Come ha ricordato Trump in un tweet questa mattina, la sua amministrazione è ormai ad un passo dall'approvare la riforma fiscale, uno dei perni del suo programma elettorale. Dopo il fallimento incassato con l'impossibilità di sostituire con una diversa riforma sanitaria l'Obamacare, per Trump il taglio delle tasse è il primo risultato di rilievo sul fronte della politica interna.

La riforma fiscale è passata al Senato con 51 voti a favore e 49 contrari, lo scarto minimo necessario. Le modifiche apportate dall'aula, dopo che la legge era già stata approvata nella Camera dei Rappresentanti, non hanno infatti soddisfatto il senatore repubblicano Bob Corker che chiedeva che la nuova legge includesse nel testo un automatismo che, in caso di aumento del debito pubblico rispetto a determinati parametri, le aliquote fiscali sarebbero state riadeguate in base a parametri già definiti. Corker non è stato accontentato e lui non ha votato la legge.

Il debito pubblico americano viaggia intorno ai 20 triliardi di dollari. Nei prossimi 10 anni potrebbe aumentare di altri 1,4 triliardi. Secondo gli estensori della riforma, le minori entrate provocate dalla riduzione delle aliquote saranno compensate dalle maggiori entrate provocate da un'espansione dell'economia. Ma sarà proprio così?


La riforma di Trump premierà le grandi imprese, a cui il Senato ha concesso ulteriori sgravi fiscali, e i proprietari di enormi patrimoni, due aspetti della riforma che Trump non potrà non apprezzare. Ma anche chi non è ricco potrà avvantaggiarsi di questa riforma? Sicuramente, ma va anche considerato che se lo Stato avrà meno risorse da spendere, chi è meno ricco non potrà più avvantaggiarsi di servizi gratuiti o meno costosi, così quello che risparmia da una parte dovrà spenderlo dall'altra, perché dovrà chiedere gli stessi servizi al privato.

E per il ricco non dovrebbe essere la stessa cosa? Ovviamente no, perché chi è ricco non ha mai utilizzato e mai utilizzerà servizi pubblici. Ma l'economia, comunque, potrà avvantaggiarsi di questa nuova riforma? Ma quando mai! E per capirlo, non è necessario scomodare Keynes, che qualcuno potrebbe addirittura scambiare per un pericoloso bolscevico... basta riprendere ciò che ha detto, qualche anno fa, un signore che di finanza e speculazioni ne capisce qualcosa, Warren Buffett.

La sua tesi è molto semplice. Secondo lui è assurdo - ma non dal punto di vista etico o morale, bensì da quello pratico - che chi è ricco e chi non lo è paghino in tasse la stessa percentuale di ciò che guadagnano. Per Buffet, infatti, la sua segretaria dovrebbe pagare le tasse con un'aliquota più bassa rispetto alla sua, per il semplice motivo che è inutile far sì che lui risparmi ulteriori soldi perché ha già acquistato 100 televisori e non ha bisogno di acquistarne altri. Invece, se decine e decine di migliaia di persone non ricche potessero avere più soldi in tasca, quanti più televisori si venderebbero?

Con questo semplice esempio, è evidente che la riforma di Trump sarà un fallimento e nel medio periodo creerà grossi problemi proprio a quelle persone che hanno votato per Trump.

Poiché al Senato la riforma ha subito delle modifiche, i due rami del Congresso sono stati invitati da Trump a mettersi d'accordo quanto prima per licenziare il testo definitivo in modo che lui possa firmare la legge prima delle vacanze di Natale.