021 e il maggio 2022, di oltre 25.000 persone fuggite da Haiti, sottoponendo molte di esse a torture e ad altri maltrattamenti.

Gli stati dell’Unione europea hanno aperto le frontiere alle persone in fuga dall’Ucraina dimostrando di essere, in quanto uno dei raggruppamenti più ricchi al mondo, più che in grado di ricevere grandi numeri di persone in cerca di salvezza e di dar loro l’accesso alla salute, all’educazione e all’alloggio. Al contrario, molti di quegli stati hanno chiuso le porte a chi fuggiva dalla guerra e dalla repressione in Siria, Afghanistan e Libia.

“Le risposte all’invasione russa dell’Ucraina ci hanno detto qualcosa su ciò che si può fare quando c’è la volontà politica di farlo: condanna globale, indagini sui crimini, frontiere aperte ai rifugiati. Quelle risposte devono essere un manuale su come affrontare tutte le massicce violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato Callamard.

I doppi standard dell’Occidente hanno rafforzato stati come la Cina e consentito a Egitto e Arabia Saudita di evadere, ignorare o respingere le critiche sulla loro situazione dei diritti umani.

Nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, equivalenti a crimini contro l’umanità, nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane, Pechino è riuscita a eludere le condanne, a livello internazionale, da parte dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

“Gli stati applicano le norme sui diritti umani caso per caso, mostrando in modo sbalorditivo la loro clamorosa ipocrisia e i doppi standard. Non possono criticare le violazioni dei diritti umani in un luogo e, un minuto dopo, perdonare situazioni analoghe in un altro solo perché sono in ballo i loro interessi. Tutto questo è incomprensibile e minaccia l’intera struttura dei diritti umani universali”, ha aggiunto Callamard. “C’è anche bisogno che gli stati che finora hanno esitato assumano una chiara posizione contro le violazioni dei diritti umani ovunque si verificano. Servono meno ipocrisia, meno cinismo, più coerenza, più azione basata sull’ambizione e sui principi da parte di tutti gli stati per promuovere e proteggere tutti i diritti”, ha sottolineato Callamard.


LA BRUTALE REPRESSIONE DEL DISSENSO NEL MONDO

In Russia dissidenti sono stati portati in tribunale e organi d’informazione sono stati chiusi solo per aver menzionato la guerra in Ucraina. Giornalisti sono stati imprigionati in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia e in decine di altri stati del mondo dove erano divampati conflitti.

In Australia, India, Indonesia e Regno Unito le autorità hanno introdotto nuove leggi per limitare le manifestazioni, mentre lo Sri Lanka ha fatto ricorso ai poteri dello stato d’emergenza per stroncare le proteste di massa contro la crescente crisi economica. Le norme entrate in vigore nel Regno Unito hanno dato alle forze di polizia poteri molto ampi, compreso quello di vietare “proteste rumorose”, compromettendo così la libertà di espressione e di protesta pacifica.

La tecnologia è stata utilizzata come arma per diffondere disinformazione o per ridurre al silenzio o impedire le proteste.

In Iran le autorità hanno risposto con la forza illegale a una sollevazione senza precedenti contro decenni di repressione, ricorrendo a proiettili veri, pallottole di metallo, gas lacrimogeni e pestaggi: sono state uccise centinaia di persone, tra cui decine di minorenni. Anche le forze di sicurezza del Perú, a dicembre, hanno usato la forza illegale in particolare contro nativi e campesinos, per stroncare le proteste seguite alla crisi politica scaturita dalla deposizione dell’ex presidente Castillo. Giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici hanno subito repressione anche in altri stati, tra i quali Zimbabwe e Mozambico.

Di fronte alle crescenti minacce al diritto di protesta, nel 2022 Amnesty International ha lanciato una campagna per contrastare gli sforzi intrapresi in modo sempre più intenso dagli stati per erodere il diritto fondamentale di protesta pacifica. Nell’ambito di questa campagna, l’organizzazione chiede l’adozione di un Trattato per un commercio libero dalla tortura che vieti la produzione e il commercio di equipaggiamenti per le forze di sicurezza intrinsecamente atti a commettere violazioni dei diritti umani e che sottoponga a controlli quelli spesso usati per compiere torture o altri maltrattamenti.


GLI STATI NON PROTEGGONO NÉ RISPETTANO I DIRITTI E LE DONNE NE PAGANO IL PREZZO

La repressione del dissenso e gli approcci incoerenti ai diritti umani hanno avuto un profondo impatto anche sui diritti delle donne.

