Il Quirinale svergogna Salvini (e Meloni) sui controlli antimafia, ma il leghista minaccia di voler comunque far passare una norma colabrodo

La (post) camerata Giorgia Meloni, tra l'altro presidente del Consiglio, oggi ha ricordato così Giovanni Falcone:"Il 23 maggio è la Giornata della Legalità, in memoria delle vittime della mafia. Ricordiamo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della scorta, tutti coloro che hanno sacrificato la vita per difendere i valori della legalità. E con loro, ogni vittima caduta per mano mafiosa. Il loro esempio e il loro ricordo continuano a guidare la nostra azione. Anche in loro nome, il Governo è e sarà sempre in prima linea nella lotta contro ogni forma di criminalità. Senza tregua, senza compromessi. Non dimentichiamo".
Non è stato da meno l'altro "cameratino" in erba della Lega, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini:"Trentatré anni fa, a Capaci la mafia colpiva lo Stato. Persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e i tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Simboli di legalità, giustizia, coraggio. Eroi. Il loro ricordo vive in tutti noi, il loro sacrificio continua a indicarci la strada nella lotta quotidiana contro tutte le mafie".
Meloni e Salvini, che coram populo si ergono a paladini della lotta alla mafia, di soppiatto o alla chetichella avevano inserito nel decreto infrastrutture una norma che, di fatto, avrebbe ridotto i controlli antimafia, aprendo potenzialmente la porta a infiltrazioni criminali nei grandi appalti pubblici. Il Quirinale, stavolta, ha deciso di non far finta di niente e Mattarella ha cassato la norma.
Per la precisione, si riporta la nota ufficiale dell'Ufficio stampa del Quirinale:"La norma sui controlli antimafia non era contenuta nel testo preventivamente inviato al Quirinale, ma è apparsa poche ore prima della riunione del Consiglio dei ministri. La legislazione in vigore contempla norme antimafia rigorose per le opere come il ponte di Messina. La norma proposta prevedeva invece una procedura speciale - adottata finora soltanto in casi di emergenza, come i terremoti, o di eventi speciali, come le Olimpiadi - che non risulta affatto più severa delle norme ordinarie. Basti ricordare che la procedura speciale, che veniva proposta, autorizza anche a derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia, deroghe non consentite dalle regole ordinarie per le opere strategiche di interesse nazionale".
In sostanza, il "cameratino" in erba della Lega, con il placet della (post) camerata Meloni, voleva avocare al suo ministero i controlli Antimafia. Al presidente della Repubblica si sono drizzati i capelli e ha deciso che questo tentativo di rischiare di legalizzare l'illegalità andava al di là dell'inimmaginabile ed è intervenuto.
Come è ormai noto, uno come Salvini non ha il senso della misura e neppure quello della vergogna, è così ha replicato così:
"Chiederemo il massimo del rigore, il massimo della trasparenza, più poteri al ministero dell’Interno e alle Prefetture per verificare che non ci siano infiltrazioni. Dal mio punto di vista era importante, qualcuno l'ha pensata in modo diverso: vorrà dire che sarà il Parlamento a mettere il massimo delle garanzie".
In pratica, la porcata che non è riuscito a inserire nel decreto a causa dell'intervento preventivo del Quirinale, Salvini ha minacciato di volerla inserire con un emendamento durante la sua fase di approvazione in Parlamento... e non sarà certo Meloni ad impedirglielo.
È la stessa "strana" coppia che poi pretende di far credere agli italiani di avere a cuore la lotta alla mafia!