Bisogna tener presente che il matrimonio, come sacramento, è presente nello straordinario “disegno sponsale” di Dio Amore-Misericordia. Esso viene descritto con una bellezza unica sin dall’inizio della Bibbia che «si apre con la creazione dell’uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio e si chiude con la visione delle “nozze dell’Agnello” (Ap 19,9). Da un capo all’altro la Scrittura parla del matrimonio e del suo mistero, della sua istituzione e del senso che Dio ha dato ad essso, della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate dal peccato e del suo rinnovamento “nel Signore” (1 Cor 7,39), nella Nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 602). «Come già nell’Antico Testamento la rivelazione del regno viene spesso proposta con figure, così anche ora l’intima natura della Chiesa si fa conoscere attraverso immagini varie, desunte sia dalla vita pastorale o agricola, sia dalla costruzione di edifici o anche dalla famiglia e dagli sponsali, e già preparate nei libri dei profeti» (Lumen Gentium n. 6).

A questo punto, come alla ricerca di un tesoro “vecchio ma sempre nuovo”, c’è da riscoprire “l’immagine” straordinaria del matrimonio-sacramento sponsale della famiglia, a partire dal Concilio Vaticano II. Infatti nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes leggiamo:         

«Cristo Signore ha effuso l’abbondanza delle sue benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo Dio ha preso l’iniziativa di un’alleanza di amore e fedeltà con il suo popolo così ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre. Per questo motivo i coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio» (n. 48).

Dal brano appena citato si evince che «vivere con fede il sacramento delle nozze significa per gli sposi “far coppia con Gesù”, il quale rimane con loro: ciò vuol dire “dare le chiavi di casa” anche a Lui; significa essere in unità così profonda con Lui da vivere tutti gli aspetti della vita coniugale con il suo stesso spirito, che è lo Spirito Santo. Effettivamente, la coppia vive dello Spirito di Gesù. Questo significa amarsi come lui ama, con lui che ama in noi, amarsi “in mondo”».[1] A questo proposito c’è una bellissima espressione della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium che invita gli sposi a ricordare che:

« (…) i coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale essi sono il segno del mistero di unità e di fecondo onore che intercorre fra Cristo e la Chiesa, e vi partecipano (cf. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nelle vita coniugale nell’accettazione e nell’educazione della prole, e hanno così, nel loro stato di vita e nel loro ordine, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio. Da questo matrimonio infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo sono elevati col battesimo allo stato di figli di Dio, per perpetuare attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale» (n. 11).

Dalla citazione appena menzionata si desume chiaramente che il matrimonio come sacramento è “il segno del mistero di unità e di fecondo amore” tra Cristo-Sposo e la Chiesa-sposa”. Non solo, esso diventa anche la chiamata specifica alla santità nell’accettazione e nell’educazione dei figli. In più, si può affermare che «per sua indole naturale, l’istituto stesso del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e all’educazione della prole e in essa i coniugi trovano il loro coronamento» (CCC n. 1652). Per questo motivo «i figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori (CCC n. 1652). Infatti, lo stesso Dio che disse: «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2,18) e che «creò all’inizio l’uomo maschio e femmina» (Mt 19,4), volendo comunicare all’uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l’uomo e la donna, dicendo loro: “crescete e moltiplicatevi” (Gn 1,28). Di conseguenza la vera pratica dell’amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza d’animo, siano disposti a cooperare con l’amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia» (CCC n. 1652). Ecco così che «l’effetto primario e, nello stesso tempo immediato, del matrimonio è il vincolo coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana in quanto rappresentativa del mistero dell’Incarnazione di Cristo e del Suo mistero di alleanza».[2] In realtà «è così dunque una partecipazione degli sposi all’offerta della vita di Cristo; poiché gli sposi manifestano pubblicamente la loro appartenenza alla Chiesa per mezzo di un dono che li unisce in Cristo, quel dono appartiene alla Chiesa. La partecipazione degli sposi al mistero nuziale di Cristo e della Chiesa è un dato oggettivo e permanente; essa è pubblica, e dunque visibile, talché la realtà della loro vita comune diventa un segno efficace del mistero d’amore di Cristo per la Sua Chiesa»[3]. A tale riguardo l’Enciclica Humanae vitae del papa beato Paolo VI esorta gli sposi a tener presente che

«l’amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando è considerato nella sua sorgente suprema, Dio, che è “Amore”, che è “il Padre” da cui ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome. Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della chiesa» (n. 8).

 La visione di cui parla il testo magisteriale sul matrimonio, in quanto segno sacramentale della grazia, coincide perfettamente con l’idea del matrimonio come “segno sacramentale della misericordia di Dio”. Possiamo costatare che, successivamente a questa visione papale, si è cercato di approfondire dal punto di vista teologico la sacramentalità del matrimonio. Ed è stato così che «nell’ottobre del 1977, tra i problemi dottrinali del matrimonio cristiano, oggetto della sessione plenaria della Commissione Teologica Internazionale, venne affrontata la questione della sacramentalità. Una delle tesi è stata formulata da G. Martelet. Essa dice che vita degli sposi è «la speciale effusione dello Spirito che è propria del sacramento, fa sì che l’amore di queste coppie diventi l’immagine stessa dell’amore che Cristo ha per la Chiesa»[4]. Giovanni Paolo II, quatto anni più tardi, nell’Esortazione post-sinodale Familiaris consortio, ha formulato la tesi sulla vita coniugale ancora più esplicita.[5] Essa dice che

«l’amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà; esso mira ad una unità profondamente personale, quella che, al di là dell’unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un’anima sola» (n. 13).

In questa unità tra Cristo-Sposo e Chiesa-Sposa troviamo il principio fondamentale dell’amore coniugale che conduce a “una cosa sola”. Qui può sorgere la domanda al contrario, e cioè, «in che senso possiamo dire che l’amore degli sposi diventa immagine dell’amore di Cristo per la Chiesa? Certamente la risposta non può essere legata al piacere di uno sviluppo simbolico, perché poi caricherebbe sulle spalle delle persone coniugate soltanto un peso sproporzionato; la risposta va trovate nel vincolo fra i due coniugi che “diventa” appunto quello della misericordia.[6] In altre parole, «il dono che Cristo fa alla Chiesa della Sua persona è stato realizzato nella Sua umanità. Esso non appartiene ad una sfera ideale o inaccessibile, anzi è concretamente realizzabile nella natura umana, quando essa non è macchiata dal peccato. Bisogna riconoscere subito, però, che è impossibile comprendere questo mistero di vincolo della misericordia al di fuori del sacrificio eucaristico»[7]. Infatti, Gesù negli sposi «ri-esprime il suo amore che ama fino a dare la sua vita, a donare il suo corpo nell’eucaristia. Ovvero, Gesù coinvolge gli sposi nelle sue Nozze, per dire al mondo la bellezza e la chiamata straordinaria di ogni persona nelle nozze definitive»[8]. Accade così che l’immagine degli sposi rispecchia bene l’immagine straordinaria dell’amore di Cristo per la Sposa-Chiesa, perché loro due «in questa terra sono un riflesso della Trinità».[9] Diremo che gli sposi sono «sacramento di Dio, sacramento di Gesù che ama fino a dare tutto per amore».[10]

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek

 
[1] R. Bonetti, In famiglia la fede fa la differenza, op. cit., p. 13.
[2] J. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., p. 215.
[3] Ibidem.
[4] COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio (16 tesi cristologice di P. Martelet), Roma 1977, p. 7.
[5] J. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., p. 214.
[6] Cf. ibidem.
[7] Ibidem.
[8] R. Bonetti, In famiglia la fede fa la differenza, op. cit., p. 10.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem