Confcommercio: la desertificazione dei centri storici si fa sempre più preoccupante
"Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città".
Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha commentato la nona edizione dell'indagine "Città e demografia d'impresa: come è cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi dieci anni", redatta a cura dell'Ufficio Studi Confcommercio, diretto da Mariano Bella, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici rispetto alle periferie, un fenomeno che interessa tanto il Centro-Nord che il Mezzogiorno, fino allo scorso anno caratterizzato – quest’ultimo - da una maggiore vivacità commerciale.
Nei centri storici sono sempre meno le attività tradizionali (carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più quelle che offrono servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%), oltre alle attività di alloggio (+42%) e ristorazione (+2,3%).
Nelle nostre città è diventato sempre più evidente il fenomeno della desertificazione commerciale. Negli ultimi dieci anni sono scomparse dai 120 Comuni oggetto di analisi, oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%), tanto che la densità commerciale è passata da 12,9 a 10,9 negozi per mille abitanti, pari a un calo del 15,3%. Un fenomeno che non dipende se non in minima parte dal calo della popolazione, scesa solo del 2%.
Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno il commercio di prossimità non può che continuare a puntare su efficienza e produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E resta fondamentale l’omnicanalità, ovvero l’utilizzo anche del canale online, le cui vendite sono passate da 17,9 miliardi nel 2019 a 35 miliardi nel 2023 (+95,5% i beni e +42,2% i servizi), con l’online che nel 2023 vale ormai il 17% degli acquisti di abbigliamento e il 12% del beauty. La crescita dell’e-commerce è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.
Fonte: Confcommercio
Report: www.confcommercio.it/documents/20126/4428533/Citt%C3%A0+e+demografia+d%27impresa.pdf/90dcf8c6-3851-abb7-efa6-7ebd613097ac