Se ho scritto il mio ultimo articolo più di pancia che razionalmente (https://fai.informazione.it/CDF61F3D-649F-4F3A-BD40-89BA951C6C80/Io-voto-Giorgia), in questa sede voglio approfondirne le ragioni e argomentarne i motivi ; perché credo che sia arrivato il momento di fare delle scelte precise, direi categoriche, se è vero che la situazione economica e sociale del Paese sembra ormai indirizzata verso il punto di non ritorno.

Sono convinto che non ci sia più tempo per perdere tempo, di tergiversare o indugiare; né possiamo più permetterci di decidere o, peggio ancora, accontentarci di vivacchiare, vivere alla giornata nella speranza che prima o poi qualcun altro s muova qualcosa; non possiamo barcamenarci all’infinito, accettare passivamente una realtà permanente in cui l’unica certezza è la precarietà, l’unica evidenza è l’instabilità, l’unica sicurezza è l’insicurezza.

L’Italia del 2022 ha bisogno di una svolta radicale nella gestione del timone, una sterzata manifesta e percepibile all’interno quanto all’esterno, un evidente e deciso cambio di direzione, qualunque esso sia, pur restando sempre nel perimetro democratico, si intende.

E questo è sperabile soltanto puntando su quelle che fino ad oggi sono state sempre ritenute le alternative pericolose alla presunta stabilità, quella che per svariati motivi va a braccetto con una duratura immutabilità; affidarsi o quanto meno appoggiarsi agli estremi di una politica che da decenni è in via di estinzione e che soltanto grazie a loro  riesce ancora, tra mille stenti, a sopravvivere a sé stessa; quegli estremi che per definizione ed essenza sono gli unici a poter portare con sé una seppur minima quota di illusione, o più semplicemente un miraggio, un’allucinazione, fosse anche più banalmente solo un inganno.

Magari resterà una suggestione di mezza estate, magari l’illusione presto naufragherà nel mare della disillusione ed affogherà nella delusione, ma resto convinto che soltanto la scelta degli estremi oggi possa dare una spallata all’ormai insopportabile quotidiana e perenne oggettività.

Il mio è comunque un esercizio rischioso, perché so in partenza che qualora una di queste forze dovesse governare non potrà farlo conservando illibata la propria purezza politica, ma dovrà scendere a compromessi e stringere accordi, trattare e negoziare; e so bene che il sistema farà di tutto per anestetizzarne i propositi e scoraggiarne ogni eventuale velleità o forma di emancipazione dai poteri e dai potenti; ma voglio comunque confidare che la differenza potrà farla soltanto il grado di autorevolezza dei numeri con cui si presenterà al tavolo e la capacità di riuscire, almeno in parte, ad attualizzare valori e principi che ne  hanno caratterizzato le origini e giustificato l’esistenza stessa; non dovranno svenderli al miglior offerente, pena la prematura inesorabile ricacciata negli inferi della politica, questa volta per sempre; consapevoli che per loro non ci sarà un purgatorio né possibilità di redenzione! 

La vera sinistra non ha certo i numeri per governare e neanche per poter incidere in una coalizione in cui, in caso di vittoria, potrebbe soltanto sventolare veti e fare modesta opposizione interna, sempre nell’ambito di un quadro di sostanziale coerenza che, seppur talvolta smisurata,  mi sento comunque di doverle riconoscere; la vera destra, invece, sembra in vantaggio su tutti, fin troppo, oserei dire: rimane infatti da verificare sul campo quanti attuali simpatici simpatizzanti nel segreto dell’urna si tireranno indietro.

Non me la sento di chiedere a Mario Rossi di rinunciare a ideali o principi su cui ha basato la propria biografia, né di tapparsi semplicemente il naso, talvolta anche occhi e orecchie, con l’unico inconfessabile intento di dimostrare l’incapacità del nemico di sempre; ma mi sento di chiedere a quella parte di società, soprattutto famiglie e giovani, che oggi convive con una realtà insufficiente e inadeguata a soddisfare non solo desideri e aspirazioni, ma anche necessità e urgenze contingenti, di avere il coraggio di scegliere la discontinuità, senza condizionamenti ideologici, : servono riforme organiche e strutturali, non bonus, condoni e incentivi, tantomeno promesse e slogan…

L’attuale legge elettorale certo non aiuta, perché rischia di far prevalere le smanie della coalizione sui programmi delle singole forze politiche che la compongono, costringendo tutti ad accordi al ribasso e limitando, di fatto, la possibilità di imprimere un risoluto e convinto cambio di passo; anche a loro chiedo coraggio, sebbene, devo ammettere, con tono decisamente più sommesso e sfiduciato.

L’alternativa è per tutti il definitivo commissariamento della politica e del Paese, la tacita delega a istituzioni ed organismi internazionali a gestire esternamente l’Italia e gli italiani per manifesta incapacità di autogovernarsi e autodeterminarsi, e la conseguente implicita impossibilità futura di imporre le proprie ragioni o di rifiutare imposizioni e vincoli altrui.

Quindi, attualizzando indegnamente Sant’Agostino (“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”), mi permetto di ribadire che lo sdegno per la realtà è sotto gli occhi di tutti: la speranza è che la politica delegata sappia dare dignità al coraggio richiesto agli italiani.