Di recente si è di nuovo trattato, sui media, del cosiddetto “massacro del Circeo” e non ci sottraiamo dal ripercorrere, a modo nostro,  tempi, luoghi e fatti.

Parlare dell’Italia di quarantacinque anni fa è quasi come saltare direttamente nel Medio Evo. La percezione del tempo abbrevia gli anni, i giorni, i minuti, storicizza con una crescente velocità, soprattutto nell’era web.

Si era appena usciti dal biennio di austerity allorché, per ragioni fatte risalire a una supposta crisi petrolifera, ci avevano tenuto a piedi di domenica, poi a targhe alterne, invogliando l’utilizzo, già allora di biciclette o cavallo di San Francesco – il coraggio di far zompare dei vecchi sul monopattino, non l’avevano avuto, e poi non c’erano le condizioni.

Il paese era in piena decadenza, ancora di là da venire i giganteschi finanziamenti per fare gorgeous i centri storici mondiali, circondare le city di piste ciclabili, stimolare momenti culturali dal molto o dal nulla, facendo proliferare il mondo dell’arte e dello spettacolo. Per i giovani, non c’era un beato accidente per ammazzare il tempo, a meno di non disporre di cospicui contributi di una agiata famiglia di provenienza. 

La discoteca era ancora un luogo discretamente sfigato, con poche eccezioni; il cinema americano proponeva sempre pellicole di peso, ma spesso a sfondo introspettivo, quelle scene “ tra cucina e soggiorno”, con protagonisti bergmaniani intenti a interrogarsi sulla vita. Su Cinecittà, che dire: ora sono diventati cult Pierino, Maurizio Merli e il Monnezza, però la critica arricciava il naso e ostentava di sopravvivere grazie agli ultimi colpi degli storici maestri, che se ne stavano andando, come Luchino Visconti, morto nel 1976 e Roberto Rossellini, scomparso nel 1977.

Il Regno Unito navigava tra scioperi e punk. Negli USA, allora il nostro discusso faro di riferimento, il presidente Nixon dovette cedere lo scettro all’opaco Gerald Ford, dopo lo scandalo Watergate; il muro di Berlino stava ancora saldamente eretto; l’Africa e l’America latina, con poche eccezioni, erano in balia dei colpi di stato, la Cina assisteva alla morte di Mao Zedong (1976) e alle caute aperture di un comunismo che, secondo molti, non è mai terminato e avrebbe messo radici ovunque. Era sempre in pista Henry Kissinger, oggi 97 anni, politico repubblicano girasole, pensionato quasi di forza solo nei giorni scorsi.

Nel cuore del decennio, il 1975, nel nostro paese accaddero parecchie cose di un certo rilievo. Il 6 marzo venne abbassata la soglia della maggiore età, dal 21 a 18 anni. Il governo Moro IV era paradigmatico del nostro consueto disordine elettorale, si voterà l’anno successivo. I terrorismi variamente colorati riempivano le cronache, con la loro scia di sangue. Si contarono diverse vittime, oltre i casi di rapimento per riscatto o per altro, come quello dell’ingegner Carlo Saronio (sequestro politico? Il giovane verrà rinvenuto cadavere, ma dopo anni). Pier Paolo Pasolini andò in contro alla sua orribile fine il 2 novembre.

Il festival di Sanremo vivacchiava con l’edizione forse più negletta del suo curriculum, si ascoltavano i tetri cantautori impegnati. La musica è significativa di quanti paesi coesistano in uno. Nei contadi si volteggiava col liscio e si ascoltavano ancora le ballate melodiche, mentre  la nazione giovanile “ acculturata”, o meglio addomesticata mediante la crescente scolarizzazione e la manipolazione a opera di “influencer” eterogenetici, imparava a farsi sedurre dalle risonanze angloamericane e nordeuropee, rinnegando le proprie radici. La mobilità sociale era scarsa, tra i ceti si stendevano muraglie ideologiche e finanche fisiche.

Roma, nel settembre 1975,  non faceva eccezione, divisa tra quartieri alti e nobiltà nera con il loro contorno di faccendieri, da una parte (si veda il nostro articolo sulla strage di Via Puccini),  un ceto medio in genere occupato nel settore pubblico e indotti vari, soprattutto di derivazione vaticana, e un popolino spesso ancora ostaggio di atmosfere alla “brutti sporchi e cattivi”, dal film di Ettore Scola. 

Il grande regista gettava uno sguardo severo sulle tentazioni vittimiste del proletariato, laddove un Carlo Lizzani preferiva fomentare l’odio sociale, mediante pellicole come “Roma bene”, che  gli esperti, nel tempo, hanno stroncato. In mezzo navigava sempre Alberto Sordi che abbandonò un momento le sue satire  dorotee per girare “Un borghese piccolo piccolo”: pellicola da sempre semignorata, pesante, cupa, in cui non emerge chiaramente se si accusino i poteri occulti o ( più probabilmente) si assecondino le più miserabili pulsioni sociali.

In questo venefico humus si sviluppa la nota vicenda. Due ragazze di periferia, Donatella Colasanti, nata nel 1958, e Rosaria Lopez, classe 1956, per qualche strana combinazione avevano conosciuto alcuni “pariolini”, come allora venivano chiamati i ragazzi ricchi e viziati, generalmente di destra, della capitale, abitassero o meno in quello specifico quartiere. Agganciate per un appuntamento con la scusa di una festa, rimaste in due contro tre per la defezione di un’amica indisposta, contravvenirono alla nota raccomandazione così in uso ai tempi, ” non salite in macchina”: lo fecero e fu la loro rovina.

