Nessuno se ne è accorto ma siamo in preda ad un “eccesso” di democrazia e di liberismo perché il modello occidentale è l’unico che può salvare il mondo dalle interferenze russo-cinesi. In Europa sarà una difesa ad oltranza contro la Russia, “si” combatterà fino all’ultimo ucraino. Tutti si stanno nascondendo dietro la bandiera di un bistrattato diritto internazionale usato all'occorrenza a mo’ di fisarmonica quando si tratta di difendere soprattutto per procura gli eccelsi valori della democrazia e soprattutto del liberismo, costi quello che costi.

Un argomento che ha attirato la mia attenzione è la scomparsa di certe ”cartine” che a colpo d’occhio inviterebbero ad una riflessione e forse ad un ripensamento sull’opportunità o meno di far continuare un gioco al massacro che travolgerà per prima tutta l’Europa.

Prendiamo la figura di Zelensky un eroe in perenne video-conferenza con i Parlamenti di tutto l’Occidente attraverso la quale ottiene miliardi di finanziamenti principalmente in armi e addestramento: è a lui che l’Occidente ha delegato l’onore di difendere il suo “stile di vita” fino all’ultimo ucraino.

Che cosa intendeva dire l’autore dell’articolo riferendosi a cartine che non dovevano essere portate a conoscenza della pubblica opinione? È essenziale fare una premessa: la politica estera americana non ha mai avuto l’obiettivo di permettere ai Paesi dell’Europa sia occidentale che orientale di “smarcarsi” dalla sua pressante influenza economica e militare (tramite la NATO); non ha mai smesso di considerare la Russia un “nemico” della sua democrazia che da decenni esporta con violenza inaudita portando destabilizzazione, lutti e miseria in quei Paesi e in quelle aree ambite dalla sua ideologia liberista. Gorbaciov aprendo una nuova stagione politica è stato tradito proprio dai Paesi europei stretti nella morsa della NATO, il fallimento del comunismo è diventato la vittoria dell’Occidente sul blocco europeo orientale: questo è stato un errore di valutazione dettato da un diffuso egoismo miopie che ha scatenato l’avidità dell’imprenditoria da asporto che, soprattutto in Italia, ha ulteriormente degradato la politica nazionale e ridotto il Parlamento ad una appendice del potere economico finalizzato esclusivamente al puro profitto e allo sfruttamento delle risorse interne dirottate a settori industriali che nulla danno e tutto prendono con la conseguenza di un degrado della società civile che ha già provocato milioni di  poveri: si sta riproponendo di fatto un ritorno allo stato “pastorale e agricolo” e all’analfabetismo  culturale della base del Paese.

Riporto testualmente una parte del contenuto dell’articolo sperando di offrire uno spunto di riflessione premettendo che si può condividere o meno quanto viene detto questo nel rispetto dello spirito democratico che ancora ci è concesso. L’Italia fa parte di una comunità di stati tutti dichiaratamente democratici con un sistema economico “liberista” che rappresenta la negazione dei contenuti essenziali delle vere Costituzioni democratiche come la nostra: il profitto ha soppiantato l’essere umano e vieta una equa redistribuzione delle risorse. Quanti Paesi rispettano sostanzialmente nel loro interno tali principi con leggi giuste? Nell’UE vi sono delle profonde contraddizioni, disparità derivanti dalle condizioni di aver perso l’ultimo conflitto mondiale, dipendenze politiche e ricatti economici da parte dei paesi dominanti. Questo non è il profilo di una vera democrazia!

Parlando delle sceneggiate proposte con successo da Zelensky sia prima che dopo l’aggressione da parte dell’esercito russo atte a mandare a picco ogni trattativa, l’articolista coglie il problema della democrazia sostanziale: “(….)  ma perché era certo che nessuno dei suoi alleati e sostenitori avrebbe sindacato su quante e quali forze avrebbe messo in campo. Tuttavia proprio quelle mappe avrebbero avuto un effetto disastroso sull’immagine del presidente eroe e dell’Ucraina democratica sottoposti a una invasione illegale e immotivata. L’annunciata demilitarizzazione russa si riferiva in particolare a tutte le forze armate regolari e irregolari, a tutte le armi fornite negli otto anni precedenti dagli americani e dalla Nato e significava render conto del fiume di denaro ricevuto dall’Ucraina a partire dal 1994. La denazificazione si riferiva a tutte le forze e le istituzioni controllate dagli estremisti ultranazionalisti e neonazisti, ai contractor pagati dal Pentagono e dagli oligarchi. Il presidente Zelensky non poteva e non può permettersi di mostrare in una mappa qualsiasi nessuna di tali forze e se volesse farlo non glielo permetterebbero proprio coloro che da vent’anni hanno puntato sull’Ucraina per fottere la Russia e l’Europa. Cancellando dalle mappe operative gli obiettivi della demilitarizzazione e della denazificazione sarebbe rimasto di “presentabile” soltanto ciò che riguardava i russi: esattamente ciò che si vede da due mesi. Le parole demilitarizzazione e denazificazione hanno fatto entrare in tilt anche l’Europa e la Nato. La demilitarizzazione dell’Ucraina porterebbe allo scoperto e al fallimento l’intensa attività di militarizzazione di quel Paese svolta dalla Nato e dall’Europa e renderebbe inutile lo sforzo di completare la militarizzazione dell’intero continente: un cuscinetto neutrale e disarmato in Ucraina, oltre a essere contagioso, impedirebbe il riarmo europeo chiesto e ottenuto dagli Stati Uniti. Per questo ogni trattativa in tal senso deve essere bloccata.”

