Ormai abbiamo la prova provata del quasi totale fallimento della tecnologia nel calcio: rigori inconsistenti, simulazioni premiate e punizioni invertite, gomitate non viste, falli di mano a grappoli, fuorigioco millimetrici, interpretazione personalizzata del regolamento, e chi più ne ha più ne metta… 

L’introduzione del Var (Video Assistant Referee, oppure Video Al Rallentatore, come lo chiama mia figlia…) avrebbe dovuto eliminare gli errori arbitrali, rivedendo decisioni sbagliate o suggerendo al direttore di gara di rivalutarle alla luce delle diverse immagini televisive a disposizione; questo avrebbe dovuto rimuovere abbagli e sviste, abolire (come la povertà per i cinquestelle…) iniquità e ingiustizie, e, non ultimo, avrebbe d’incanto azzerato la scia di polemiche che ogni giornata si è sempre portata dietro.

Invece, dal 2019 ad oggi le diatribe si sono moltiplicate e i sospetti rischiano di trovare maggiori giustificazioni, dato che le decisioni ora vengono prese “a bocce ferme”, come suol dirsi, e non più in pochi secondi sul campo a velocità reale, senza alcun suggerimento dall’alto né la possibilità di rivedere l’episodio; se prima potevamo sforzarci di credere nell’errore umano dell’arbitro, oggi dobbiamo necessariamente puntare il dito verso l’incompetenza di tutto il settore (chi va in campo, chi sta al Var, e chi esamina gli episodi alla moviola, per lo più ex arbitri…) e verso un regolamento complesso e per niente chiaro, e siamo sempre più autorizzati a ipotizzare complotti e cospirazioni.

L’avvento della tecnologia ha progressivamente spogliato gli arbitri di autorità ed autorevolezza, e li ha di fatto deresponsabilizzati; non prendono più decisioni senza consultare l’auricolare, alzano o abbassano bandierine senza alcun patema, consapevoli che una linea blu e una rossa sul monitor stabiliranno eventuali posizioni irregolari; fischiano o lasciano correre confidando nell’aiuto da casa…; e se un giorno scoprissimo che il software che traccia le posizioni dei calciatori era tarato male, come la mettiamo con tutti i fuorigioco fin qui decretati per un’unghia di tartaruga?

Bisognava limitare l’interpretazione e la discrezionalità, che se prima erano prerogative dell’arbitro oggi lo sono del Var; la stessa discrezionalità con cui, non si sa bene chi, decide se rivedere o meno un episodio dubbio o presunto tale.

Senza considerare che, a conti fatti, la tecnologia non ha certo invertito le classifiche o promosso l’alternanza di risultati, né tanto meno ridotto il gap tra grandi e piccole; ha soltanto incrementato le recriminazioni di tutti.

Questo da un punto di vista tecnico; poi c’è l’aspetto romantico, per chi concepisce il calcio come passione: il Var ha allungato la durata delle partite di un tempo supplementare, e ci impedisce di gioire o imprecare in maniera spontanea, perché dobbiamo ogni volta attendere un “check” che confermi o annulli tutto; prima potevamo inveire contro arbitro e guardalinee, oppure goderci un regalo inaspettato, prendendoci gioco dell’avversario per giorni, consci che comunque prima o poi sarebbe toccato anche a noi…; cosa rimarrebbe oggi del geniale  gol di Maradona segnato all’Inghilterra con “la mano de Dios” nei quarti di finale del mondiale 1986, se il Var, giustamente, lo avesse annullato? 

Non togliete poesia e imprevedibilità al calcio, altrimenti appassisce.

Per quanto mi riguarda, credevo prima nella buona fede della maggior parte degli arbitri e continuo a crederci; credevo nella sudditanza psicologica e continuo a crederci; credevo nell’incompetenza, nella superficialità e nell’arroganza di alcuni arbitri e ancora ci credo; credevo che alla fine 9 volte su 10 vince la squadra più forte, e ancora lo credo.

Il calcio non è migliorato, è soltanto cambiato: è più asettico, meno umano e sempre meno a misura del tifoso, e inesorabilmente sempre più distante dal football di cui molti di noi si sono innamorati.

Come porre rimedio a questa deformazione del calcio? Semplificando e riscrivendo il regolamento, regredendo progressivamente dal calcio tecnologico ad un calcio più umano, restituendo responsabilità ed autorevolezza ad una classe arbitrale selezionata con maggiore attenzione dove non alberghino dilettantismo e approssimazione, presunzione e arroganza, ma soltanto professionalità e moralità; e rieducando i calciatori a dedicarsi al gesto tecnico “attivo”, evitando la simulazione “passiva” e gli indecorosi teatrini.

E continuando schiettamente a chiederci se il gol di Turone era regolare…

Paolo Scafati