Molti anni fa mi capitava di assistere a partitelle di calcio che frotte di ragazzini giocavano sul polveroso campetto di un oratorio di periferia.

Niente maglie colorate per quelle improbabili squadre, non c’era neppure l’arbitro, sul campo solo un  numero imprecisato di ragazzini che aumentava o diminuiva di minuto in minuto in modo assolutamente casuale.

C’era però il pallone, vero protagonista di quei cimenti, un pallone dietro al quale i nugoli di calciatori in erba, sollevando cortine di polvere, correvano tutti all’unisono, con molto impegno ma con altrettanta confusione.

Ignoro il perché, ma gli addetti ai lavori etichettano quel modo improvvisato e approssimato di giocare al pallone semplicemente con “alla viva il parroco”.

In queste settimane, osservando a come “sta in campo” il governo gialloverde, al quale sono affidate le sorti di tutti noi, mi è tornato alla mente quel campetto polveroso e quelle frotte di ragazzini accaldati.

Certo, i nostri governanti non sono più ragazzini ma persone adulte, però improvvisazione, confusione, disordine nelle idee, imperizia, con cui si muovono non sono inferiori di certo a quelle con cui i piccoli calciatori correvano dietro al pallone.

Carenze che si sono tradotte in analfabetismo istituzionale, non rispetto dei ruoli e delle prerogative di ogni ministero, lentezze funzionali, e così via.

Assistiamo così alle scorribande di un ministro dell’interno che corre dietro ad ogni pallone, che sfarfalla indisturbato tra la lotta alla immigrazione ed i vaccini, tra la gestione della Guardia Costiera ed i vouchers, tra la chiusura dei porti e le sentenze della Cassazione.

A fargli da contraltare la iena ridens, cioè il ministro del lavoro pentastellato, che asservito ai voleri di Salvini si preoccupa soprattutto di rimediarne e minimizzarne cantonate ed invasioni di campo, timoroso com’è che il leghista possa staccare la spina al governo e, da un momento all’altro, imporre  agli italiani il ritorno alle urne con un devastante tracollo del M5S e con lo schianto risolutivo delle sue ambizioni personali.

C’è poi lui, il presidente del consiglio, estemporaneo mediatore tra le incontinenze leghiste e le inquietudini pentastellate.

Formalmente sarebbe lui il capo del governo gialloverde, ma in realtà non si muove foglia che Salvini non voglia.

Probabilmente il professore Conte si sarà già pentito di aver accettato quel incarico e, soprattutto, di aver acconsentito ingenuamente che i due arruffapopoli si appropriassero oltre che delle loro poltrone ministeriali anche del ruolo di vicepremier.

In questo il professor Conte è stato tradito dallo stesso presidente Mattarella che, navigato politico, avrebbe dovuto metterlo in guardia sui due vicepremier.

E gli altri ministri ?

Zitti e buoni, cercano solo di dare meno nell’occhio, correndo anche loro dietro al pallone però evitando con cura di toccar palla.

E l’arbitro Mattarella ?

Assiste indifferente, non fischia le evidenti scorrettezze e non estrae cartellini gialli e rossi.

È arrivato perfino a concedere, incomprensibilmente, udienza privata a Salvini che, secondo i media, sarebbe salito al Colle solo per auto incensarsi con un “ma guardi come sono stato bravo”… Boh !

Certo è che se sul campetto polveroso dell’oratorio quei ragazzini facevano tenerezza ma divertivano gli spettatori, queste individui adulti capitati al governo purtroppo provocano solo preoccupazioni e tanto smarrimento.