Secondo gli ultimi dati pubblicati oggi dall'UNICEF Innocenti – Global Office of Research and Foresight, alcuni dei Paesi più ricchi del mondo hanno registrato forti aumenti della povertà minorile tra il 2014 e il 2021.

La “Report Card 18: Bambini poveri che vivono nei paesi ricchi” (Child poverty in the midst of wealth) – l'ultima della serie che monitora il benessere dei bambini nei paesi dell'OCSE e dell'UE – rileva che la Polonia e la Slovenia stanno ottenendo i migliori risultati nell'affrontare la povertà minorile, seguite dalla Lettonia e dalla Repubblica di Corea. Al contrario, alcuni dei Paesi più ricchi analizzati nel rapporto sono indietro, quasi in coda alla classifica dei Paesi.

Il rapporto presenta il quadro più aggiornato e comparabile sulla povertà che colpisce i bambini nei Paesi dell'OCSE e dell'UE e analizza le politiche di sostegno al reddito dei governi per le famiglie con bambini. Il rapporto rileva che, nonostante la diminuzione complessiva della povertà di quasi l'8% in 40 Paesi tra il 2014 e il 2021, alla fine del 2021 c'erano ancora oltre 69 milioni di bambini che vivevano in famiglie che guadagnavano meno del 60% del reddito medio nazionale.

  • L'Italia è al 34° posto su 39 Paesi nella classifica della povertà monetaria dei bambini nei Paesi ricchi. Più di 1 bambino su 4 (25,5%) vive in condizioni di povertà relativa legata al reddito (media tra il 2019 e il 2021). Tra il 2015 e il 2021, l'Italia ha ridotto la percentuale di bambini che vivono in condizioni di grave privazione materiale dal 15,8% al 7,1%.

    Le cattive condizioni abitative rimangono un problema e riguardano il 18,1% dei bambini. Nel 2021, se non ci fossero stati trasferimenti monetari, la povertà minorile in Italia avrebbe raggiunto il 35,9%; le prestazioni in denaro per i bambini hanno portato al di sopra della soglia di povertà quasi il 30% dei bambini che sarebbero stati sotto la soglia di povertà senza i trasferimenti.

"L'impatto della povertà sui bambini è persistente e dannoso", ha dichiarato Bo Viktor Nylund, Direttore dell'UNICEF Innocenti – Global Office of Research and Foresight. "Per la maggior parte dei bambini significa che potrebbero crescere senza cibo nutriente, vestiti, materiale scolastico o un posto caldo da chiamare casa. Impedisce ai bambini di godere dei propri diritti e può portare a un cattivo stato di salute fisica e mentale".

Le conseguenze della povertà possono durare tutta la vita. I bambini che vivono in condizioni di povertà hanno minori possibilità di completare la scuola e da adulti percepiscono salari più bassi. In alcuni Paesi, secondo il rapporto, una persona nata in un'area svantaggiata rischia di vivere da otto a nove anni in meno rispetto a una persona nata in un'area ricca.

 Il rapporto evidenzia anche enormi disuguaglianze nel rischio di povertà. In 38 Paesi con dati disponibili, i bambini che vivono in una famiglia monoparentale hanno una probabilità oltre tre volte maggiore di vivere in povertà rispetto agli altri bambini. Anche i bambini con disabilità e quelli provenienti da minoranze etniche/razziali hanno un rischio superiore alla media.

Secondo i risultati del rapporto, dal 2012 al 2019 la crescita economica in questo gruppo di Paesi è stata stabile, dando l'opportunità di riprendersi dagli impatti della recessione del 2008-10. Tuttavia, mentre alcuni Paesi in questo periodo hanno ridotto la povertà minorile, alcuni dei Paesi più ricchi hanno registrato i maggiori passi indietro. Il rapporto mostra anche che Paesi con livelli simili di reddito nazionale, come la Slovenia e la Spagna, hanno registrato forti differenze nei tassi di povertà minorile, rispettivamente del 10% e del 28%.

