«Leggo su “La Repubblica” che il ministro francese per gli Affari europei, Laurence Boone, avrebbe detto: “Vogliamo lavorare con Roma ma vigileremo su rispetto diritti e libertà” e “saremo molto attenti al rispetto dei valori e delle regole dello Stato di diritto”. Replicando lo scivolone già fatto qualche giorno fa dal primo ministro francese Elisabeth Borne. Voglio sperare che, come spesso accade, la stampa di sinistra abbia travisato le reali dichiarazioni fatte da esponenti di governo stranieri, e confido che il Governo francese smentisca immediatamente queste parole, che somigliano troppo a una inaccettabile minaccia di ingerenza contro uno Stato sovrano, membro dell’Unione Europea. L’era dei governi a guida Pd che chiedono tutela all’estero è finita, credo sia chiaro a tutti, in Italia e in Europa».

Alla dura reprimenda contro il ministro francese che per ennesima volta ha fatto una scivolata, come già era accaduto in campagna elettorale con la von der Leyen, che aveva detto una cosa molto simile a quella della ministra francese, per poi tornare sui suoi passi, travolta dalle critiche per una volta non solo dal centrodestra. Ora in "aiuto" della Meloni è intervenuto addirittura il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha zittito la Francia con un perentorio " l'Italia sa badare a sé stessa". 

E' davvero insopportabile questo atteggiamento paternalistico da parte di altri paesi che certo non possono e non devono dare lezioni di moralità, basti guardare le accuse piovute sulla testa di Sarkozy ex presidente francese, che sorrideva, nel 2011,  insieme alla Merkel di Berlusconi e  dell'Italia, o rispetto di diritti, basto guadare quello fatto per decenni ed ancora oggi dalla Francia nei confronti delle ex colonie africane. Ma tutto ciò è reso possibile perché in Italia esiste un partito, quello democratico, che ormai alla canna del gas in patria, cerca  disperatamente  di dimostrare che è ancora in vita, cercando un legittimazione da leader esteri per screditare il centrodestra ma anche il loro stesso paese. Da denotare che ancora una volta a raccogliere l'intervista della ministra francese sia stato il giornale Repubblica, sempre più allineato sulle linea perdente del suo partito di riferimento e che non vuole proprio adeguarsi al fatto che nei prossimi cinque anni governerà finalmente il governo che ha vinto le elezioni.

Ma Giorgia Meloni ha subito giustamente mostrato di che pasta è fatta ed ha rispedito al mittente le accuse, così come aveva risposto in campagna elettorale alla presidente della Commissione europea von der Leyen. I tempi della Italietta maltrattata e bistrattata in Europa, forse sono finiti, e come ha concluso nella sua nota la stessa premier in pectore “in nessun trattato c’è scritto che compete a una Nazione straniera vigilare sul rispetto dei diritti in un’altra”.