È di nuovo crisi al confine settentrionale tra Turchia e Siria
Lo Stato turco e le sue truppe mercenarie dell'ENS continuano gli attacchi sia nel cantone occupato di Efrîn sia contro Ain Issa. Le violazioni dell'accordo sulla tregua stipulato dalla Turchia con la Russia diventano sempre più gravi. Lo Stato turco e le sue milizie, da ieri mattina, attaccano con artiglieria pesante diversi villaggi a Efrîn-Şera. Sono state colpite le località di Merenaz, Malikiyê, Şewarxe, Kela Şewarxe, Elqemiyê e Irşadiyê. Gravi i danni arrecati alle abitazioni civili.
Anche a Ain Issa, nei pressi dell'area occupata di Serêkaniyê, gli attacchi continuano. Le località di Xalidiyê e Hoşan sono sotto il fuoco dell'artiglieria. I bombardamenti sono iniziati lunedì mattina e sono continuati fino a notte. Sono stati impiegati mortai e obici. È stato preso di mira anche un campo profughi presso Xalidiyê.
Gli attacchi hanno lo scopo di allontanare la popolazione originaria della Siria del nord e di allargare la zona di occupazione della Turchia.
Questo è l'ultimo resoconto (di parte) dell'agenzia AFN sulla situazione al confine tra Turchia e Siria, con Erdogan che invece accusa le forze siriane e la Russia di non rispettare gli accordi di tregua.
Secondo Erdogan, forze militari turche sarebbero state attaccate da quelle siriane nella provincia di Idlib tra il 2 e il 3 febbraio. Per tale motivo sarebbe scattata la rappresaglia ordinata da Ankara che, con bombardamenti da parte di obici e F-16, avrebbe causato una quarantina di morti e numerosi feriti tra le fila dell'esercito siriano.
"Siamo determinati a continuare le nostre operazioni per garantire la sicurezza del nostro paese, della nostra nazione e dei nostri fratelli in Idlib", ha poi dichiarato Erdogan minacciando anche la Russia "di non ostacolare la Turchia" nella sua azione.
In realtà, secondo fonti russe, i fatti si sarebbero svolti in maniera diversa, con i turchi che sono avanzati nella zona di de-escalation di Idlib nella notte tra il 2 febbraio e il 3 febbraio senza informare i russi (che nell'area svolgono la funzione di arbitro), e pertanto sono finite sotto il fuoco dell'esercito siriano che nel frattempo stava conducendo un'offensiva contro l'Isis a ovest di Saraqib.
Che cosa sta accadendo in quell'area? Già alla fine di gennaio, Erdogan aveva criticato la Russia di non rispettare l'accordo di Sochi minacciando un controllo diretto tramite l'uso della forza militare dell'area cuscinetto nel nord della Siria.
In pratica, il presidente turco sta mandando segnali a Mosca facendo intendere che nonostante i legami militari-strategici tra i due Paesi, di cui sono prova i missili antiaerei S-400 e il gasdotto TurkStream, l'alleanza tra Turchia e Russia è meno salda di quel che si pensi, aggiungendo a quelle sopra riportate anche le tensioni relative alla Libia, dove Erdogan ha ufficialmente impegnato la Turchia a fianco di al Serraj, mentre Putin ha ufficiosamente inviato dei suoi mercenari per supportare Haftar.
E tutto ciò, nello stesso momento in cui il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, incolpava Russia, Iran, Siria ed Hezbollah di condurre un attacco su vasta scala contro la popolazione di Idlib e delle province occidentali di Aleppo.
E non bisogna neppure dimenticare le dichiarazioni di stima di Trump nei confronti di Erdogan, in passato descritto più o meno come una semplice canaglia.
La "diplomazia liquida" di questi tempi vede in poche settimane dei cambiamenti che, in passato, avrebbero impiegato decenni. La sola cosa che invece non cambia è che a farne le spese è sempre chi non abbia una merce di scambio, dal punto di vista politico, economico e mediatico, in modo da dargli una visibilità tale da garantirne i diritti sul piano internazionale. Pertanto, ad esempio, a curdi e palestinesi non viene garantito ciò che invece lo è per gli ebrei di Israele.