 Secondo il rapporto, le condizioni di vita dei bambini possono essere migliorate indipendentemente dalla ricchezza di un Paese. Ad esempio, Polonia, Slovenia, Lettonia e Lituania – che non sono tra i Paesi più ricchi dell'OCSE e dell'UE – hanno ottenuto importanti riduzioni della povertà minorile, -38% in Polonia e -31% negli altri Paesi. Al contempo, cinque Paesi a più alto reddito – Regno Unito (+20%) e Francia, Islanda, Norvegia e Svizzera (tutti intorno al +10%) – hanno registrato i maggiori aumenti del numero di bambini che vivono in famiglie con difficoltà economiche dal 2014.

Per sradicare la povertà minorile, la Report Card invita i Governi e le parti interessate a:

  • Espandere la protezione sociale per i bambini, anche con assegni familiari e per i figli a carico per integrare il reddito familiare.  

  • Garantire a tutti i bambini l'accesso a servizi di base di qualità, come l'assistenza all'infanzia e l'istruzione gratuita, che sono essenziali per il loro benessere.

  • Creare opportunità di lavoro con retribuzioni adeguate e politiche favorevoli alla famiglia, come il congedo parentale retribuito, per sostenere i genitori e le persone che si prendono cura dei bambini nel conciliare lavoro e responsabilità di cura.

  • Garantire misure adatte alle esigenze specifiche dei gruppi minoritari e delle famiglie con un solo capofamiglia, per facilitare l'accesso alla protezione sociale, ai servizi fondamentali e al lavoro dignitoso, e ridurre le disuguaglianze.

“I sussidi in denaro hanno un effetto immediato nell'alleviare la povertà. I decisori politici possono sostenere le famiglie dando priorità e aumentando la spesa per gli assegni familiari e per i figli a carico", ha aggiunto Nylund. "Si può imparare molto dai successi di altri Paesi. Il modo in cui utilizzeremo quanto appreso determinerà l'efficacia con cui potremo garantire il benessere dei bambini oggi e in futuro".

 
Al rapporto UNICEF pubblicato questo mercoledì, si aggiunge quello dell'Istat che, sempre oggi, ha reso noti i risultati sulle condizioni di vita in Italia dei minori di età inferiore ai 16 anni nel 2022.

Lo scorso anno, il rischio di povertà o esclusione sociale ha colpito il 28,8% dei bambini e ragazzi di età inferiore a 16 anni, a fronte del 24,4% del totale della popolazione. I minori sono più svantaggiati quando risiedono nel Sud e nelle Isole (46,6%), rispetto al Centro (21,4%) e al Nord (18,3%).

Sono da segnalare importanti differenze per i minori di 16 anni in termini di rischio di povertà o esclusione sociale tra le famiglie monogenitore (39,1%) e le coppie con figli minori (27,2%). In particolare, l'indicatore raggiunge il 41,3% quando in famiglia è presente solamente la madre, mentre è pari al 27,6% per le famiglie monogenitore uomo.

Il rischio aumenta al crescere del numero di figli minori in famiglia: per le famiglie monogenitore è pari a 37,3% se vi è un solo figlio minore e a 40,8% se ve ne sono almeno due; per le coppie con un figlio l'indicatore scende al 21,7% e per quelle con due o più figli è pari al 29,6%.

I minori di cittadinanza straniera mostrano un rischio di povertà o esclusione sociale pari a 41,5%, valore superiore di quasi 15 punti percentuali rispetto al dato dei coetanei di cittadinanza italiana (26,9%). Questa differenza raggiunge il suo massimo nel Mezzogiorno, dove il rischio di povertà o esclusione sociale è pari rispettivamente a 89,2% e 45,4%; nel Nord, il dato per i minori di cittadinanza straniera è in linea con quello nazionale (41,1%) mentre il valore per i coetanei di cittadinanza italiana è molto contenuto (13,4%).