La Corte suprema degli Usa ha annullato una duratura garanzia costituzionale sul diritto d’aborto e ha messo a rischio altri diritti umani di milioni di persone che potrebbero avere una gravidanza, quali quelli alla vita, alla salute, alla riservatezza, alla sicurezza e alla non discriminazione.

Alla fine del 2022, diversi stati degli Usa avevano approvato leggi per vietare o limitare l’accesso all’aborto. In Polonia, attiviste sono finite sotto processo per aver aiutato donne ad avere accesso a pillole abortive.

Le donne native hanno continuato a subire, in modo sproporzionato, alti livelli di stupro e di altre forme di violenza sessuale. In Pakistan ci sono stati diversi omicidi di donne da parte dei familiari ma il parlamento non ha approvato la legge sulla violenza domestica di cui stava discutendo sin dal 2021. In India, sono rimasti impuniti sia casi di violenza contro le donne dalit e adivasi che ulteriori crimini di odio contro le caste.

In Afghanistan, a seguito di una serie di editti emessi dai talebani, c’è stato un grave arretramento dei diritti delle donne e delle ragazze all’autonomia personale, all’istruzione, al lavoro e all’accesso agli spazi pubblici. In Iran la “polizia morale” ha arrestato Mahsa (Zina) Amini poiché aveva una ciocca di capelli fuori dal velo: alcuni giorni dopo è morta a seguito di tortura. La sua morte ha dato vita a proteste nazionali in cui molte altre donne e ragazze sono state arrestate, ferite e uccise.

“La brama con cui gli stati vogliono controllare i corpi delle donne e delle ragazze, la loro sessualità e le loro vite lascia una tremenda eredità di violenza, oppressione e riduzione delle potenzialità”, ha sottolineato Callamard.


L’AZIONE GLOBALE CONTRO LE MINACCE NEI CONFRONTI DELL’UMANITÀ È CLAMOROSAMENTE INADEGUATA

Nel 2022 il mondo ha continuato a subire le conseguenze della pandemia da Covid-19. Il cambiamento climatico, i conflitti e gli shock economici, causati in parte dall’invasione russa dell’Ucraina, hanno ulteriormente accresciuto i rischi per i diritti umani.

La crisi economica ha fatto sì che il 97 per cento della popolazione dell’Afghanistan viva in povertà. Ad Haiti la crisi politica ed economica, esacerbata dalla diffusa violenza delle bande criminali, ha fatto finire oltre il 40 per cento della popolazione in una situazione di acuta insicurezza alimentare.

Le condizioni meteorologiche estreme, acuite dal rapido aumento delle temperature del pianeta, hanno portato fame e malattie in diversi stati dell’Asia meridionale e dell’Africa subsahariana: ad esempio, in Nigeria e in Pakistan le alluvioni hanno avuto un impatto catastrofico sulla vita e sui beni di sussistenza delle popolazioni e hanno contribuito alla diffusione di malattie trasmesse dall’acqua, che hanno ucciso centinaia di persone.

Di fronte a questo scenario, gli stati non hanno agito nell’interesse dell’umanità né hanno risolto la dipendenza dai combustibili fossili, il principale responsabile della più grande minaccia contemporanea alla vita. Questo fallimento collettivo è stato un altro esempio della debolezza dell’attuale sistema multilaterale.

“Il mondo è assediato da un assalto di crisi che collidono tra loro: conflitti diffusi, economie globali crudeli che finiscono per caricare sulle spalle di molti stati un debito insostenibile, evasioni fiscali da parte delle aziende, uso della tecnologia come arma, crisi climatica e placche tettoniche dei poteri in movimento. Non avremo alcuna possibilità di sopravvivere a queste crisi se le nostre istituzioni internazionali non saranno all’altezza”, ha commentato Callamard.


LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI NON FUNZIONANO

È fondamentale che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti. La prima cosa da fare è finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia.

Amnesty International chiede inoltre una riforma del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale.

“Il sistema internazionale ha bisogno di una seria riforma che rifletta la realtà odierna. Non possiamo permettere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di trincerarsi dietro al loro potere di veto e di mantenere immutati i propri privilegi. La mancanza di trasparenza e di efficacia nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza rende l’intero sistema aperto alle manipolazioni, agli abusi e alle disfunzioni”, ha aggiunto Callamard.