Se ancora si crede che i reality siano un’invenzione degli ultimi vent’anni, si sbaglia forte, ma non crediamo che in giro ci sia ancora qualcuno, sia pure di 99 anni, che non l’abbia capito. Perfino i talk show, i programmi di intrattenimento con “ospiti” illustri o “testimonianze” di vita accorate e su perno anche di tutto interesse, come la salute, hanno un costrutto, un copione, sono “pettinati” come una volta li definì Carlo Freccero. 

Giusto per fare qualche nome, una data d’inizio  convenzionale può essere indicata con l’avvio di “Torti in faccia “ di Carlo Funari, in onda sull’allora Telemontecarlo, anno di grazia 1980. Campionessa della mise en scène, per lungo tempo, è stata anche considerata Alda D’Eusanio, soprattutto al tempo in cui organizzava faccia a faccia tra protagonisti di complesse situazioni familiari – ma si specificò quasi subito che, su una canovaccio ispirato a qualche fatto accaduto, si muovevano attori e non i veri coinvolti nelle varie faccenduole. 

E “Forum?” Certo, pensando al severo Sante Licheri o all’autorevole Tina Lagostena Bassi, non viene in mente una farloccata, ma, ripetiamo, non è detto che non ci sia qualche “cronaca vera” da cui parte poi la commedia. D’altro canto, bene ne trattò il film “Perdiamoci di vista”, con un allora più coraggioso Carlo Verdone. Lasciamo perdere GF, Isole, Fattorie e il resto: va tutto bene, ma di reale conosciamo solo i cachet, forse.

Cosa preferite, nella galassia? Scegliamo noi, pescando in quella che ormai è storia e, ovviamente, arriva dagli USA o da UK. 

“Ma come ti vesti?”, splendida sculacciata alle femmine  sfigate (solo di rado maschi) che inizialmente  sembrano essersi abbigliate in discarica, ma vengono sostenute fino alla definitiva resipiscenza, anche se i conti con la carta di credito a disposizione non tornano. 

“ 16 anni e incinta”, in versione americana da ribattezzare “come fabbricare un figlio per l’adozione”; in Italia, è meno chiaro come vada a finire, ma sembra allontanare i maschi dalle femminucce petulanti.

“L’amore non ha età” è un phenomena, non si sa se ridere o inorridire quando la vetusta cougar asserisce di bagnarsi per l’eccitazione, ma si tratterà di perdite urinarie.

“Sepolti in casa” è un horror puro, anche se queste situazioni riguardano più persone di quanto non si pensi in tutto il mondo, superato solo da “Io e le mie ossessioni”, dove si è vista gente innamorata dell’automobile o succhiare il sangue agli amici.

“Dire fare baciare” ci ha mostrato come le ragazzine siano già belle e rifatte prima ancora del menarca e a vent’anni si ritrovino sull’orlo del suicidio, avendo esaurito i sistemi di trasformazione, dalla mastoplastica additiva agli autoabbronzanti di ultima generazione.

Un settore  gioioso sembrerebbe quello dedicato ai matrimoni, ma attenzione, non sono tutte rose e fiori, almeno nella proposizione che arriva a noi: se l’attore Tony Rossi (ne supponiamo l’identità, perché è un soggetto misterioso), che abbiamo visto recitare in film a grosso budget, nel noto atelier di New York si permette di minacciare la stilista Pnina Thornay, perché l’abito della figlia non è stato confezionato a dovere. 

In “Abito da sposa – Beverly Hills” a Los Angeles la garrula e robusta titolare dai capelli rossi ci informa sulle gioie del politically correct; da lei infatti sfila, in cerca del tulle per il gran giorno, la qualunque: da Mamie Van Doren (ex pseudo attrice,  che si voleva rivale di Marilyn), la quale ottantenne sta per sposare il compagno molto più giovane, alla porno star che ci assicura che, fuori dal set, lei e il futuro marito si comportano come ortodossi coniugi borghesi, al ragazzino efebico in cerca dell’abito bianco per le sue nozze LGBT, alla giovinetta praticante fondamentalista sedicente illibata.

Ci hanno ovviamente deliziato anche le gare tra spose, sontuose negli States, piene di veleno in Italia, dimesse in Francia, scombiccherate in Inghilterra, dove si convola più per bere al pub che per godere una cerimonia. Per dovere di patria, va ricordato “ Il boss delle cerimonie”, dopo la morte del capo divenuto “Il castello delle cerimonie”, da cui tutti prendono le distanze, come se  quella Napoli, in realtà forse l’unica cosa vera tra tutte le fuffe, fosse una vergogna nazionale.

Naturalmente il settore “crime” è trionfante, con titoli che sono tutto un programma, la voce narrante (a volte con il conduttore a far capolino) che accompagna il nostro coinvolgimento, le ricostruzioni fotoromanzate e la sensazione che Maigret fosse assai meglio.

Tuttavia il nostro preferito, benché ormai sul viale del tramonto per raggiunti limiti di età, è lui, Younan Nowzaradan, detto Nozzy, un mezzo sosia di Romano Prodi, con “Vite al limite”. Il suo non è l’unico real dedicato alla nota problematica dell’obesità oltreoceano, e non il solo con la progressione da un attacco di vita derelitto alle magnifiche sorti progressive (la base è la stessa per tutti), ma il meglio studiato, quasi un thriller.

Si inizia con una landa desolata in Nebraska, Illinois, South Dakota, Kentucky, Idaho, dove una famiglia che non ha realizzato il sogno americano, in qualche baracca o prefabbricato, sopravvive tra sfighe di ogni genere; e racconti pulp su violenze e abusi alla base di una nutrizione che, in realtà, è fondante di quel lifestyle e le cui ragioni non vengono mai davvero spiegate.

La serie, sembra, è stata ideata dal figlio del clinico di origini iraniane (poco approfondite) e si avvale di sottofondi musicali oltremodo suggestivi, che ci accompagnano nella discesa agli inferi dei protagonisti…che, poi, non si sa bene che fine facciano. Qua e là si pescano notiziole, senza riscontro, sulla riuscita effettiva della rinascita del superobeso, che già nei titoli in premessa viene dichiarata non superiore al 5% (mani avanti) e a volte è stata interrotta dal decesso del paziente.

Ultimamente il genere "very real" declina, per sospensione da virus, ma confidiamo nella forza del business. Dunque attendiamo con trepidazione, uno per tutti, “Il salone delle meraviglie”, con Federico, il surclassatore di colleghi ben più maturi, spodestati in un due per tre, alle prese con le nuove regole: e vojo vede che combini adesso.