Secondo il pensiero del teologo polacco, l’amore di Cristo era così illimitato, così incommensurabile che rischiava di essere considerato dagli uomini “molto rischioso”. Egli, dimenticando e svuotando se stesso, ha cercato sempre di soccorrere gli altri. Il pericolo consiste nel “perdere se stesso” senza lasciare “nulla per se stesso”. Infatti, l’amore di Cristo poteva diventare pienamente autodistruttivo per Lui e suscitare i forti pregiudizi sulla sua persona. Le parole, la predicazione e le opere che contengono l’amore misericordioso hanno condotto Cristo alla morte sulla croce. In altre parole, “l’esistere di Cristo per gli altri”, come persona pienamente dedicata alle cose del Padre e ai fratelli, lo ha portato al Calvario[1]. In un testo del Nostro sulla morte di Gesù leggiamo: 

«Tra il cielo e la terra viene appeso il Salvatore, fuori città, rifiutato dal suo popolo; è appeso come un criminale, in mezzo a due criminali, come immagine della più terribile miseria, dell’abbandono e della sofferenza. Ma Lui assomiglia ad un condottiero che conquista le nazioni - non con la spada e le armi, ma con la croce - non per distruggere, ma per salvare, poiché la croce del Salvatore diventerà, da allora in poi, uno strumento dell’amore, di gloria di Dio, di giustizia sociale e di misericordia infinita»[2].  

 Il sacrificio di Cristo sulla croce mostra la potenza e la grandezza dell’amore di Dio che attrae gli uomini e diventa per tutti lo strumento visibile della salvezza, della gloria, della giustizia e della misericordia. 

Per questo, la prima relazione dell’amore, su cui medita il Nostro, è quella rivelata nell’azione di Dio Padre a favore del Figlio Gesù. Osserviamo che mentre Sopoćko pensa alla “prima relazione”, fa un accenno interessante su un versetto del Cantico dei Cantici, dove si dice: «forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo» (Ct 8, 6-7). Secondo il Nostro, questo brano sottolinea particolarmente la potenza e la grandezza invincibile dell’amore, riferendosi a tre forze primordiali e naturali. Infatti, parla sull’amore potente come forze naturali: la morte, il fuoco ardente e le acque dei grandi fiumi[3]. 

Notiamo che nelle lettere di san Paolo Sopoćko trova molte citazioni e un’espressione primitiva, che mostra la risurrezione in termini di azione di Dio Padre esercitata sul Figlio Gesù morto[4]. Per esempio, all’inizio della lettera ai Galati leggiamo: «Dio Padre ha risuscitato Gesù dai morti» (Gal 1,1). 

Consideriamo che il teologo polacco intende la risurrezione anche come “dinamismo amoroso e potente del Dio Padre” esercitato sul Figlio morto[5]. L’amore dinamico del Padre accoglie e nello stesso tempo unisce l’“Amante” e l’“Amato”, facendoli diventare tutt’uno.  Infatti, colui che ama aspira ad essere sempre presso l’amato, desidera diventare una sola cosa, una sola anima, un solo cuore con l’amante. L’amore tra loro è perfetto e più forte della morte. Quest’amore non diventa soltanto unità, ma anche “fedeltà perenne e creatrice”. Il Padre, desiderando il bene del Figlio, agisce e opera per il bene di Gesù, facendolo risorgere dopo il terzo giorno dalla morte. In altre parole, il Padre risuscitando il Gesù morto lo guarisce, lo salva donandogli una nuova vita. Grazie all’amore del Padre, la risurrezione trasforma il Figlio e lo fa diventare glorioso e irrepetibilmente bello. Infatti, sin dall’eternità Dio ha generato il Figlio nell’amore eterno e proprio nella gloriosa risurrezione, Egli ha trovato “una nuova generazione” ed è diventato per eccellenza “il primo vero frutto della nuova creazione”. Perciò nella resurrezione vediamo “una nuova unione” tra il Padre fedele all’amore misericordioso e il Figlio Gesù più forte della morte. Infatti, diremo che l’amore divino, creativo e fedele del Padre, “strappa” il Figlio alla morte, glorificandolo per sempre[6]. Ecco perché grazie alla risurrezione il Figlio ha potuto sperimentare «in modo radicale su di sé la misericordia, cioè l’amore del Padre che è più potente della morte» (DM 8).

