Garlasco? E’ il paese di Ron, vero nome Rosalino Cellamare, origini pugliesi e capelli rossi normanni, cantautore sopraffino. A qualcuno dei meno giovani tornava alla memoria solo questo, se, prima del 13 agosto 2007, per caso veniva nominato il tranquillo e operoso centro della provincia pavese: un bel territorio, punteggiato da corti ristrutturate o di una fascinosa decadenza, che da ovest portano il viaggiatore nel climax lombardo, presto risucchiato nell’orbita dell’hinterland milanese.
Lì vivono i due fidanzati Chiara Poggi e Alberto Stasi, lei di un paio d’anni maggiore, laureata e già impiegata con ufficio a Milano, lui ancora studente alla Bocconi: ambedue colti, carini, di buona famiglia, con obiettivi di vita in comune e di carriera. Aggiornato ai tempi sembra anche il loro rapporto, che non è mai apparso di natura passionale, e comporta una certa libertà reciproca. Stasi infatti, poco prima del delitto, è appena tornato da un viaggio a Londra da solo. E’ una relazione lineare, quieta, accettata socialmente.
Chiara è una ragazza riservata, dal sorriso dolce, ma di indole determinata; Stasi, aspetto nordico, occhi di ghiaccio – o almeno così descritti dopo la tragedia – le è molto legato, e infatti la sera del 12 agosto è da lei, nella villetta di via Pascoli in cui la ragazza è sola, poiché genitori e fratellino sono in vacanza.
Stando al racconto di Stasi i due hanno mangiato una pizza e visto un film, poi lui è tornato a casa perché si preannunciava un temporale e occorreva mettere al sicuro il cane, in seguito è tornato da Chiara, ma non ha dormito da lei. La mattina del 13 egli avrebbe lavorato al pc per la tesi, per poi ripresentarsi a casa Poggi e trovare la sua ragazza come sappiamo, con il seguito più volte riportato.
Abbiamo delle domande, nient’altro. Si oscilla tra la tesi innocentista e quella opposta. Tralasciamo i particolari logistici delle ricostruzioni, più volte sondati e non chiariti del tutto.
Come entra nell’abitazione Alberto Stasi? Lui ricorda che la porta era socchiusa. Nella generalità dei casi, l ‘assassino richiude la porta alle sue spalle. Al primo interrogatorio, durato parecchie ore, ha memoria del viso di Chiara “ pulito”: gli viene rudemente obiettato che era coperto di sangue.
Perché egli lascia la bici fuori? Era sua abitudine? Visto il presumibile stato d’animo di colui che viene bollato come assassino, perché una persona di una certa intelligenza abbandona all’esterno un mezzo che potrebbe farlo identificare e comunque può essere notato? (come infatti è avvenuto). Aggiungiamo che uccidere in pieno giorno utilizzando come mezzo di trasporto e di fuga la bicicletta, contando di non essere visti, non è l’idea migliore. La sera prima Stasi era in auto, sarebbe stato tutto più semplice. Quindi si da per scontato un omicidio d’impeto?
Una volta contestata a Stasi la presenza di sangue di Chiara sui pedali della bicicletta ( dopo il famoso scambio con quelli di un’altra nella disponibilità della famiglia), come gli salta in mente di ipotizzare che fosse sangue mestruale? Chiara non sembrava il tipo da lasciarsi andare nei giorni critici, tanto da disseminare il pavimento del suo flusso; in ogni caso, il sangue del mestruo differisce da quello venoso e si suppone che un’ analisi lo avrebbe appurato.
Poiché l’arma del delitto non si è trovata ( si ritiene fosse un martello) si suppone che Stasi l’avesse con sé, mentre correva in bici per riparare presso la propria abitazione: l’oggetto avrebbe lasciato qualche traccia di sgocciolamento e un ciclista con un martello insanguinato in mano avrebbe dato nell’occhio, pur se il paese era semideserto. Inoltre non mancavano martelli da casa Stasi, quindi si deve optare per l’ipotesi che l’omicida lo avesse portato con sé (sempre in bici) e dunque privilegiare la premeditazione e non più l’impeto.
Ma…Stasi ha affermato di essere andato in auto, quella mattina, da Chiara: e allora che c’entra la bicicletta? Lo scenario diventa: Stasi esce in bicicletta con un martello, va da Chiara, la uccide, fugge in bicicletta ( e intanto butta l’arma), torna con l’auto e finge di scoprirla: quattro andirivieni, di cui due con arma e dopo un delitto ad alto tasse di sanguinolenza, senza che alcuno lo abbia nemmeno intravisto
Sul vialetto di casa Poggi non ci sono macchie. Si è sempre detto che Stasi si sarebbe pulito o cambiato le scarpe. Ma dove? Ne aveva un paio di riserva e avrebbe perso tempo sulla scena del crimine, dove non si sono trovate tracce di simili manovre? Dunque, mentre usciva dopo aver appena ucciso, avrebbe avuto in mano martello e scarpe sporche. No, la tesi è un’altra, ma il vialetto di casa Poggi pulito, seguendo la tesi dell’accusa, non quadra.
