Forse Riccardo Piatti aveva capito tutto e non lo diceva. Jannik Sinner è un giocatore da primi dieci del mondo ma per ambire al numero uno servono qualità che probabilmente non avrà mai.

Intanto, il fisico. Mettiamolo a confronto con Alcaraz: se fanno a pugni, il nostro Jannik non dura più di tre riprese. Oggi di Federer non ne nascono più e Sinner non è di quella genia, è piuttosto un randellatore da fondo che quando trova avversari più resistenti o perde o va in crack con il fisico.

Per quello si è cominciato a dire che deve costruirsi un piano B: variare il gioco, scendere a rete, tutte cose che ce le hai nel sangue o se devi obbligarti a impararle le farai mediocremente.

Panatta racconta di quando Berardinelli lo obbligava ad allenarsi con Barazzutti e per lui era uno strazio restare a fondo campo a ribattere tutte le palle fino allo sfinimento. E lo stesso fastidio avrebbe provato il Barazza se lo avessero costretto al serve and volley. Ognuno nasce con il suo stile.

D'accordo il modellamento, ma se vuoi fare il Panatta sarai sempre un Panatta minore. E allora tanto vale essere come la Giorgi, sempre e solo se stessa, ma con la consapevolezza di avere dei limiti e non curarsene affatto.

Invece a Sinner hanno messo in testa che può diventare numero uno e per far questo deve allenarsi fino allo sfinimento e trasformarsi in un aspirante Edberg.

Niente di più sbagliato. Distruggerà il suo fisico e snaturerà i suoi colpi più importanti. Farà la fine di quei ciclisti che nascono velocisti e poi, per l'illusione di vincere il Giro, si allenano a scalare finendo per perdere lo sprint.

Chi vuole bene a Jannik rifletta.