A fine dicembre, periodo tradizionalmente dedicato a tirare le somme di quanto accaduto nei mesi precedenti, l'Unicef ci ha fatto sapere che il 2017 è stato l'anno in cui i bambini che vivono in zone di conflitto più di sempre hanno subito un numero impressionante di attacchi, mentre le parti in lotta tra loro hanno palesemente ignorato le leggi internazionali per la protezione dei più vulnerabili.

Ciò è avvenuto in qualunque parte del mondo, tanto che in Iraq, Siria, Yemen, Nigeria, Sud Sudan e Myanmar è considerato normale che nei conflitti in corso i bambini vengano utilizzati come scudi umani, uccisi, mutilati e reclutati per combattere, oltre ad essere oggetto di stupri, matrimoni forzati, rapimenti e riduzione in schiavitù.

In alcuni casi, è anche stato registrato il paradosso che bambini rapiti da gruppi di estremisti, dopo la loro liberazione, hanno subito violenze dalle forze di sicurezza che li hanno presi in custodia. E non bisogna neppure dimenticare le conseguenze indirette di cui i minori finiscono per essere vittime, come la difficoltà - se non l'impossibilità in alcuni casi - di accesso al cibo, all'acqua, ai servizi igienici e sanitari.


Questo un riassunto di quanto avvenuto nel corso del 2017 in relazione a quanto denunciato dall'Unicef:

In Afghanistan, durante i primi 9 mesi dell’anno, circa 700 bambini sono stati uccisi.

Nel Nord Est della Nigeria e in Camerun, Boko Haram ha costretto almeno 135 bambini ad agire in attacchi bomba suicidi: un numero 5 volte più elevato rispetto al 2016.

In Repubblica Centrafricana, dopo mesi di conflitti, un rilevante incremento delle violenze ha causato la morte, lo stupro, il rapimento e il reclutamento da parte di gruppi armati di diversi bambini.

Nella regione del Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo, le violenze hanno costretto 850.000 bambini a lasciare le proprie case, mentre oltre 200 centri sanitari e 400 scuole sono stati attaccati. Si stima che 350.000 bambini abbiano sofferto di malnutrizione acuta grave.

In Iraq e in Siria, i bambini sembra siano stati usati come scudi umani, sono stati intrappolati sotto assedio, sono diventati obiettivi di cecchini e hanno inoltre vissuto intensi bombardamenti e violenze.

In Myanmar, i bambini rohingya hanno sofferto e assistito a terribili e diffuse violenze, sotto attacco e costretti a lasciare le loro case nello Stato di Rakhine, mentre i bambini nelle aree di confine negli stati di Kachin, Shan e Kayin continuano a soffrire le conseguenze delle tensioni in corso tra le Forze Armate del Myanmar e i gruppi armati delle diverse etnie.

In Sud Sudan, dove il conflitto e l’economia al collasso hanno portato alla dichiarazione di carestia in diverse parti del paese, oltre 19.000 bambini sono stati reclutati da forze e gruppi armati e oltre 2.300 bambini sono stati uccisi o feriti dall’inizio del conflitto a dicembre 2013.

In Somalia, nei primi 10 mesi del 2017, sono stati registrati 1.740 casi di reclutamento di bambini.

In Yemen, secondo dati verificati, dopo circa 1.000 giorni di combattimenti, almeno 5.000 bambini sono morti o sono stati feriti, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Oltre 11 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria. Degli 1,8 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione, 385.000 sono malnutriti gravemente e rischiano di morire se non riceveranno urgentemente cure.


«I bambini sono stati obiettivi e sono stati esposti ad attacchi e violenze brutali nelle loro case, scuole e parchi giochi - ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF. - Questi attacchi continuano anno dopo anno, ma non possiamo diventare insensibili. Violenze di questo tipo non possono rappresentare una nuova normalità.»

 

Crediti. La foto in alto è di Alessio Romenzi ed è stata scattata a Mosul, Iraq, giovedì 6 luglio 2017.