Salute

Il Disagio Sociale dei giovani oggi e nuovi Vizi Capitali

In Italia, quest'abitudine al pregiudizio è un dato di fatto. Cosa che comporta, ahimè, l'assenza delle domande, perché i pregiudizi altro non sono che convinzioni, un "è questo!", quindi un'affermazione, anziché una domanda che può fornire apertura alla comprensione, con "è ciò che vedo altro da ciò che sembra?".
Risposte dallo spettro ridotto e semplificazioni di pensieri superficiali, ridotti ad apparenza del "ciò che sembra è ciò che è", abitudine figlia della pigrizia al ragionamento.

Ci si chiede mai quali siano le cause del moderno disagio comune, di quel disagio che sta raggiungendo il suo massimo esordio qui nell'occidente dei più giovani?

Visibile negli atteggiamenti, negli sguardi, nei modi di vivere la quotidianità, negli aperitivi, nel modo di festeggiare, nel menefreghismo che fa figo e forte, delle distrazioni facili, nell'ansia che arrivi presto il weekend, e nelle vacanze da condividere per ottenere invidia nei posti più "IN".
 
Ebbene dai tempi di Aristotele, come nella seconda metà del 1800 ad oggi, in filosofia si è ricercata la sorgente del "disagio giovanile". Ed è possibile denotare che oltre ad un cambiamento quantitativo dei possedimenti materiali, si è verificato un allontanamento dalle sane abitudini sociali fino ad un allontanamento nel privato delle sane abitudini personali, un tempo chiamate "valori" o "princìpi".


In passato la religione interveniva nell'educazione dell'individuo per amalgamare il senso di colpa con il senso civico; questi agiva retroattivamente regolando la persona, nel fare o non fare una certa cosa, nel privato e nel sociale, e ad assumersi le eventuali responsabilità del Fatto o del Non Fatto, avete presente i vizi capitali? Ecco, oggi sono sociali e sono passati anche all'integrazione da parte dell'economia. Come?


Oggi abbiamo il "consumismo capitalistico", il 20% della popolazione consuma l'80% delle risorse del pianeta. Se non consumi non crei il lavoro di chi produce; e la tecnologia, come la moda, non è fatta tanto per durare, quanto per diventare obsoleta in breve, ed il tutto viene reso un concentrato di fascinazione che quotidianamente in natura non troviamo, e rende le routine, noiose.
Porta a circondarsi di cose che si fanno usare e che non si vivono, con le quali non ci si affeziona, con le quali non si crea legame, non gli si concede il tempo di diventare importanti, perché prima che accada, arriva qualcos'altro, qualcosa di nuovo a prendere il suo posto. Vi ricorda il modo in cui ci si crede di amare oggi?


Perché non si smette?


Perché la pubblicità indottrina e crea voraci bisogni e tante scelte, non sei "cool" se non possiedi tal oggetto (sei, se hai) e si, è conflittuale, perché per apparire unici si fanno le stesse cose che fanno tutti (quindi metaforicamente cambiano gli abiti ma non la persona, cambiano i mezzi, non il fine), si è unici in un mondo di uguali, e se non stai al passo, non vieni riconosciuto come normale, non sei come gli altri e diventi l'escluso, ed interiormente pervaso dallo stato di irrequietezza intima e sociale, che viene successivamente appagato dal conformarsi agli altri ma con abiti diversi.


Scuola e lavoro, non concedono anch'essi di essere ciò che si è e di esprimere ciò che si è, non conta, perché si fuoriesce dal riconoscimento delle aspettative tecniche secondo cui "ci si deve attenere alle funzioni da ricoprire nel sistema in cui si opera", con l'esclusione quindi della propria individualità.
Non conta chi si è, ma che si faccia!
Si deve garantire lo standard prestazionale, non conta e non importa a nessuno dell'identità e si confonde il bravo lavoratore con la brava persona, conta "fare o far sembrare di fare" e non "essere", con evasione cosi, totale, dalla responsabilità etica, d'altronde oggi percepiamo responsabilità SOLO nei confronti dei nostri superiori, non nei confronti della comunità "faccio perché è il mio dovere", poi se la comunità o l'ambiente ne risente non registro assonanza emotiva a riguardo, tendenzialmente la si percepisce quando è troppo tardi ed il danno è fatto.
A questo si aggrega inoltre la psicologia del lavoro, che adegua la persona all'apparato di sistema, e toglie di mezzo l'Io, per conformare la persona alle aspettative sociali (come si parla, come si ama, come ci si comporta) e professionali (fare emarginando il senso di colpa dal fatto che ciò che si fa potrebbe in qualche modo recare danno a qualcuno o a qualcosa); cosi si smette di avvertire qualsivoglia giudizio negativo, si toglie la sofferenza, e la vita sembra scorrere… senza bene o male, senza giusto o sbagliato, senza un'allineamento valoriale del "ciò che faccio, sento che è giusto o sbagliato per me". Psicopatia.


Esuberanza sociale. Si confonde sincerità con spudoratezza; si condivide la propria vita e si dice/scrive tutto quel che si pensa senza filtro, senza modo, senza ragionamento e senza pudore, confondendo Onestà e Sincerità con ancora Spudoratezza. Ogni eccesso è di fatto spudoratezza, con risultato lo squilibrio dei rapporti tra Sé ed il mondo. Spesso lo si fa per riuscire ad attirare l'attenzione, e quando non viene riconosciuta questa fantomatica sincerità ci convinciamo che siano gli altri a non capire, quindi "gli altri sono sbagliati perché ipocriti, incomprensivi ed in più fanno sentire soli perché a seguire si allontanano".
Nel dire, come nel fare, ci dev'essere il rispetto del modo di porsi, la sincerità è un intelligente modo di comunicare al mondo chi si è, e se nel tentativo di farlo non si presta sufficiente attenzione a non far sentire gli altri sbagliati, al mondo, arriva un messaggio sbagliato di sé.
Ma nel mondo, il nostro, che si aspetta rapide risposte, non c'è tempo per soffermarsi a ragionare qualitativamente. Così la classificazione linguistica cambia vesti attraverso le parole, e fa in modo che il valore confonda la morale e l'etica, e cosi, la Guerra diventa "missione di pace", un Massacro "danno collaterale", la Deportazione "Trasporto di popolazione", la Tortura "Pressione". E si smette di ragionare.
Avete fatto caso che anche nei nomi delle professioni, si è fatto in modo di rendere più accettabile la percezione della mansione che si ricopre? Il Bidello è Collaboratore scolastico, ecc...

Autore Massimo Sartor
Categoria Salute
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