"Hanno paura di noi, delle nostre rivendicazioni, delle nostre battaglie. Hanno paura che le lotte dei migranti, degli esclusi, dei senza diritti, degli sfruttati si fondano per montare come una marea inarrestabile.

Così, visto che non gli è bastato sabato sera stroncare a fucilate la vita di Soumaila Sacko – che lascia la giovane moglie e una figlia di 5 anni - i caporali avrebbero voluto che oggi i braccianti della piana di Gioia Tauro riprendessero le loro giornate fatte di miseria e sfruttamento, senza creare problemi.

Ma questa mattina decine di braccianti di San Ferdinando nonostante tutto hanno avuto ugualmente il coraggio di scendere in piazza con l’Unione Sindacale di Base, per lo sciopero del settore proclamato dopo l’assassinio di Soumaila, che alle lotte di USB aveva attivamente partecipato. Chi non ha manifestato, ha comunque scioperato.

Con loro si sono mobilitati i braccianti della Puglia, bloccando completamente il lavoro, e quelli della Basilicata. Presidi sono stati organizzati davanti alle prefetture di Roma, Milano, Potenza."

Con queste parole, l'Unione Sindacale di Base ha descritto lo sciopero dei braccianti calabresi in seguito all'omicidio del proprio attivista Soumaila Sacko, 29 anni originario del Mali e residente regolarmente in Italia dal 2010, ucciso nelle campagne di Gioia Tauro nella notte tra sabato 2 e domenica 3 giugno da alcuni colpi di fucile.

Soumaila Sacko viveva nei pressi della tendopoli di San Ferdinando, dove risiedono i braccianti che lavorano nei campi di quella zona. Assieme a due suoi compagni, Madiheri Drame di 39 anni e Madoufoune Fofana di 27, era entrato in una ex fornace, oramai abbandonata, nel comune di San Calogero (Vibo Valentia), per raccogliere legni e lamiere per costruirsi un riparo di fortuna.

I tre, tutti regolarmente residenti in Italia, sono stati presi a fucilate. Mentre i suoi compagni sono stati feriti, Soumaila Sacko, colpito alla testa, è morto subito dopo il ricovero all'ospedale di Reggio Calabria. In Mali, aveva una moglie e una figlia e in Italia guadagnava 3 euro l'ora.

Questa notizia, un fatto di cronaca che coinvolge dei migranti, non è riportata nel profilo Facebook di Matteo Salvini, in base a quanto è solito fare il neo ministro dell'Interno.

Evidentemente, questa notizia non ha le caratteristiche necessarie per poter confermare che, adesso, "è finita la pacchia". Oppure è invece il contrario e proprio per questo non è stata postata?