O invece Stasi ha provveduto una volta tornato a casa propria? Allora non avrebbe avuto senso cercare tracce di sangue sui tappetini della macchina, visto che ovviamente avrebbe prima curato di farsi una doccia e cambiarsi. A proposito, chi era presente in casa Stasi? Non sarebbe la prima volta che si ascolta di genitori complici nel far sparire tracce (vedi ad esempio delitto di Anguillara, uccisione di Federica Mangiapelo nel 2012): perché costoro non vengono accusati di favoreggiamento? Si sono esaminati i tubi sia di casa Poggi che Stasi, come avvenuto per Rosa e Olindo pochi mesi prima?
Sul dispenser del bagno di Chiara c’era l’impronta dell’anulare destro di Alberto: in realtà poca cosa, dopo una simile mattanza, sia per numero di impronte che per la completa assenza di sangue. Inoltre il giovane era di casa dai Poggi, ci stava ancora fino alla sera precedente, normale si trovassero sue impronte: strano è che ce ne fosse una sola. Oltre a saltare abilmente le macchie sul pavimento, a occultare e / pulire l’arma, avrebbe indugiato a ripulire le proprie tracce? E con cosa? Si è disfatto di tutto nei cassonetti? La fortuna aiuta davvero gli assassini, si direbbe.
Stasi è stato condannato in base a una nuova perizia, peraltro respinta dal collegio giudicante, che, spostando l’orario della morte, gli sega l’alibi ed eliminerebbe la possibilità che le macchie di sangue fossero seccate, come lui ha sempre sostenuto.
Si parla di graffi sulle sue braccia ma, a parte l’impossibilità di accertarlo con sicurezza, dopo un simile delitto rimangono segni più consistenti di un graffio, se la vittima si è difesa.
D’altronde, l’analisi del materiale dotto le unghie di Chiara non ha palesato nulla di attribuibile con certezza, anzi si parla di altri DNA maschili.
Poiché nel 2014 Alberto non avrebbe accettato la successione derivata dalla morte del padre, ciò è stato interpretato come volontà di eludere eventuali risarcimenti ai Poggi: ma un simile timore, visto l’andamento del processo, era del tutto comprensibile e quantomeno Stasi ha tutelato il resto della sua famiglia.
Francesco Marchetto, comandante dei Carabinieri di Garlasco all’epoca, è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione per falsa testimonianza, in quanto non sarebbe stato sincero spiegando perché non aveva sequestrato la bicicletta nera da donna di casa Stasi: egli tuttora sostiene che non si è arrivati alla verità.
Scenari
Stasi viene considerato colpevole, poiché si è ritenuto completamente falso tutto ciò che ha raccontato. La sera non avrebbe dormito dalla fidanzata perché avevano litigato, non per soccorrere il suo cane. Ancora in preda alla rabbia, dopo aver lasciato, a casa sua, il computer acceso come a far credere di esserci per lavorare sulla tesi, torna l’indomani per ucciderla e sta bene attento a non sporcarsi, saltellando tra le macchie sul pavimento. Poi inscena il ritrovamento. Movente: non accertato, ma individuabile nella rabbia di Chiara che, scoperte immagine pedopornografiche sul pc del suo ragazzo, avrebbe deciso di lasciarlo e minacciato denunce.
Dubbi
C’è differenza tra un pc lasciato semplicemente acceso e uno su cui il soggetto ha lavorato, fatto ricerche o scritto: la perizia ha fatto chiarezza?
Non ci sono prove di un litigio la sera del 12 agosto: Chiara non avrebbe telefonato a qualcuno, familiari, amiche, per sfogarsi?
Secondo la ricostruzione, la vittima è stata stordita e poi finita nel disimpegno che porta alle scale, dove sarebbe stata trascinata, ma in quell’area non ci sono impronte o DNA di Stasi. D’altro canto, cercare di rimuoverle in tutta fretta, oltre a comportare una rischiosissima perdita di tempo, avrebbe provocato scie ematiche da uso di stracci o attrezzi per la pulizia.
Inevitabilmente, ci si chiede se sia possibile uscire perfettamente lindi, a parte qualche macchietta sulle suole delle calzature, da un assalto così cruento: il sangue schizza, lorda, imbratta, e non va via facilmente dai vestiti: facile sarebbe stato esaminare gli abiti indossati da Stasi. E’ stato fatto?
In realtà Alberto è stato assolto dall’accusa di pedopornografia e la ricerca tecnica, una volta scandagliato per bene il computer, ha rivelato l’esistenza di immagini di nessuna pericolosità, alcune forse perfino importate casualmente, per effetto delle dinamiche informatiche.
In ogni caso, come avrebbe potuto, Chiara, scoprirle? In genere esse vengono ben celate da chi le detiene e sembrerebbe improbabile che Stasi lasciasse il suo pc senza protezione, in casa di lei e in balia dei suoi sguardi, femminilmente indagatori.
Durante una puntata della trasmissione “Quarto Grado” sono state fatte ascoltare conversazioni tra i fidanzati, dalle quali si poteva dedurre che la coppia condividesse le sperimentazioni mediante immagini hard.
Si è indagato in altre cerchie, frequentazioni familiari, conoscenze di Chiara a Milano? E come è possibile che sotto le sue unghie sia stato rinvenuto del DNA maschile non appartenente a Stasi? Chiara non si era mossa da casa quantomeno dalla sera prima e aveva visto solo Alberto, o almeno, questo punto non è mai stato confutato.
Se prove esistono, come spesso accade, il cittadino comune non ne è a conoscenza. E qui cala il sipario.