Scienza e Tecnologia

Il report della Coalizione 100% Rinnovabili Network dimostra che i costi del nucleare sono di un terzo superiori a quelli delle rinnovabili

La coalizione 100% Rinnovabili Network ha presenta il report sui costi del nucleare ricordando la grande discrepanza tra LCOE (Levelized Cost of Electricity,  Costo Livellato dell'Energia) dei reattori ed LCOE di fotovoltaico ed eolico. A pesare anche gli elevati costi di smantellamento, bonifica dei siti nucleari contaminati e gestione dei rifiuti radioattivi

Una delle grande premesse che sta sostenendo l'ondata di assenso al ritorno del nucleare in Italia riguarda i costi. Costi che in teoria dovrebbero proteggere aziende e famiglie italiane da elevati rincari energetici, gli stessi che hanno colpito il Belpaese (ma anche la Francia) nel 2022. Riportando in generale le bollette nazionali a prezzi più sostenibili. E proprio così? Non secondo coalizione 100% Rinnovabili Network, promossa dalle associazioni ambientaliste e del terzo settore, da docenti universitari e ricercatori e da esponenti del mondo delle imprese e del sindacato.

“Il nucleare renderebbe più cara l'energia elettrica. Un costo ben maggiore rispetto a quello delle fonti rinnovabili. E i reattori ‘piccoli' (Small Modular Reactor, SMR) sono ancora più costosi”,

afferma la coalizione che oggi ha presentato a Roma il Report sui costi nucleare mettendo in fila numeri e dati di un possibile ritorno del nucleare in Italia. Comprendendo nella spesa anche le attività di smantellamento delle centrali nucleari, alla bonifica dei siti nucleari contaminati e una parte significativa dei costi di gestione dei rifiuti radioattivi, ad alta intensità (che decadono in molte migliaia di anni) e media intensità (che decadono in alcune centinaia di anni), generati dalle barre del combustibile nucleare esaurito e dallo smantellamento delle centrali. 

I dati al centro del report parlano chiaro: in Europa nel 2023, secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia (World Energy Outlook 2024), il costo di generazione dell'elettricità – considerando i costi complessivi della costruzione, del funzionamento dell'impianto, dell'investimento per la costruzione, gli oneri finanziari dell'ammortamento del capitale investito, i costi operativi per la durata della vita produttiva dell'impianto, il funzionamento, il combustibile e la manutenzione – prodotta da nuove centrali nucleari in Europa sarebbe di 170 $/MWh, contro quella generata dal solare fotovoltaico pari a 50 $/MWh (3,4 volte di meno del nucleare), quella dell'eolico onshore di 60 $/MWh (2,8 volte di meno) e quella dell'eolico offshore pari a 70 $/MWh. Le differenze dei costi di generazione date dall'Agenzia Internazionale dell'Energia, nell'Unione Europea, derivano dai seguenti costi e rendimenti:

  • per il nucleare: costi in conto capitale pari a 6.600 $/kW, con un capacity factor del 70% e con costi per il combustibile, per la gestione e la manutenzione di 35 $/MW/h
  • per il solare fotovoltaico: costi dell'investimento pari a 750 $/kW, con un capacity factor del 14% e con costi per la gestione e la manutenzione di 10 $/MW/h.
  • per l'eolico: con costi dell'investimento pari a 1.630 $/kW, con un capacity factor del 29% e con costi per la gestione e la manutenzione e di 15 $/MW/h.

Anche al 2030 e al 2050 il nucleare è una forma di produzione di energia elettrica più costosa delle rinnovabili. Parliamo, infatti, di una differenza di ben 100 $/MWh tra nucleare e solare per il 2030 e il 2050, 80 $/MWh per l'eolico onshore, per il 2030 e 75 $/MWh per il 2050. E per l'eolico offshore di 90 $/MWh per il 2030 e il 2050. Differenze di costi, più o meno elevate, che si riscontrano anche negli Stati Uniti, in Cina o in India. 

