Netanyahu cerca anche dall'estero supporto alla sua rielezione
Il prossimo 9 aprile si terranno in Israele le elezioni anticipate per rinnovare i 120 parlamentari della Knesset. L'attivismo di Netanyahu, in special modo all'estero, nell'ultimo periodo è aumentato con lo scopo di dimostrare all'estrema destra israeliana, che si richiama al fondamentalismo religioso, la sua affidabilità nel gestire il problema palestinese e, al tempo stesso, di non fare passi indietro rispetto all'attuale status quo di Israele.
Così, mentre da una parte avrebbe raggiunto una sorta di tregua - con il tramite dell'Egitto - con Hamas, concedendo qualche apertura alla dure condizioni a cui sono sottoposti coloro che vivono a Gaza, dall'altra Netanyahu si è adoperato per ottenere dall'estero un supporto alla sua azione politica per cercare di riconfermarsi per i prossimi quattro anni alla guida del Paese, nonostante la magistratura lo voglia portare in tribunale e Benny Gantz, suo avversario politico, lo insidi nei sondaggi.
Ma gli appoggi che arrivano dall'estero hanno fortune alterne. Il presidente Trump ha regalato ad Israele il riconoscimento da parte degli Usa ad avere ogni diritto a controllare le alture del Golan che lo Stato ebraico ha sottratto alla Siria e che, da decenni, sono oggetto di un contenzioso internazionale che vede impegnati pure i militari dell'Onu.
Con un scatto di orgoglio, l'Europa stavolta non ha seguito Trump e Lady Pesc, Federica Mogherini, ha ribadito che la questione deve essere risolta solo con trattati internazionali che coinvolgano tutte le parti in causa.
Ed è di questi giorni la visita del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, i cui riferimenti politici sono quelli parafascisti che hanno devastato l'America latina fino agli anni '80 del secolo scorso, da cui Netanyahu sperava di ricevere "in regalo" l'annuncio ufficiale del trasferimento dell'ambasciata brasiliana da Tel Aviv a Gerusalemme, come più volte anticipato dallo stesso presidente brasiliano.
Ma Bolsonaro ha finito per deludere Netanyahu, offrendogli soltanto l'apertura di un ufficio diplomatico a Gerusalemme, come dire un consolato, che non equivale certo a riconoscere politicamente la città santa come capitale dello Stato ebraico. Ma Bolsonaro sarà pure parafascista, ma non è un idiota. Infatti, appena eletto, non poteva inimicarsi gli allevatori di bestiame del suo Paese per far vincere le elezioni a Netanyahu, visto che riconoscendo Gerusalemme come capitale, avrebbero rischiato di perdere, da un momento all'altro, i miliardi di dollari che fatturano esportando carne "halal", nei Paesi a maggioranza islamica.