Alla luce degli ultimi fatti, la riunione dei ministri della Difesa di 44 Paesi a Ramstein da parte dello staff militare americano è un fatto gravissimo: il Pentagono richiede e ottiene che 44 Paesi inclusi quelli aderenti alla NATO si pieghino alle direttive americane in materia di politica estera dimostrando il ruolo servile degli alleati europei, sull’atteggiamento del governo italiano preferisco stendere un velo “pietroso”.

Si parla di democrazia e libertà e allora vediamo come stiamo messi attualmente: “Ma ancora più devastante sarebbe la denazificazione. Se sulla mappa dell’Ucraina si applicassero i simboli filonazisti che normalmente usano i miliziani dell’Azov, e non solo, in corrispondenza delle più alte sfere di governo e parlamentari, della classe politica, finanziaria e imprenditoriale, degli enti paramilitari, di polizia e civili fino ai sindaci e capi villaggio che pretendono di essere nazionalisti ma che in realtà sono sotto il controllo di gruppi e individui neonazisti, la carta geografica dell’Ucraina sarebbe disseminata di croci uncinate e simboli simili. E se gli stessi simboli si applicassero sulle mappe dell’Europa, della Nato e degli Stati Uniti in corrispondenza di governi, gruppi e individui ultranazionalisti, guerrafondai, maccartisti, intolleranti, razzisti, sovranisti, primatisti, nazifascisti e semi-nazisti la nostra presunzione collettiva d’innocenza, libertà e democrazia cadrebbe assieme a quella dell’Ucraina e in modo ancor più rovinoso. E allora dobbiamo renderci conto che Zelensky ha ragione: l’Ucraina è Europa, è Nato e insieme dobbiamo combattere fino all’ultima goccia di sangue perché le mappe continuino a essere semi mute. Dai poli all’equatore”. E visto che siamo in argomento andiamo a dare uno sguardo all’equatore. 

Le Isole Salomone si trovano a Est della Papua Nuova Guinea e a nordovest di Vanuatu, Figi e Tonga. Anche queste hanno la “disgrazia“ di essere in una zona strategica controllata dagli USA e dall’Australia, basta guardare una cartina relativa all'area di influenza americana e dei suoi veri alleati (Australie e Gran Bretagna) nel Pacifico e non vi sono dubbi sull'espansione di un Paese che in nome di una pseudo-democrazia sta mettendo paletti ovunque.

Il primo ministro Sogavare ha dato un cambio di rotta alla politica estera del suo Paese - uno dei più poveri al mondo – stringendo accordi commerciali con la Cina e ricevendo in cambio aiuti per 730 milioni di dollari. Questo cambiamento ha determinato il disconoscimento di Taiwan portando come conseguenza ad una insurrezione sedata dalle truppe armate australiane chiamate in soccorso da Sogavare. La situazione politica interna non è delle più tranquille infatti vi è un contrasto tra gli abitanti dell’isola di Malaita, la più popolosa dell’arcipelago, che sono separatisti e che contestano pesantemente Sogavare perché nega loro il referendum attraverso il quale dichiarare la propria indipendenza.

L’amministrazione americana ha osteggiato l’accodo quinquennale di sicurezza -automaticamente rinnovabile -  firmato nel 2019 tra il governo delle isole di Salomone e la Cina ribaltando gli equilibri finora regolati da altri patti - sottoscritti in particolare con l’Australia - che prevede “l’invio di forze militari e di polizia “per mantenere l’ordine sociale e proteggere vite”, oltre alla possibilità per le navi da guerra cinesi di attraccare nei porti dell’arcipelago “per eseguire rifornimenti logistici”. 

La preoccupazione degli USA si concentra nella possibile costruzione di una base navale cinese in loco ma il primo ministro ha giurato su 20 bibbie che l’accordo riguarda la politica interna e non estera del suo Paese. Allo “storico” incontro era intervenuto anche l’ambasciatore Daniel Kritenbrink, assistente del Segretario di stato americano per gli affari dell'Asia orientale e del Pacifico che al termine del colloquio ha dichiarato:

Allo “storico” incontro era intervenuto anche l’ambasciatore Daniel Kritenbrink, assistente del Segretario di stato americano per gli affari dell'Asia orientale e del Pacifico che al termine del colloquio ha dichiarato: «Abbiamo rispetto per la sovranità delle Isole Salomone, ma volevamo anche far loro sapere che se si fossero presi provvedimenti per stabilire una presenza militare permanente de facto, o un'installazione militare, allora avremmo avuto preoccupazioni significative: a quel punto saremmo costretti a rispondere in modo molto naturale».   

Il “modo naturale” a cui alludeva Kritenbrink è un intervento militare. Il primo ministro australiano Scott Morrison aveva ribadito che l’eventuale costruzione di una base cinese sarebbe stata considerata «una linea rossa, per noi e per gli Stati Uniti».

La Cina dal 2013 attraverso le vie della seta sta stringendo e consolidando rapporti commerciali e strategici anche con i Paesi del Pacifico e questo permette di sviluppare un “cuscinetto” di sicurezza ma allo stesso tempo disturba le interazioni militari nell’ambito dei Paesi legati da accordi per la sicurezza – Quad di cui fanno parte anche Giappone e India – e del patto Aukus. Nel caso specifico il patto Aukus prevede che il governo australiano acquisti tecnologia per la fabbricazione di sottomarini a propulsione nucleare dagli USA e dal Regno Unito e in futuro potrebbe dar vita ad una cooperazione trilaterale per la progettazione e realizzazione di nuovi armamenti ipersonici ciò dimostra che si stanno preparando per diventare delle potenze militari alle quali nessuno gli si potrà opporre.

E' la solita antica storia dei vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro in competizione tra loro, con al seguito il paradosso UE che è un vaso che non si sa di quale materiale è costituito.