Il capogruppo di Forza Italia al Senato, Schifani, al tempo dichiarò che "la sinistra è in mala fede. Non può fare la voce grossa. I postcomunisti hanno la responsabilità di avere avallato politicamente il saccheggio di Genova messo a segno dai guerriglieri e banditi con le bandiere rosse visti da milioni di italiani". 

Questo per rispondere, nel febbraio del 2002, alle enormi perplessità suscitate dall'allora ministro dell'Interno Scajola (anch'egli di Forza Italia) che, parlando con i giornalisti, dichiarò, a causa della tensione che a Genova era altissima, di aver dato l'ordine di sparare, ma solo "se i manifestanti avessero sfondato la zona rossa".

Scajola, lo stesso che qualche mese dopo negò la scorta a Biagi, ucciso poi dalle BR, perché era solo "un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza"... lo stesso che acquistò poi a sua insaputa un appartamento da centinaia di migliaia di euro con vista sul Colosseo.

Per smorzare l'enormità della sua dichiarazione, Scajola poi dichiarò che "la sera del 20 luglio, dopo la morte del giovane Giuliani, la tensione a Genova e nel Paese era fortissima, come tutti ricordano. Le informative di cui disponeva il ministro degli Interni indicavano possibili infiltrazioni terroristiche internazionali. In questo scenario, ho dato indicazioni al capo della Polizia, come ho a suo tempo riferito in Parlamento, affinché ogni utile azione consentita dalle leggi vigenti fosse posta in essere per salvaguardare, ad ogni costo, la sicurezza del presidente della Repubblica italiana, del presidente del Consiglio, dei capi di Stato e di Governo che erano a Genova in quei giorni. Dopo l'11 settembre e dopo le dichiarazioni del presidente Mubarak credevo che si fosse posto fine ad ogni strumentale polemica".

Che cosa accadde a Genova durante il G8 del 2001? Semplicemente questo. Ai black bloc fu consentito di arrivare indisturbati nel capoluogo ligure in opccasine dell'incontro tra presidenti e capi di stato degli otto Paesi più industrializzati. Nonostante i black bloc fossero in pochi, le forze dell'ordine permisero loro di devastare alcune vie del centro di Genova, guardandosi bene dall'intervenire. Dopo che la stampa aveva dato risalto alle devastazioni, polizia, carabinieri, guardia di finanza e chi più ne ha più ne metta iniziarono a malmenare i partecipanti ai cortei pacifici e autorizzati. Cortei dove nessuno aveva fatto niente. Alcuni manifestanti reagirono a tali provocazioni e a quel punto fu il caos, che portò alla morte di Carlo Giuliani, alle detenzioni a Bolzaneto e che si concluse con l'assalto alla Diaz. In quei giorni, a Genova vennero soppresse tutte le garanzie costituzionali e le forze dell'ordine fecero quello che normalmente viene fatto durante un colpo di Stato. 

Le prove generali di quanto messo in atto a Genova furono fatte pochi mesi prima, nel marzo del 2001, a Napoli dalla polizia nei confronti dei manifestanti del "No Global Forum". Quanto accaduto a Genova per il G8 non è stato certo casuale, ma opera di un disegno che non poteva non avere una matrice politica nel governo di allora.

Ed è anche per questo che i vertici delle forze dell'ordine che hanno coordinato e attuato i disordini e gli arresti illegali durante il G8, culminati con la "macelleria messicana" alla Diaz, invece di finire in carcere con gli esecutori dei tentati omicidi, furono premiati e fecero carriera!

Ma chi stavano massacrando? Chi erano quelli che definivano le "zecche rosse"? Giovani che già allora si erano accorti dei pericoli della globalizzazione e del modo distorto con cui veniva al tempo organizzato lo sviluppo economico. 

Ironia della sorte è che gran parte di ciò che le "zecche rosse" dicevano al tempo, oggi è alla base delle preoccupazioni degli attuali capi di Stato delle stesse nazioni, preoccupazioni di cui capi di Stato e politici di allora negavano l'esistenza. Adesso, alcuni di loro sono ancora oggi sulla scena politica a sostenere l'esatto contrario di ciò che sostenevano venti anni fa, dai problemi della globalizzazione a quelli del cambiamento climatico!

Ma c'è un altro aspetto che riguarda il G8 di Genova ed è quello del filo nero che collega le violenze delle forze dell'ordine di allora a quelle a cui abbiamo assistito o di cui siamo venuti a conoscenza oggi, che è passato per i casi Aldrovandi, Uva, Cucchi, per la tentata strage di Macerata, per le violenze perpetrate in alcune carceri nella primavera dello scorso anno, fino ad arrivare all'omicidio di Voghera dove un assessore andava in giro con una pistola con il colpo in canna, come nel far west, nonostante facesse anche da docente agli allievi di polizia. È emblematico che quell'omicidio abbia coinciso con il ventennale del G8 di Genova.

E a testimoniare che questa logica da far west sia volutamente perseguita da alcune forze politiche come la Lega, lo dimostra anche il fatto che uno come Gianni Tonelli sia finito in Parlamento tra le file del Carroccio, addirittura capolista a Bologna... uno che ha commentato così quanto accadde a Genova venti anni fa:

"Sui temi della sicurezza e su questo tema vince ancora un conflitto ideologico e il partito dell’anti-polizia, finché persiste questo conflitto non riusciremo mai ad affrontare serenamente ciò che è accaduto". 

Il fatto che ci siano parlamentari che definiscano frutto di un conflitto ideologico i fatti accaduti a Genova è ulteriore dimostrazione che esiste tuttora nel Paese chi ritiene giustificato l'uso della violenza come strumento di promozione di "certe" idee politiche.