«Nell'anniversario della strage di via D'Amelio la Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta - Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina - che con lui morirono nel servizio alle istituzioni democratiche.Quel barbaro eccidio, compiuto con disumana ferocia, colpì l'intero popolo italiano e resta incancellabile nella coscienza civile. Il nome di Paolo Borsellino, infatti, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l'organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie. Borsellino e Falcone avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta.Il loro esempio ci invita a vincere l'indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l'illegalità, a costruire solidarietà e cultura dove invece le mafie puntano a instillare paura.In questo anniversario, desidero rinnovare i sentimenti di cordoglio e vicinanza ai familiari di Paolo Borsellino e degli altri servitori della Stato che pagarono con la vita la difesa della nostra libertà».
Queste le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 31° anniversario della Strage di via D'Amelio. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, invece si è recata a Palermo per partecipare alla cerimonia di diposizione della corona di alloro alle lapidi in memoria dei Giudici Falcone e Borsellino e degli agenti caduti nelle due stragi.
La premier, però, non parteciperà invece alla fiaccolata, organizzata per le ore 20 da Comunità '92 e Forum XIX Luglio, da piazza Vittorio Veneto a via D'Amelio, a causa di impegni concomitanti secondo quanto da lei dichiarato in un'intervista rilasciata al Corriere.
«Ho letto notizie inventate - ha detto Meloni -, che non partecipo alla fiaccolata per paura di contestazioni. Ma contestazioni di chi? La mafia mi può contestare, ma non so se le persone che combattono la mafia possano contestare un governo che ha messo in sicurezza il carcere ostativo e che sul contrasto alla mafia porta i risultati. Se qualcuno vuole venire a contestare sono i mafiosi, ma io non sono mai scappata in tutta la mia vita. ...Nordio [sulla revisione del reato di concorso esterno] ha risposto a una domanda, ma ha poi detto che non è una cosa prevista, non c'è alcun provvedimento. Nordio dovrebbe essere più politico, ma che una risposta personale diventi un fatto quando un fatto non è…Le opinioni che diventano fatti: succede quando si vuole fare polemica pretestuosa».
In precedenza aveva introdotto così la sua visita a Palermo:
«La strage di Via D’Amelio, dove Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta vennero uccisi dalla mafia, è stato il motivo per il quale ho iniziato a fare politica. La data del 19 luglio 1992 rappresenta una ferita ancora aperta per chi crede in un’Italia giusta.Paolo sfidò il sistema mafioso senza mai temere la morte, insegnandoci a non restare a guardare e a non voltarci mai dall’altra parte. Il suo coraggio e la sua integrità sono doni che ci ha lasciato e che tanti giovani hanno deciso di raccogliere per affermare due valori imprescindibili: la legalità e la giustizia.Oggi, a 31 anni di distanza da quel terribile attentato, ricordiamo tutti quegli eroi che non ebbero paura di denunciare al mondo il vero volto della criminalità organizzata e che servirono lo Stato fino all’ultimo. Nel loro esempio portiamo avanti il nostro impegno quotidiano per estirpare questo male dalla nostra Nazione: solo così il loro sacrificio non sarà mai vano».
Meloni, nel suo "punto stampa", ha dovuto anche commentare la lettera di Marina Berlusconi contro i magistrati di Firenze che indagano sulle stragi del ’93:
«Con tutto il rispetto - ha detto - non posso considerare Marina Berlusconi un soggetto politico della coalizione».
Con tutto il rispetto, però, bisogna allora dire quanto sia poco chiaro il concetto di lotta alla mafia all'interno della maggioranza che la sostiene.
Infatti, i deputati di Forza Italia Pietro Pittalis, vicepresidente della commissione Giustizia, Tommaso Antonino Calderone e Annarita Patriarca hanno presentato una richiesta al ministro della Giustizia, Nordio, affinché prenda «iniziative di carattere ispettivo, anche al fine dell'accertamento di eventuali responsabilità disciplinari dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze».
Qual è il motivo per voler richiedere, nei fatti, un'azione disciplinare nei confronti di alcuni magistrati di Firenze? L'aver deciso di indagare su eventuali responsabilità di Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi nell'indagine sui mandanti delle stragi di mafia del 1993.
L'iniziativa, definita da Tajani non ufficiale di Forza Italia, è stata però "concretizzata" in una interrogazione depositata alla Camera, a cui Nordio dovrà comunque rispondere.
Secondo l'ipotesi dei pm fiorentini, Dell'Utri avrebbe istigato e sollecitato i boss Filippo e Giuseppe Graviano "ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l'affermazione di Forza Italia" nella primavera del 1994.
L'ex senatore di Forza Italia, che ha già scontato una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, tramite i legali che lo assistono ha fatto sapere ai pm fiorentini di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Come tutto questo possa aiutare il governo Meloni ad affermare i due valori imprescindibili di legalità e giustizia che dovrebbe rappresentare, Giorgia Meloni però non lo ha spiegato. Forse ne sapremo di più dal ministro Nordio.