La Sicilia va a fuoco: io ci abito. La Sicilia è un forno ventilato: io ci sono dentro. Oggi si sta un po’ meglio, perlomeno stamattina; ma tra una mezzoretta che avrò finito di scrivere chissà. Il meteo pare magnanimo, voglio fidarmi, a parte l’umidità che si alterna al caldo secco e ventilato (cos’è peggio non saprei dirvelo…).

Si, ma… niente di serio, direbbe Giacomo. Del resto non se la passano meglio i miei compaesani al nord, con i loro chicchi di grandine grandi come palle da tennis.

Ripercorro qualche ricordo e non ne pesco nessuno che mi riporti a mente quello che stiamo vivendo e sperimentando in questo luglio 2023. Mi pare un’eternità! Pensavo alle scorribande da giovanissimo con il vespino o l’auto tipica dell’epoca, senza aria condizionata e con i sedili in similpelle idonei a fare tutt’uno con la pelle umana, durante quelle estati afose. Eppure nulla rispetto a oggi. Perché in questi giorni andare in giro con lo scooter significa immergersi dentro un forno ventilato che riesce finalmente a dare l’idea di come possono essere alcuni gironi danteschi. E per quanto riguarda l’auto penso che il vinile dei sedili si sarebbe alla fine fuso con la pelle; basta spegnere l’aria condizionata e provare (ma non credo che lo farò).

Questo è quanto.

Però ho anche ricordato un altro aneddoto. Non posso dirvi l’anno esatto ma risale alla prima metà degli anni 2000, sarà stato il 2005. Era circa mezzogiorno e stavo percorrendo la A19. Nei pressi di Catenanuova mi accorgo che la temperatura esterna segnava ben 45 gradi. Io, nell’ovattato e fresco comfort dell’auto stentavo a crederci, e mi fermai quasi subito presso una piazzola per verificare «di pirsona pirsonalmente», come direbbe il Catarella di Camilleri. Quando aprii lo sportello dell’auto avvenne una sorta di depressurizzazione e mi ritrovai immerso in un altro mondo, pensai a quello venusiano. Il caldo era secco e pungente, l’aria completamente ferma.

Un caso isolato. Qualche giorno di calore ancora, ma meno intenso. E tutto era finito lì.

A paragonare tale evento ai 47,5 gradi più volte vissuti in questi giorni, h24 e con annessa umidità e folate continue di vento arroventato, è un ricordo che evoca quasi una timida frescura. A mia figlia, che proprio in questi giorni ha conseguito la sua laurea magistrale, ho detto: «la ricorderai tu, e pure io, come una sudatissima laurea». A parte la battuta lievemente isterica (glielo dissi che era meglio la sessione autunnale…) nel frattempo sventolavo in faccia qualunque cosa mi venisse a tiro nella speranza di appropriarmi il più possibile dell'inefficiente aria climatizzata nell’aula di proclamzione d’emergenza. Visto che presso l’aula magna i condizionatori avevano dato forfait!

Per fortuna vengono in nostro aiuto i negazionisti del riscaldamento globale, che tronfi della loro scienza ci dicono di stare tranquilli, non allarmarci, e ricordano che questi eventi si sono sempre verificati. Sarebbe il normale ciclo della natura.

Bene, ma non benissimo. Nel senso che - a parte ogni polemica sulla loro tronfia scienza - non si capisce perché si dovrebbe stare tranquilli. Anche i meteoriti sono una cosa naturale; ma vogliamo aspettare a braccia conserte che ce ne caschi uno sulla testa? E i terremoti? Altrettanto. Quindi, cari amici negazionisti, vorrei farvi sommessamente notare che a dire “è tutto normale” non risolviamo il problema. E questo vi sia anzitutto chiaro! Non solo. Immaginate che questi “cicli naturali” si conoscono perfino bene. Stiamo parlando di ere glaciali, inversione dei poli magnetici e stravolgimenti climatici che in effetti avvengono anche per cause naturali, e che come per il meteorite ci devono tenere in stato di allerta considerando ogni rimedio per uscirne vivi, al momento in cui intrecceranno le nostre coordinate temporali.

Ora però, spiegatemi perché a latere dei fenomeni naturali non possano esistere anche quelli indotti, e cioè provocati dall’attività umana. Anzi, bisognerebbe augurarsi che sia più probabile tale causa (oggi) piuttosto che quella naturale, trovandoci magari in un ciclo incalzante. E che ne sappiamo! Ma nel primo caso possiamo almeno intervenire limitando l’attività che induce tali fenomeni; mentre nel secondo caso non saremmo minimamente pronti! Capite? Per fortuna, usando la testa e qualche inferenza logica come già fatto in un passato articolo, non dovremmo ritenere di trovarci senza vie d’uscita.

C’è un terzo caso cosiddetto “concorrente”, quando ai cicli naturali si associano - favorendoli o provocandoli - le attività umane. Vogliamo scartare anche tale possibilità? Nemmeno questo sarebbe ragionevole. Alla fine, non sarebbe ragionevole nulla che voglia obbligare a trascurare la probabile responsabilità umana, o chiamatelo pure “il gatto che ci mette lo zampino", in questi fenomeni estremi di calore come d’altro, sempre più ravvicinati e tendenti a stabilire continuamente nuovi record.

Rebus sic standibus, credere che sia tutto normale è pericoloso come credere che stia arrivando un meteorite, e non ci si potrà far nulla. Fate voi.

📸 base foto: garten-gg da Pixabay