Negli ultimi anni, il dibattito pubblico in Italia è stato spesso dominato da una narrazione apparentemente incontrovertibile: “i soldi per pagare le pensioni non ci sono”. Questa affermazione ha giustificato una serie di riforme che hanno progressivamente spostato l’età pensionabile verso i 70 anni, provocando non poche preoccupazioni e interrogativi tra i cittadini. Tuttavia, è doveroso analizzare più a fondo questa problematica, poiché essa solleva questioni fondamentali sul ruolo dello Stato nella società contemporanea. Se lo Stato non è più in grado di garantire diritti essenziali come le pensioni, la sanità, il trasporto pubblico e l’istruzione, quale funzione rimane per questa istituzione?
La crisi del sistema pensionistico è spesso presentata come un destino inevitabile, ma è davvero così? L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto debito pubblico, ma al contempo ospita una delle più alte concentrazioni di ricchezza privata. Questo paradosso suggerisce che il problema non sia la mancanza di risorse, ma la loro distribuzione. La narrazione dominante, che sposta il peso delle riforme sulle spalle dei lavoratori, ignora che una parte significativa della ricchezza nazionale è concentrata nelle mani di una minoranza. Recenti studi confermano che una piccola percentuale di cittadini controlla gran parte delle risorse economiche, mentre le classi medie e basse si trovano sempre più impoverite.
Se “i soldi non ci sono” nelle casse dello Stato, la soluzione è evidente: andare a prenderli laddove sono concentrati. Questo significa intervenire sui paradisi fiscali, che continuano a sottrarre miliardi di euro all’economia nazionale, e combattere l’elusione fiscale praticata da grandi multinazionali e patrimoni. Queste pratiche, seppur legali, sono moralmente inaccettabili e compromettono la sostenibilità del sistema economico e sociale.
Nonostante il problema sia noto, le azioni dello Stato su questo fronte sono state finora timide e poco incisive. Perché non si adottano misure strutturali per garantire una redistribuzione più equa delle risorse? Perché la lotta all’evasione fiscale è ancora così carente? Queste sono domande che i cittadini si pongono con crescente insistenza, ma le risposte tardano ad arrivare.
Un tempo, lo Stato era il garante del benessere collettivo e della giustizia sociale. Tuttavia, le politiche neoliberiste degli ultimi decenni hanno trasformato questa visione, riducendo lo Stato a un gestore di emergenze finanziarie. Questo cambiamento è evidente in diversi settori chiave:
Previdenza: Prima la riforma Dini e poi la legge Fornero hanno di fatto smantellato la previdenza alzando l’età pensionabile a livelli insostenibile e abbassando l’assegno previdenziale.
Sanità pubblica: I tagli continui al sistema sanitario compromettono la qualità delle cure, aumentando le disuguaglianze tra i cittadini.
Istruzione: Il sottofinanziamento cronico penalizza l’accesso equo a un’educazione di qualità, minando il futuro delle nuove generazioni.
Sicurezza: Sempre più subordinata a logiche di bilancio, rischia di perdere il suo carattere di diritto garantito.
Trasporto pubblico: Le infrastrutture sono spesso inadeguate, con ritardi e carenze che penalizzano soprattutto i pendolari e le fasce più deboli della popolazione.
Se lo Stato abdica a queste responsabilità fondamentali, rischia di perdere la sua legittimità agli occhi dei cittadini.
Per uscire da questa crisi, è necessario un cambio di paradigma. Le riforme future devono mettere al centro l’equità e la giustizia sociale, adottando misure che garantiscano una redistribuzione più equa delle risorse e il recupero del ruolo dello Stato come promotore del benessere collettivo. Tra le azioni più urgenti:
Contrasto all’evasione fiscale: Rafforzare controlli e sanzioni per chi evade o elude le tasse, recuperando risorse preziose per i servizi pubblici.
Tassazione dei grandi patrimoni: Introdurre una patrimoniale sui redditi più alti e sulle grandi eredità per ridurre le disuguaglianze senza gravare sulle classi medie e basse.
Investimenti nei servizi pubblici: Sanità, istruzione e trasporti devono tornare ad essere priorità dello Stato, con finanziamenti adeguati e una gestione trasparente ed efficiente.
Riforma pensionistica equa: Le riforme devono essere sostenibili, ma anche garantire prospettive dignitose per i lavoratori, senza scaricare su di loro tutto il peso delle difficoltà economiche.
L’Italia è a un bivio cruciale. Continuare sulla strada attuale significa alimentare una crescente disillusione verso lo Stato e le sue istituzioni, tant’è che più del 50 per cento degli aventi diritto non va più a votare. Tuttavia, esiste un’altra strada: quella della giustizia sociale, della redistribuzione della ricchezza e della tutela dei diritti fondamentali. Se i soldi non ci sono, è necessario andarli a prendere laddove ce ne sono tanti. Solo così lo Stato e la politica potranno tornare a rispondere ai bisogni dei cittadini e garantire un futuro migliore per loro e per le prossime generazioni.