Cultura e Spettacolo

La Marsica che mi aspettavo

Alla fine anche quest’anno sono arrivate le vacanze, un po’ in ritardo rispetto al solito e soprattutto quasi fuori tempo massimo in relazione all’esigenza che avevamo in famiglia di riprendere fiato, anche dal punto di vista fisico, dopo un anno caratterizzato da rapidi e inattesi cambiamenti che hanno mutato la quotidianità.

L’urgenza di ristorazione da un clima estivo che definirei fastidiosamente “eccessivo” fino all’intollerabile, ci ha dunque spinto verso itinerari che avrebbero potuto quanto meno sfumare la canicola che volevamo metterci alle spalle, e dopo aver valutato decine di soluzioni ci siamo indirizzati verso la Marsica, zona dell’entroterra abruzzese che prende il nome dall’antica popolazione dei Marsi che la abitava in epoca antica.

A differenza della Murgia, destinazione dello scorso anno assolutamente sconosciuta in principio quanto sorprendente alla fine (https://fai.informazione.it/F9DAB11D-55D0-47AC-9D20-5E9457CCD653/La-Murgia-che-non-ti-aspetti), questi luoghi li sapevo essere meno ignoti ed estranei, più facilmente connotabili e possibili, forse perché geograficamente più vicini a noi e quindi più realisticamente prevedibili.

Perciò, passeggiata dopo passeggiata, escursione dopo escursione, esplorazione dopo esplorazione, più o meno approfondite o temerarie…, l’Abruzzo marsicano si è palesato in tutte le sue peculiarità; ci siamo ritrovati consapevolmente immersi in una natura non certo incontaminata ma comunque limpida, direi quasi schietta, diretta, senza troppe mediazioni geografiche né territoriali, dove immense pianure sono delimitate da massicci monti che offrono cime e fianchi a sorgenti e torrenti dalle acque luminose e vivaci.

Poi ci sono i boschi, di varie dimensioni, “per grandi e piccini”, come si diceva una volta, ma tutti con un denominatore comune: una quiete silenziosa, quasi conturbante, talvolta ai limiti del minaccioso, fortunatamente rotta dalla voce della natura, che restituisce una serenità comunque vigilata…

 E dal momento che in questi luoghi non c’è campo, diventa quasi doveroso, ma non forzato, riprendere contatto con la realtà partendo dall’osservazione e dalla fantasia, dalla meraviglia e dall’ammirazione di panorami e paesaggi, dal rispetto per scenari e contesti, dall’ascolto del silenzio alla contemplazione del creato; la stessa che fu elemento distintivo dei tanti eremiti che scelsero questi territori difficilmente accessibili, specie d’inverno, per favorire il proprio desiderio di avvicinarsi a Dio, tra cui Papa Celestino V, che addirittura abdicò per poter assecondare la sua natura ascetica.

Negli eremi, nei castelli, nei palazzi, nelle abbazie e nelle chiese si rivela una storia silente e quieta, quasi segreta, che non appare ma traspare in tutta la sua misurata imponenza; al suo interno si cela un’arte moderata e sobria che va a sovrapporsi perfettamente con lo scenario in cui si colloca.

Qui non esiste “controra”: la vita si fonde con il tempo che scorre lento e paziente, quasi ad accompagnare indulgente i repentini ma graduali cambiamenti meteorologici, restituendo armonia ed equilibrio.

I numerosi piccoli borghi incastonati sulle pareti dei monti sono anch’essi raccolti e ovattati; i loro abitanti di poche parole e vagamente distaccati, chiusi, ma mai bruschi o sgarbati, in perfetta sintonia con l’ambiente, sono ormai abituati ad un turismo di alto livello che non porta chiasso né confusione, ma contribuisce in gran parte all’economia della regione, senza distinzione di stagioni.

Perché l’Abruzzo non è solo piste da sci e arrosticini…

Autore Paolo Scafati
Categoria Cultura e Spettacolo
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