Al suo arrivo in Australia, Novak Djokovic è stato prima trattenuto all'aeroporto di Melbourne e successivamente confinato in un albergo per immigrati in attesa di espulsione perché il suo visto di ingresso era stato considerato irregolare.

L'espulsione non è diventata subito esecutiva, perché il tennista serbo ha fatto ricorso presso il Federal Circuit and Family Court of Australia, ritenendo ingiusto il provvedimento nei suoi confronti. 

Il tribunale dovrà decidere lunedì e questo sabato i legali di Djokovic hanno presentato la documentazione per provare che il loro cliente ha i requisiti in regola per l'ingresso nel Paese, dove agli stranieri viene  richiesto di dimostrare una vaccinazione anti-Covid completa effettuata entro i precedenti 4 mesi o, nello stesso periodo, di esser risultato positivo al coronavirus.

Sabato, il colpo di scena. Negli atti del tribunale depositati questo sabato, gli avvocati affermano che al tennista è stato concesso un visto temporaneo per entrare nel Paese per partecipare agli Open d'Australia grazie ad una esenzione medica dalla vaccinazione anti-Covid a seguito del fatto che Djokovic fosse risultato positivo il 16 dicembre. Il certificato di esenzione è stato rilasciato dopo che, trascorsi 14 giorni, il giocatore "non aveva avuto febbre o sintomi respiratori da Covid-19 nelle ultime 72 ore".

E allora perché tutta questa "fiera"? E perché lo stesso Djokovic o il suo entourage non hanno chiarito, fin da subito, al momento della partenza il motivo per cui gli era stata concessa l'esenzione dal vaccino, dato che tutto il mondo è a conoscenza delle sue bislacche teorie no vax? 

Probabilmente, lunedì prossimo il mistero sarà chiarito... oltre a quello del perché, il 17 dicembre, nonostante sapesse di essere contagiato, Djokovic fosse in giro a presenziare una manifestazione per l'emissione di un francobollo celebrativo a lui dedicato...