Sud, il lavoro che manca: si può anche essere artefici del proprio destino
Sono circa 180.000 i ragazzi del sud che frequentano le università del centro-nord Italia e sono almeno due miliardi di euro (DUE!) all’anno che le famiglie del nostro sud elargiscono alle città del nord, solo per “mantenere” i propri figli all’università.
Lo so, in un'epoca di sovranismo e di secessione mascherata da finta autonomia è duro sostenere questa tesi: ma i numeri sono numer .
Il dato di fatto è che se i” due miliardi due” di risorse del sud potessero restare al sud, forse si avrebbe la capacità di innescare un meccanismo virtuoso in grado sia di frenare l’esodo delle nostre menti migliori, sia di trovare migliori soluzioni per lo sviluppo della nostra gente, ma soprattutto dare un impulso all’economia locale. Restando a studiare nelle Università del Sud, questi soldi (si noti, pari a quello che il reddito di cittadinanza 2019 destina alle famiglie del "meridione") potrebbero in parte alimentare un’economia che è sempre stata asfittica e resa quasi inesistente con la crisi degli ultimi 10 anni.
Con una iniezione anche di solo un miliardo di euro all’anno, in affitti per posti letto in appartamento, tasse universitarie, spese per la cura della persona o altre spese che uno studente fuori sede sostiene durante l’anno, si potrebbero creare un discreto numero di posti di lavoro, innescando, nel contempo una spirale economica virtuosa, ovviamente a vantaggio degli stessi laureandi o laureati. Il salumiere da cui acquisto il cibo, potrà permettersi di costruire una casa e quindi avrà bisogno dell’ingegnere e così via.
Una consistente iniezione di denaro in una realtà economica produce, quello che è il cosiddetto moltiplicatore economico keynesiano, da cui a titolo esemplificativo, deriva il famoso aneddoto, coniugato in vari modi, che racconta di due signori che arrivano in un paese e pranzano in un ristorante, pagando 100 euro. Il ristoratore, a fine giornata dà quei 100 euro al proprio fornitore di frutta che il giorno dopo, con gli stessi 100 euro va a comprarsi un cellulare in un negozio di elettrodomestici; il proprietario, a sua volta va a saldare il conto di 100 euro presso il proprio meccanico…
Si sono introdotti in una economia 100 euro , ma si è dato lavoro a quattro persone, solamente facendo girare la stessa banconota da 100 euro…
I dati ci dicono come per creare un posto di lavoro nell’industria, con uno stipendio netto di 1500 euro al mese, sono necessari circa 60.000€ e per sostenerlo negli anni successivi, circa 40.000 €.
Ebbene con 15 miliardi di euro in dieci anni, quello che si spenderebbe per permettere ai nostri ragazzi di frequentare le Università del Sud, una seria politica economica e sociale potrebbe portare all’assunzione di 25000-30000 giovani, che unita ad un evidente effetto moltiplicatore di cui tanto si parla in questo periodo, potrebbe assicurare, da solo, lavoro ad almeno un terzo dei ragazzi “emigrati” al nord per studiare.
Ovviamente, non intendo semplificare, conscio che le cause sono molteplici e spesso difficilmente risolvibili, ma credo che sia necessario un segnale forte che faccia capire a noi terroni che non è emigrando che si risolvono i problemi.
E’ opportuno però, rendersi conto che mandare i propri figli a studiare altrove, quando ci sono identiche possibilità nelle vicinanze, significa sostanzialmente contribuire alla desertificazione delle nostre aree. Diventa quindi non più giustificabile lamentarsi per la mancanza di lavoro, togliendosi, giorno dopo giorno, la terra sotto i piedi.