Si sono aperti lunedì i lavori del Consiglio Permanente della Cei - la Conferenza Episcopale Italiana - in corso a Roma fino al 24 gennaio, con la prolusione del suo presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti. Tra i temi toccati non è mancato quello relativo alle prossime elezioni politiche in Italia, cui è stato dato ampio spazio.

La Cei di Bassetti non è la Cei di Ruini. Nonostante non abbia pronunciato queste testuali parole, il presidente della Cei lo ha fatto capire dicendo, stravolta sì testualmente, che "la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico".

Pertanto, ex boyscout, parenti di suore o pluridivorziati in odore di santità, senza dimenticare i fanatici dell'ortodossia che credono in un Gesù di pura "razza" ariana, sono stati avvertiti. In questa tornata elettorale non possono avere l'appoggio di preti che, come accaduto in passato, invitino i credenti a votare per un partito che fosse, allo stesso tempo, democratico ma anche cristiano!

L'invito che il cardinal Bassetti ha rivolto a tutti i politici è un invito alla responsabilità e alla ricerca del bene comune, ricordando loro che la politica è una vocazione, una missione e non un trampolino di lancio verso il potere! Missione che richiede sobrietà nelle parole e nei comportamenti con lo scopo di tracciare un orizzonte di idee e proposte che siano un contributo fattivo e concreto alla discussione pubblica.

Infine, rivolgendosi ai cattolici impegnati in politica, Bassetti li ha invitati a vivere la politica con gratuità e spirito di servizio, a guardare al passato per costruire il futuro e ad aver cura, senza intermittenza, dei poveri e della difesa della vita.


Di seguito il passaggio della prolusione del cardinale Gualtiero Bassetti relativo alle elezioni politiche del 4 marzo.

"Un appuntamento per l’Italia

Il riferimento appena fatto [relativo a lavoro, famiglia, giovani, ndr.] mi permette di toccare l’ultimo spunto di riflessione: le prossime elezioni politiche. Come Vescovi ci uniamo innanzitutto all’appello del Capo dello Stato a superare ogni motivo di sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei confronti della comunità nazionale.

Richiamato il valore morale e democratico del voto, voglio essere altrettanto chiaro sul fatto che la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico. Il «risveglio della Chiesa nelle anime» evocato da Romano Guardini, lo «sviluppo integrale dell’uomo» promosso da Paolo VI e il dialogo con tutti costituiscono il nostro orizzonte di riferimento. Con un’ulteriore specificazione riguardo al dialogo. Come ha detto Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze «dialogare non è negoziare». Negoziare, infatti, consiste soltanto nel «cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune». Ma non è questo, ovviamente, ciò che intendiamo. Dialogare significa, invece, «cercare il bene comune per tutti».

Il bene comune per tutti: in questa prospettiva – la sola che ci sta a cuore – possiamo tracciare un orizzonte di idee e proposte che vogliono essere un contributo fattivo e concreto alla discussione pubblica.

Con questo spirito, voglio rivolgere a tutti i candidati un invito a riflettere sulla natura della vocazione politica. Perché di questo si tratta: una vocazione, una missione e non un trampolino di lancio verso il potere. Come ha scritto Francesco, «la politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune».

In secondo luogo, un invito alla sobrietà. Una sobrietà nelle parole e nei comportamenti. La campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere. Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti.

In terzo luogo, la ricerca sincera del bene comune. Non a parole ma con i fatti. Per il futuro del Paese e dell’intera sua popolazione, da Nord a Sud, occorre mettere da parte le vecchie pastoie ideologiche del Novecento e abitare questo tempo con occhi sapienti e nuovi propositi di ricostruzione del tessuto sociale ed economico dell’Italia. In questa grande opera, è auspicabile l’impegno di tutte le persone di buona volontà, chiamate a superare le pur giustificate differenze ideologiche per raggiungere una reale collaborazione nel servizio del bene comune. E, se posso indicare un ambito privilegiato su cui impegnarsi, raccomando la scuola, dove si gioca la partita decisiva del percorso formativo dei nostri ragazzi. Di questa scuola sono parte integrante e qualificata le scuole pubbliche paritarie, ancora in attesa dell’adempimento di promesse relative a sostegni doverosi, da cui dipende la loro stessa sopravvivenza.

Vorrei, infine, rivolgere tre indicazioni ai cattolici in politica.

La prima: vivete la politica con gratuità e spirito di servizio. Testimoniate questa gratuità con gesti concreti e con una vita politica degna della vostra missione, ricordando che i cristiani di ogni tempo «vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo».

La seconda: guardate al passato per costruire il futuro. Guardate ad una stagione alta e nobile del cattolicesimo politico italiano. Prendete come esempi uomini e donne di diverso schieramento politico che, nella storia della Repubblica, hanno saputo indicare percorsi concreti e interventi mirati per affrontare le questioni e i problemi della nostra gente.

La terza: abbiate cura, senza intermittenza, dei poveri e della difesa della vita. Sono due temi speculari, due facce della stessa medaglia, due campi complementari e non scindibili. Non è in alcun modo giustificabile chiudere gli occhi su un aspetto e considerare una parte come il tutto.

Un bambino nel grembo materno e un clochard, un migrante e una schiava della prostituzione hanno la stessa necessità di essere difesi nella loro incalpestabile dignità personale. E di essere liberati dalla schiavitù del commercio del corpo umano, dall’affermazione di una tecnoscienza pervasiva e dalla diffusione di una mentalità nichilista e consumista.

Lo dico anche a riguardo delle recenti «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento»: ci preoccupa la salvaguardia della speciale relazione tra paziente e medico, la giusta proporzionalità delle cure – che non deve mai dar luogo alla cultura dello scarto –, la possibilità di salvaguardare l’obiezione di coscienza del singolo medico e di evitare il rischio di «aziendalismo» per gli ospedali cattolici.

In definitiva, vorrei ricordare a tutti: la vita non si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia!"