Infatti difficilmente Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido, anche loro nati circa negli stessi anni, avrebbero fatto breccia con coetanee che ben li conoscevano e li schivavano. Non ci sentiamo di avallare in toto quanto si rinviene su di loro, non potendolo riscontrare con i nostri personali metodi, ma pare che il primo, figlio di un imprenditore ex olimpionico di pallanuoto, e Angelo Izzo, avessero già precedenti per reati comuni (anche stupro) e adiacenti all’estremismo politico; del secondo conoscemmo un parente, che ci raccontò di un ragazzino brillante, quasi geniale, sportivo, orgoglio familiare fino a un certo momento. Gianni invece, forse il più angelico e penalmente pulito, sembra fosse servito appunto a carpire la fiducia delle ingenue fanciulle, una barista, l’altra ancora studentessa.

Non ci crogioleremo nelle descrizioni più volte lette e ascoltate, delle orribili violenze subite dalle vittime, che nemmeno conosciamo per intero, di ciò a cui furono obbligate ( si dice, anche il sesso tra di loro), su come Rosaria fu uccisa, violentata e contemporaneamente affogata, e il resto che già saprete, ma esternare impressioni, dubbi, domande e desolazioni.

Nel tempo abbiamo appreso , e riportiamo da WIKI : “Il 29 luglio 1976 arrivò la sentenza in primo grado, che irrogò l'ergastolo senza alcuna attenuante a Gianni Guido, Angelo Izzo e in contumacia ad Andrea Ghira. Come venne poi appurato, Ghira riuscì a fuggire in Spagna e adottò il falso nome di Massimo Testa de Andres, si arruolò nel Tercio (legione straniera spagnola), da cui venne espulso per abuso di stupefacenti nel 1994. Stabilitosi a vivere a Melilla, qui morì di overdose nel 1994 e venne sepolto nel locale cimitero. La vera identità della sepoltura a nome Massimo Testa de Andres venne intuita solo nel 2005, quando nel dicembre di quell'anno il cadavere fu riesumato e identificato mediante esame del DNA come appartenente ad Andrea Ghira…Nel corso degli anni, presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati in Brasile, Kenya, Sudafrica e nel popolare quartiere romano di Tor Pignattara... Izzo e Guido…nel gennaio 1977 presero in ostaggio una guardia carceraria e tentarono di evadere dal carcere, senza successo. La sentenza viene modificata in appello il 28 ottobre 1980 per Gianni Guido e la condanna gli viene ridotta a trenta anni, dopo la dichiarazione di pentimento e l'accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento. Gianni Guido riuscì in seguito ad evadere dal carcere di San Gimignano nel gennaio del 1981 e fuggì a Buenos Aires, dove venne riconosciuto e arrestato, poco più di due anni dopo. In attesa dell'estradizione, nell'aprile del 1985 riuscì ancora a fuggire e nel giugno del 1994 fu di nuovo catturato a Panama, dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture, ed estradato in Italia”.

Su Angelo Izzo, in particolare, sempre da WIKI: “…Nel gennaio 1986 gli venne attribuito un tentativo di evasione dal supercarcere di Paliano. Il 25 agosto 1993, approfittando di un permesso premio, si allontanò dal carcere di Alessandria e riuscì a espatriare in Francia. Venne poi catturato a Parigi a metà settembre ed estradato in Italia…Nel dicembre 2004 ottenne la semilibertà dal carcere di Campobasso, su disposizione dei giudici di Palermo, per andare a lavorare nella cooperativa "Città futura". Il 28 aprile 2005 Izzo uccise Maria Carmela e Valentina Maiorano, all'epoca sotto protezione a Ferrazzano (in provincia di Campobasso) e rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, ex affiliato (poi pentito) della Sacra corona unita, che Izzo conobbe in carcere. Il delitto fu rivelato il 30 aprile da Guido Palladino e Luca Palaia, inizialmente arrestati per traffico illecito di armi.. La concessione della semilibertà, fortemente criticata dopo l'omicidio, fu causa di una polemica tra i Tribunali di Sorveglianza di Campobasso e di Palermo, i quali si accusarono l'un l'altro della paternità di tale decisione…”

Il processo per i fatti del Circeo fu fortemente politicizzato e oggi estrarre qualche brandello di verità è come mettere le mani nude in un nido d’api, che fare? 

Ora, a noi poco importa rinfocolare polemiche, appannaggio dei grandi giornalisti d'inchiesta, ma ogni volta notiamo l’asticella che si alza. Ora viene fuori che Ghira restò a Roma un mese almeno dopo i delitti, che forse non è nemmeno morto, che l’analisi della salma che va sotto il suo nome non sarebbe stata effettuata correttamente e chi s’è visto s’è visto.

Tocca di nuovo ricordare che la sopravvissuta Donatella Colasanti, poco prima di morire nel 2005, sempre rifiutando le versioni ufficiali, ancora accusava un noto magistrato fiorentino per aver coltivato il pentitismo deteriore e aver sdoganato la libera uscita di criminali pazzi e drogati, vere mine vaganti in agguato dei liberi cittadini.

Non ci resta che raccomandarvi la lettura del nostro libro " Il mostro di Firenze, John Doe in Toscana, la storia osservata da un passante” (Carmen Gueye, Eidon edizioni). Ci troverete anche questa piccola storia ignobile e scoprirete il perché.