“Un possibile ritorno al nucleare in Italia è dunque qualcosa di insensato e che, inoltre, non tiene conto di due pronunciamenti referendari. Invece di accelerare, in modo adeguato, lo sviluppo delle rinnovabili per arrivare alla piena decarbonizzazione della produzione di elettricità, il nuovo Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) – commenta 100% Rinnovabili Network – prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione, con la costruzione di Small Modular Reactor (SMR), di Advanced Modular Reactor (AMR) e di micro-reattori. Il ritorno al nucleare, ancora di più per un Paese come l'Italia che ne è uscito da molti anni, avrebbe un costo molto alto”.  

Vediamo, in sintesi, perché...


L'illusione dei piccoli reattori

L'energia elettrica generata con gli SMR – i reattori modulari più piccoli proposti per l'Italia e che ancora non sono stati costruiti in nessun Paese occidentale – costerà più di quella prodotta dai reattori più grandi. A questa conclusione arriva la rassegna internazionale sui progetti in corso per gli Small Modular Reactor (SMR), pubblicata da The World Nuclear Industry – Status Report 2024 (Mycle Schneider Consulting Project Paris, September 2024). 


I costi per lo smantellamento

In Europa, la più recente stima del 2019 del costo previsto di gestione dei rifiuti radioattivi generati dalle centrali nucleari, escluso lo smantellamento delle centrali, è nell'intervallo 422—566 miliardi di euro. Da notare come questi costi, oltre a quello del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi, non sono presi in considerazione nelle stime fatte dall'Agenzia Internazionale per l'Energia nell'Energy Outlook 2024. Da ricordare che il deposito dei rifiuti ad alta e media radioattività, di cui il nostro Paese è ancora in attesa, costerà almeno 8 miliardi di euro. 


Il baratro economico del nucleare francese

I sostenitori italiani del nucleare citano spesso il nucleare francese come esempio di successo economico. Nulla di più falso: EDF, la società francese che gestisce le centrali nucleari, fortemente indebitata, nel 2023 è stata interamente nazionalizzata dal governo francese, con una spesa di oltre 9 miliardi a carico dei contribuenti.


Il volano delle rinnovabili

Così come farà la maggioranza dei Paesi dell'Unione Europea, Germania compresa, anche l'Italia potrà soddisfare il proprio fabbisogno di elettricità, anche raddoppiato al 2050, non solo all'80%, ma al 100% con fonti rinnovabili di energia: idroelettrico, geotermico, da biomassa e, soprattutto, eolico e fotovoltaico. La discontinuità dell'eolico e del fotovoltaico può essere superata, come stanno facendo e programmando molti Paesi, combinando opportunamente eolico e fotovoltaico e ricorrendo a tecnologie disponibili di accumulo: batteria, accumuli idraulici, accumuli termici e ad aria compressa e, in una prospettiva ormai vicina, anche producendo idrogeno verde e suoi derivati. I maggiori costi degli accumuli – che comunque si ridurranno con la loro crescita e la loro maggiore diffusione che accompagnerà la crescita delle rinnovabili – dato il notevole minor costo di generazione del fotovoltaico e dell'eolico, non saranno tali da rendere conveniente il nucleare. 


L'integrazione rinnovabili–nucleare

L'integrazione rinnovabili–nucleare per superare la discontinuità di solare ed eolico sarebbe comunque poco funzionale e costosa perché porterebbe a sottoutilizzare gli impianti fotovoltaici e eolici usando il nucleare come produzione stabile di base. Oppure – caso improbabile visto che gli impianti nucleari sono poco flessibili, con tempi di spegnimento e accensione lunghi – a non usare a pieno gli impianti nucleari. 

Autore Matteo Pani
Categoria Scienza e Tecnologia
ha ricevuto 375 voti
Commenta Inserisci Notizia