 La seconda relazione è quella “verticale” del Figlio Crocefisso al Padre. Costatiamo che lungo la vita terrena di Gesù si vede un interrotto “dialogo amoroso” con il Padre[7]. Quel continuo dialogo d’amore viene interrotto drasticamente dalla morte crudele del Figlio sulla croce. In seguito all’esperienza dolorosa della croce, il Figlio ha ripreso definitivamente il “dialogo amoroso” con il Padre attraverso la gloriosa risurrezione[8]. Per questo, Gesù «fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16, 19).

A proposito questa terza relazione, su cui medita Sopoćko, è quella “orizzontale” di Cristo con l’umanità. In questa relazione, la risurrezione gloriosa ha fatto vedere che l’amore misericordioso operato a beneficio di tutti uomini non è autodistruttivo[9]. Infatti, Gesù ha amato gli uomini tanto da dimenticare se stesso. Egli durante la vita terrena esprimeva l’amore misericordioso mediante il corpo. Esattamente quel corpo fu “lo strumento efficace” e “il simbolo significativo” della misericordia, Gesù toccava i lebbrosi, abbracciava i bambini e spezzava il pane per sfamare la numerosa folla. Possiamo dire che è sempre l’amore misericordioso ad esporre al rischio di far morire quel “corpo prezioso”, con cui Gesù ha servito, ha amato e, infine, ha salvato gli altri[10]. Teniamo presente però, che nella risurrezione l’esistenza terrena corporea di Gesù raggiunge lo stato “finale e glorificato”. In altre parole, il corpo di Gesù terreno risuscitato dalla morte, che è lo strumento dell’amore misericordioso, fu “trasformato e glorificato”[11]. 

 Gesù stesso, invitando gli uomini alla sequela delle sue orme, dice: «chi perde la propria vita la salverà» (Lc 17,33). Diremo che proprio questo brano esprime esplicitamente la vita di Cristo. Egli operando e agendo secondo l’amore misericordioso, perse la propria vita per tutti gli uomini. Cristo «perdendo la propria vita, a motivo della misericordia, in realtà la salva, ottenendo una vita nuova senza fine, e cioè quella gloriosa e completa»[12]. 

La quarta relazione invece è quella tra “coloro che professano la fede nel Risorto”. Secondo il pensiero di Sopoćko, la missione messianica di Gesù è stata molto attraente. Infatti, nella missione di Gesù nulla è per imposizione, ma piuttosto per attrazione. La persona stessa di Gesù attirava verso di sé tanto affetto, gioia e interesse. Tanto è vero che Egli attirava a sé molta gente nella gloria e nella bellezza unica della risurrezione. Diremo che questa bellezza è misteriosa, ma nello stesso tempo reale, attraente, capace di suscitare nei cuori la speranza viva e la gioia immensa[13], perciò il Nostro scrive: «La vittoria del Risorto sull’inferno, sul peccato e sulla morte è la garanzia dell’eterno amore nel Regno di Dio sino alla fine dei tempi»[14].

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek


[1] Cf. ibidem, pp. 46-48.
[2] Ibidem, p. 130.
[3] Cf. M. Sopoćko,Zaufałem Twojemu Miłosierdziu, p. 29.
[4] Cf. M. Sopoćko, Dar Miłosierdzia, pp.15-16.
[5] Cf. ibidem, p. 28.
[6] Cf. M. Sopoćko, Rekolekcje o Bożym Miłosierdziu, pp. 63-68.
[7] Cf. ibidem, pp. 57-59
[8] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp. 212-215.
[9] Cf. M. Sopoćko, Rekolekcje o Bożym Miłosierdziu, pp. 71-73.
[10] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, pp. 98-99.
[11] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 255.
[12] M. Sopoćko, Zaufałem Twojemu Miłosierdziu, p. 25.
[13] Cf. M. Sopoćko, Rekolekcje o Bożym Miłosierdziu, p. 76.
[14] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 257.