Nel 2022, le famiglie che si trovano nella prima fase del ciclo di vita, quella in cui sono presenti figli minori, si trovano più spesso a vivere in abitazioni di proprietà gravate da un mutuo (26,3%), con una quota pari a più del doppio di quella misurata sul totale delle famiglie (12,1%). La situazione si inverte nel caso di abitazioni di proprietà senza mutuo (39,3% delle famiglie in cui è presente almeno un minore, a fronte del 59,4%). Le famiglie con almeno un minore vivono più spesso anche in abitazioni in affitto (23,8% contro il 19,6% del totale delle famiglie).

Le famiglie monogenitore donna con almeno un minore di 16 anni vivono più frequentemente in un'abitazione in affitto (31,0% ) rispetto al caso in cui il genitore sia il padre (26,8%); si rileva una situazione analoga anche per le abitazioni in usufrutto o in uso gratuito (20,9% a fronte di 8,2%).

Le famiglie con almeno un minore di 16 anni lamentano una carenza di spazio nell'abitazione in percentuale più elevata (11,0%) rispetto al totale delle famiglie (7,9%). Questo problema strutturale si traduce in condizioni di sovraffollamento più frequenti rispetto al totale delle famiglie (36,1%, contro 17,9%).

Nel 2021, anno nel quale sono state raccolte informazioni per valutare eventuali situazioni di criticità specifiche per i minori di 16 anni, il 13,5% dei bambini e ragazzi con meno di 16 anni risulta in condizione di deprivazione materiale e sociale specifica, ovvero presenta almeno tre segnali di deprivazione tra i 17 previsti segnatamente per i minori. Il valore italiano è in linea con quello della media europea; i Paesi con le condizioni meno favorevoli per i minori di 16 anni sono Romania (42,5%), Bulgaria (36,5%) e Grecia (33,9%); viceversa, i Paesi dove l'indicatore presenta i valori più bassi sono Slovenia (2,9%), Svezia (3,5%) e Finlandia (3,7%).

In Italia, gli item di deprivazione più frequenti sono non potersi permettere di "sostituire mobili danneggiati con altri in buono stato" (88,6% dei minori deprivati), di trascorrere "almeno una settimana di vacanza all'anno lontano da casa” (81,3%) e di svolgere regolarmente “attività di svago fuori casa" (58,4%).

Nel 2021 il 4,9% dei minori di 16 anni vive in una famiglia che ha sperimentato difficoltà economiche tali da impedire l'acquisto del cibo necessario; la quota sale al 7% nel Mezzogiorno. Inoltre, il 2,5% dei minori di 16 anni non consuma almeno un pasto proteico al giorno perché la famiglia non può permetterselo. L'incapacità da parte della famiglia di sostenere le spese per un pasto proteico al giorno oppure l'incapacità di affrontare le spese per comprare il cibo necessario delinea una condizione di deprivazione alimentare, che nel 2021 interessa il 5,9% dei minori di 16 anni (6,2% nel Nord, 2,5% nel Centro e 7,6% nel Mezzogiorno).

 

NOTE
La “Report Card 18: Bambini poveri che vivono nei paesi ricchi” riprende l'analisi della Report Card 12 sull'effetto della recessione del 2008-10 sulla povertà minorile, pubblicata nel 2014, esamina i progressi compiuti nell'ultimo decennio e considera ciò che ancora deve essere fatto per ottenere risultati per i bambini. La Report Card 18 utilizza misure monetarie e non monetarie (privazione materiale) per la sua analisi. La misura principale del rapporto è la povertà relativa legata al reddito, ovvero la percentuale di persone che guadagnano meno del 60% del reddito medio. La povertà non monetaria misura l'accesso a beni e servizi essenziali.

Crediti immagine: rapporto UNICEF