Il Premio Nobel per la Letteratura 2022 è stato assegnato all'autrice francese Annie Ernaux “per il coraggio e l'acume clinico con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale”.

Nella sua scrittura, Ernaux in modo coerente e da differenti punti di vista, esamina una vita segnata da forti disparità di genere, lingua e classe. Il suo percorso verso la paternità è stato lungo e arduo.

Annie  Ernaux è nata a Lillebonne, nel dipartimento della Seine-Maritime (Francia), il 1 settembre 1940. Cresciuta a Yvetot, in Normandia, dove i suoi genitori gestivano una piccola attività commerciale, si è impegnata negli studi di lettere fino a diventare insegnante di scuola elementare. Al 1964 risalgono il suo matrimonio e la nascita del primo figlio, al 1968 quella del secondo. I due passaggi successivi nella sua carriera di insegnante sono stati l’abilitazione a insegnare nell’istruzione secondaria, nel 1967, e il conseguimento dell’abilitazione universitaria, nel 1971.

La sua opera, di carattere sostanzialmente autobiografico, segue due filoni principali. Da una parte emerge con forza il tema della ‘lotta di classe’, declinato in vari modi, a partire dal difficile accesso all’istruzione e alla cultura per la classe lavoratrice, alla quale l’autrice stessa appartiene. Dall’altra si sviluppa, già a partire dalle prime opere, un’importante ricerca autobiografica, personale e intima, che affronta, in prima persona, i temi fondamentali della condizione femminile.

L’attività di scrittrice era cominciata precocemente, negli anni della formazione, ma la pubblicazione del suo primo romanzo, Les armoires vides, è arrivata solo nel 1974 (trad. it. Gli armadi vuoti, 1996), dopo il rifiuto una decina di anni prima del suo primo testo e lunghi anni di scrittura ‘clandestina’. Il romanzo mette in scena una protagonista, Denise Lesure, costretta ad abortire. Dieci anni dopo, nel 1984, ha ottenuto il prestigioso premio Renaudot per La place (trad. it. Il posto, 2014), romanzo sulla vita di suo padre, mentre nel 1988 ha dedicato Une femme (trad. it. Una vita di donna, 1988) alla morte di sua madre, di cui ha poi raccontato gli ultimi anni di vita, segnati dal morbo di Alzheimer, in Je ne suis pas sortie de ma nuit (1997; trad. it. Non sono più uscita dalla mia notte, 1998).

Parallelamente ha realizzato una nutrita serie di scritti autobiografici che la critica, contro l’opinione della stessa Ernaux, ha catalogato nell’ambito dell’autofiction. A mettere in difficoltà la critica e il suo esercizio classificatorio è stato, e probabilmente è ancora, lo stile della scrittrice: una écriture plate, monocorde, una voce personale che pur declinata alla prima persona sa descrivere con crudele oggettività e distacco tanto la propria esperienza quanto il mondo circostante, a partire dal suo piccolo nucleo familiare (si veda in proposito soprattutto La honte, 1997, trad. it. L’onta, 1999, dove la vergogna corrisponde per la narratrice alla coscienza di classe), con una continua attenzione alle problematiche sociali e politiche.

Così Ernaux ha riscritto la propria vita, raccontando le sue più intime esperienze personali: l’adolescenza in Ce qu’ils disent ou rien (1977); il matrimonio in La femme gelée (1981); l’aborto, riprendendo in chiave personale Les armoires vides, con L’événement (2000); la gelosia in L’occupation (2002) e la scoperta della malattia, la cura e la guarigione da un cancro al seno in L’usage de la photo (2005). Ma quello che la critica è unanime nel definire il suo capolavoro è senza dubbio Les années (2008). Gli anni, quelli del titolo, trascorsi dall’infanzia, subito dopo la Seconda guerra mondiale, fino al 2006 sono raccontati attraverso le fotografie, le parole e le cose che li ricordano. La storia, la vita collettiva di un sessantennio, passano attraverso una sola vita creando una nuova forma di autobiografia.

Questa esperienza della ricostruzione attraverso il ricordo è anche al centro dell’ultimo lavoro di Ernaux, Le vrai lieu (2014). Si tratta della trascrizione di un documentario-intervista, andato in onda su France3 nel 2013 nel quale Ernaux ha raccontato il rapporto con la scrittura lungo tutta la sua esistenza. Di tutti i luoghi vissuti, visitati e raccontati il «vero luogo» è quello immateriale, non situabile da nessuna parte ma che, in un modo o nell’altro, li contiene tutti, della scrittura.



Crediti: La bibliografia e le opere di Annie Ernaux sono tratte da Treccani. Immagine: Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach