Salute

Un sistema sanitario sotto stress a seguito di un decennio di tagli e privatizzazioni

Il rapporto statistico 2023 del Ministero della Salute dipinge un quadro allarmante per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN): un sistema sempre più fragile, segnato da riduzioni strutturali, carenza di personale e una progressiva dipendenza dal privato. Confrontando i dati con quelli del 2013, emerge una "dieta forzata" imposta al settore pubblico, con conseguenze dirette su servizi essenziali e accesso alle cure.

In dieci anni, l’Italia ha perso 74 ospedali (-7%), passando da 1.070 strutture (pubbliche e private) nel 2013 a 996 nel 2023. Il taglio ha colpito soprattutto il pubblico, con 50 ospedali chiusi, mentre il privato accresce la sua presenza in settori come l’assistenza residenziale e semi-residenziale. Le strutture per l’assistenza territoriale residenziale, ad esempio, sono aumentate da 6.834 a 8.114, ma solo il 15% è pubblico. Anche la riabilitazione e l’assistenza semi-residenziale vedono il privato protagonista, con crescite rispettivamente del 13% e dell’11%.

I tagli hanno ridotto di 10.560 i posti letto totali (-4,7%), passando da 226.387 a 215.827. A soffrire sono anche i servizi territoriali:

  • Consultori: -12% (da 2.430 a 2.140).
  • Centri di Salute Mentale: -17% (da 1.603 a 1.334).
  • Un calo che rischia di lasciare scoperti i cittadini, soprattutto nelle aree già fragili.

La carenza di professionisti nella sanità è un problema critico:

  • Medici di famiglia: -16% (da 45.203 a 37.983).
  • Pediatri: -13% (da 7.705 a 6.706).
  • Medici di continuità assistenziale: -13% (da 11.533 a 10.050).

Numeri che riflettono una crisi attrattiva del SSN, aggravata da pensionamenti e mancato ricambio generazionale.

Le Aziende Sanitarie Locali (ASL) sono state ridotte da 143 a 110 (-23%), in nome di una razionalizzazione che però non sempre ha garantito efficienza. Unico dato positivo è l’assistenza domiciliare integrata (ADI), raddoppiata in dieci anni (da 732.780 a 1.645.234 pazienti). Tuttavia, le ore medie per paziente sono scese da 18 a 15, segnale di un servizio più esteso ma meno approfondito.

Gli accessi al Pronto Soccorso generale sono calati del 10% (da 20,5 a 18,3 milioni), con un analogo trend in quelli pediatrici (da 1,6 a 1,4 milioni). Se da un lato potrebbe indicare una migliore prevenzione, dall’altro solleva dubbi su lunghe attese o difficoltà di accesso, soprattutto in contesti con meno medici di base.

Il rapporto del Ministero traccia un SSN sempre più dipendente dal privato e meno capace di garantire servizi pubblici universali. La riduzione di ospedali, posti letto e personale, unita alla crescita di strutture a pagamento, rischia di acuire le disuguaglianze. L’aumento dell’assistenza domiciliare, seppur positivo, non compensa il deterioramento generale. Servono investimenti strutturali, politiche di reclutamento e una visione chiara: senza un ritorno alla centralità del pubblico, la salute rischia di diventare un privilegio, non un diritto.

Autore Vincenzo Petrosino
Categoria Salute
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