Ueh, Napoli bella. Quando si parla di te, bisogna fare la riverenza, sei più rispettata di Roma, Milano, Firenze e Venezia. Sei la parte per il tutto, il veicolo dell’Italia nel mondo. Cioè, lo eri. Poi qualcosa è cambiato e in questo 2020 i miti si smontano da sé.

Ci piace tutto di te, beninteso, e i tuoi artisti in primis, ma via!, una volta lasciaci arricciare il naso, vogliamo farci più nemici di quanti già non ne abbiamo.

Mentre eravamo in piena agitazione giovanile e ascoltavamo i tuoi nuovi cantautori, mentre non avevamo dimenticato Totò, e ignorando le brutte cose che i media dicevano su di te, emerse questo giovanotto smilzo e riccioluto, dai lineamenti fini e puntuti, che facevano un ensemble di Pier  Paolo Pasolini e tale Bonar Colleano, attore USA rimasto oscuro in Italia, più ancora di una sua moglie, quella Tamara Lees che proprio con il principe De’ Curtis si era messa a suo tempo un po’ in luce.

Il trio La Smorfia partiva in discesa, parlare napoletano è già una buona carta, poi te la giochi: Lello Arena, Enzo Decaro e Massimo Troisi lo fecero, spiccando il volo, anche se non tutti nello stesso cielo, perché quello di Massimo fu il settimo.

Dal minollo, animale sconosciuto che tenta di salvarsi con l’arca di Noé e altre amenità spesso sarcastiche verso i miti religiosi, al quasi Oscar de Il Postino, Troisi attraversò come un Concorde questa vita, un volo troppo veloce, ma che brillò al sole dell’innocenza, ancora: a quarant’anni stai per crollare sotto il peso della prima parte dell’esistenza e devi reinventarti, ma lui non fece in tempo.

E dunque, non ci piace lo scomparso attore? Certo che sì, ma non ci fece mai vibrare. Indugiando a lungo sul “centro” delle battute, e seppure capitò in coppia con qualche altro talento ( la qualità dei personaggi femminili ondeggiava, se a interpretarli era una fidanzata di dubbia arte), a volte ci faceva attendere troppo a lungo il climax giusto. Di più, gli fecero il torto ( o lui lasciò fare) di inserirlo nella schiera dei comici di rottura, ideologicamente schierati, anche se ipotizziamo che oggi avrebbe da un pezzo rinnegato tutto, come gli altri.

Abbiamo appreso che il cuore gli batteva storto già da bambino e si era operato una prima volta, poco più che ventenne, in quella Houston dove ricapitò mentre stava preparando il suo ultimo, mitico, film e laddove lo infilarono di corsa in sala operatoria, perché le valvole cadevano a pezzi e nessuno, stranamente, lo aveva spronato a un più tempestivo controllo. Forse, se avesse riposato, invece di sottoporsi alla fatica della pellicola per cui è rimasto più conosciuto ovunque, oggi avremmo un postino di meno e un Massimo di più…o per un poco di più, almeno.