Venerdì 17 maggio, a Palazzo Grazioli in Roma presso la Sala Stampa estera, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di Samaritanus Care, progetto per l’inserimento nelle strutture sanitarie e sociosanitarie associate ad Aris o Uneba, di infermieri che hanno conseguito la laurea in istituzioni cattoliche in Africa, America, Asia. 

Obiettivo di Samaritanus Care è dare risposta alla grave carenza di infermieri in Italia e garantire alle persone fragili prese in carico dalle suddette strutture, a partire dagli anziani non autosufficienti, l’assistenza qualificata di cui hanno bisogno e diritto.

Il Progetto nasce su iniziativa della Fondazione Samaritanus, costituita da Aris e Uneba, le due maggiori associazioni rappresentanti le Istituzioni sanitarie e sociosanitarie cattoliche e di ispirazione cristiana, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana.

Come ricordato da don Massimo Angelelli, direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei, il progetto, concepito nel 2021 in piena pandemia e messo a punto col varo del “Samaritanus Care”, è finalizzato a coprire le carenze infermieristiche nostrane alle prese con una vera e propria “voragine” assistenziale destinata a toccare picchi spaventosi entro il 2029, come ha illustrato Beatrice Mazzoleni, segretaria della Fnopi (Federazione nazionale operatori infermieristici), secondo la quale nei “prossimi 4 anni l'attuale quadro di circa 460 mila infermieri perderà oltre 100 mila unità.

Un perdita secca che già dal 2022 grava sul nostro sistema sanitario con una carenza di circa 65 mila infermieri mancanti ma che, secondo la segretaria della federazione degli infermieri, è destinata ad aggravarsi sempre di più a causa di pensionamenti, dimissioni, trasferimenti all'estero dove i trattamenti economici sono notoriamente superiori a quelli riconosciuti al personale infermieristico italiano.

Nel corso della conferenza stampa ci sono alternate testimonianze di operatori sanitari in collegamento e in presenza da Camerun, Perù, Nigeria, India, Tanzania e Congo dove il progetto Samaritanus Care ha trovato buona accoglienza tra i giovani infermieri ed è già decollato.

Queste le parole di Padre Virginio Bebber, presidente di Aris:

“Il progetto Samaritanus Care è una risposta della Chiesa italiana per far fronte a una carenza infermieristica destinata a gravare pericolosamente sui nostri pazienti”.

Per tale motivo ha lanciato un'altra proposta, l'Erasmus per i giovani laureandi nelle università cattoliche estere:

“In questo modo – ha spiegato Bebber – potremo avere giovani studenti dei Paesi esteri che potrebbero laurearsi in Italia, imparando quindi bene la nostra lingua, e quindi pronti per essere inseriti nelle nostre istituzioni sanitarie”.

Sulla stessa linea Franco Massi, presidente di Uneba:

“Ai giovani infermieri che arriveranno in Italia sarà offerta l'opportunità di lavorare in istituti di eccellenza ed acquisire competenze professionali di alto livello, che potranno mettere a frutto, non solo nei nostri ospedali, ma soprattutto quando torneranno nei loro Paesi”. 

Infine Enrico Bollero, presidente della Fondazione Samaritanus:

“Plaudo all'iniziativa che, grazie alla Cei, ha permesso il varo di un vero e proprio network socio-assistenziale ed infermieristico utile per la nostra sanità e nello stesso tempo anche per i paesi d'origine degli infermieri che arriveranno in Italia. Vale a dire un grande esempio di circolarità fatta di valori, professionalità, umanità, un fare tipico dello spirito cristiano che si respira nelle nostre istituzioni socio-sanitarie cattoliche seguendo gli insegnamenti di Cristo”.