«L’Italia considera il Corno d’Africa un’area di massima priorità». Dopo le “missioni compiute” –in tutti i sensi – nei Paesi dell’Africa mediterranea, la due giorni di Giorgia Meloni in Etiopia si è conclusa con questa assicurazione al trilaterale con il primo ministro Abiy Ahmed Ali e il presidente somalo Hassan Mohamud: leader con i quali l’Italia intende costruire «un partenariato paritario e reciprocamente vantaggioso». Il bilancio degli incontri è «ottimo», come ha spiegato la stessa premier: tappe fondamentali per quel “Piano Mattei” che vedrà la sua messa a terra ad ottobre ma che vede già nel Mediterraneo allargato la sua proiezione geopolitica con appendici “interessate” fra i Paesi del Golfo e l’India.

Il tema dei migranti è centrale nella visita di due giorni ad Addis Abeba, dove Meloni ha incontrato il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali e il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud. La missione si conclude alla scuola italiana Galileo Galilei, il più grande istituto italiano nel mondo, con circa 940 allievi, dalla scuola dell’infanzia alle superiori. Un’occasione — che è anche un bagno di folla con gli studenti etiopi — per ribadire la sua visione sulla gestione dei migranti.

«In Consiglio dei ministri insieme a norme molto più dure sui trafficanti di esseri umani abbiamo approvato anche un decreto flussi triennale cercando di dare il messaggio che se queste nazioni ci aiutano a combattere le reti dei trafficanti noi diamo dei segnali non solo in termini di flussi regolari, ma anche di formazione e aiuti». E’ certamente innegabile che la premier Giorgia Meloni stia operando con grande impegno per mettere in atto quel piano Mattei che posa in effetti dare un sollievo ai paesi da dove parte la gran parte dei migranti diretti verso il nostro paese. Ma nello stesso tempo meloni sa anche che deve in qualche modo dare risposte su un problema che sta diventando, certo no per colpa del suo governo, una vera e propria emergenza.

Il suo alleato Salvini preme per usare maggiore fermezza nei respingimenti e nella stretta alla migrazione. Lei con grande pazienza e con arte diplomatica, che in questi mesi sta dimostrando di avere in grande quantità. cerca di mediare tra Unione europea, sempre troppo ondivaga sul tema e Quirinale che guarda con discrezione ma con grande attenzione alle mosse del governo. I suoi viaggi in Libia, Tunisia, Algeria ed ora Etiopia sono stati certamente utili per rinsaldare un rapporto con paesi strategici, che i vecchi governi avevano colpevolmente tralasciato. Ma il lavoro da fare è ancora molto e la strada tortuosa e ricca di insidie.

Ma il governo ha intenzione di prendere il toro per le corna e cercare di risolvere il problema nell'unico modo possibile e cioè cercando di agire sui paesi di provenienza dei migranti per scoraggiare l’esodo verso l’Europa. Certo se ad agire fosse la comunità europea le cose sarebbero certamente più facili. Ma si sa che su questo tasto, come su altri, l’Europa da tempo latita, e quindi giocoforza il governo non ha altra alternativa che agire per conto proprio. E per fare questo la premier ha intenzione di usare anche misure drastiche come quelle inerenti la cosiddetta "protezione speciale”, che evita a molti migranti il rimpatrio per motivazioni in certi casi al limite dell’assurdo. L’obiettivo del governo è «l’eliminazione della protezione speciale» per i richiedenti asilo, nel quadro di una strategia complessiva che prevede la linea dura contro i trafficanti di esseri umani, ma anche flussi regolari e cooperazione con i Paesi di partenza e di transito”.

E un altro terreno su cui l’Italia può avere un «ruolo » centrale è quello di essere «portavoce» negli organismi multilaterali delle necessità dei Paesi africani. Cosa che Roma sta facendo seguendo gli indirizzi decisi in sede G7, ma anche all’interno dell’Unione Europea, in cui la premier vede un cambio di prospettiva. In Africa «l’Europa è rimasta indietro» e il terreno «si recupera capendo che l’Africa è strategica», anche per riprendersi gli spazi vuoti lasciati in questi anni ad «altri attori internazionali». Perchè come ha già detto ripetutamente e ha ribadito anche in questo ultimo viaggio ad Addis Abeba la Meloni «l’Italia diventi l’hub d’Europa».

E si voterà un testo, assicurano, che non andrà contro i paletti imposti dal capo dello Stato: piuttosto sulla protezione umanitaria si tornerà a quello che lo stesso Mattarella non aveva ostacolato, cioè alla legislazione antecedente a quella del governo Conte 2. Con più severi criteri e un altro atteggiamento visto che, spiega il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti «la situazione è cambiata, le crisi di Libia, Tunisia e Turchia ci impongono di mettere un freno. Portando comunque avanti il piano Mattei, o meglio il piano Meloni per l’Africa, che l’Europa, contiamo, vorrà condividere e sostenere assieme a noi».