Il Governo del cambiamento non sembra convincere le istituzioni internazionali che in relazione al nostro Paese prevedono scenari molto negativi. Non che in generale l'economia sia vista in salute. Per tutti i Paesi sono previsti rallentamenti. Però, il rallentamento per l'Italia è in pratica una brusca frenata.

Ufficialmente lo ha ribadito mercoledì il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto riassuntivo del 2018 in cui boccia le decisioni economiche del Governo del cambiamento, sottolineandone i rischi nel medio periodo anche in relazione alle conseguenze negative che potrebbero avere sul debito pubblico italiano e sulle ricadute di un suo ulteriore downgrade sulle banche del nostro Paese. Ricadute che, in base alla presenza di alcuni nostri istituti di credito in Europa, innescherebbero una sorta di reazione a catena che avrebbe conseguenze negative su tutta l'area euro.

Sulla crescita economica della zona euro, giovedì si è espressa di nuovo la Bce nel suo bollettino economico, mostrando preoccupazione per il suo inaspettato accelerarsi.

"I dati sono stati più deboli delle attese - dichiara la Bce - come risultato di un contributo in calo della domanda estera e di fattori specifici in alcuni paesi.

Sebbene alcuni fattori probabilmente siano volatili, questi dati suggeriscono una prospettiva di rallentamento della crescita".

Infine, la Commissione europea ha pubblicato le sue "previsioni economiche d'inverno 2019", confermando una frenata della crescita "in un contesto di incertezza globale".

Per Valdis Dombrovskis, Vicepresidente responsabile per l'Euro e il dialogo sociale, "si prevede che tutti i paesi dell'UE continueranno a crescere nel 2019, il che significa più posti di lavoro e più prosperità. Le nostre previsioni sono tuttavia riviste al ribasso, in particolare per le maggiori economie della zona euro.

Questa revisione riflette fattori esterni quali tensioni commerciali e rallentamenti sui mercati emergenti, in particolare in Cina. In alcuni paesi della zona euro riemergono preoccupazioni per il legame tra banche ed emittenti sovrani e per la sostenibilità del debito. La possibilità di una Brexit non ordinata crea ulteriore incertezza.

Avere consapevolezza di questi rischi crescenti significa essere a metà dell'opera; l'altra metà consiste nella scelta della giusta combinazione di politiche: agevolare gli investimenti, intensificare gli sforzi per realizzare le riforme strutturali e perseguire politiche di bilancio prudenti."

Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari economici e finanziari, ha aggiunto che "dopo il picco raggiunto nel 2017, nel 2019 l'economia dell'UE continuerà a decelerare, fino a una crescita dell'1,5 %. Il rallentamento sarà più pronunciato rispetto a quello previsto lo scorso autunno, soprattutto nella zona euro, a causa delle incertezze del commercio mondiale e di fattori interni delle nostre economie più grandi.

I fondamentali economici dell'Europa restano solidi e continuiamo a ricevere buone notizie, in particolare sul fronte dell'occupazione. La crescita dovrebbe riprendersi gradualmente nella seconda metà di quest'anno e nel 2020."

Il giudizio che la Commissione esprime sull'Italia indica la crescita del nostro Paese  abbondantemente sotto la media. Infatti, nel 2019 il Pil italiano è dato al massimo al +0,2%, un crollo verticale rispetto alla precedente previsione dove invece era indicato al +1,2%.

Una previsione dovuta solo in parte all'andamento del commercio mondiale, su cui pesano anche le incertezze legate alle politiche del nostro Governo e l'aumento dei costi di finanziamento. Così, mentre la media del Pil dell'eurozona per il 2019 è rivista al ribasso intorno all'1,3% rispetto all'1,9% delle previsioni d'autunno, per l'Italia si prospetta una quasi stagnazione.

Per Dombrovskis, sul giudizio relativo all'Italia pesa la mancanza di chiare indicazioni da parte del Governo in relazione a politiche credibili e responsabili che sostengano stabilità, fiducia e investimenti.

I due titolari del Governo, Di Maio e Salvini, non hanno ancora commentato le previsioni sopra riportate, impegnati a litigare sul sì o no alla Tav tra una pausa e l'altra della campagna elettorale per le regionali in Abruzzo, dove si voterà nel fine settimana, dove sono impegnatissimi nel promuovere i loro rispettivi candidati in quella che è diventata una sfida politica non più locale ma nazionale, per misurare la forza delle due componenti politiche che costituiscono la maggioranza che sostiene il Governo del cambiamento.