Datosi che il firmamento hollywoodiano non brilla più e il cinema è un discorso quasi chiuso, rispolveriamo gli old o quelli che stanno rilucendo da lassù: forse qualche giovane, diciamo sotto i quaranta, potrebbe veder accendersi un riflettore nuovo sullo “specchio della vita” ( a proposito, ripescatevi questo film del 1959).
Clint Eastwood, interprete e regista, è un gigante di oltre un metro e novanta, nativo di San Francisco, luogo che adora e da cui non ama allontanarsi, come molti suoi colleghi vecchio stile, tipo Charlton Heston, e non perché, come altri, fuori casa non trovava pusher, ma per abitudine consolidata e scarso interesse verso ciò che non era americano. Diverso, per esempio, il caso di un egregio attore oggi poco ricordato, William Holden ( 1918/1981), per qualcuno una spia internazionale, per altri semplicemente curioso del mondo ( ebbe perfino un incidente stradale mentre guidava in stato di ebbrezza, in Toscana e risarcì la famiglia della vittima) . Descritto come inveterato reazionario, oggi la sua figura andrebbe rivisitata; esiste anche una fondazione per l’Africa che egli tanto aveva amato.
Tanto ci tira la volata verso Clint (che aveva diretto Holden in “Breezy”), di idee conservatrici ( per un periodo fu anche il sindaco repubblicano di Carmel, dove vive), ma anche altro di cui l’introverso divo parla poco. Relegato per anni in ruoli cowboy di secondo piano, leggenda vuole che Sergio Leone lo avesse pizzicato decretandone l’adattabilità ai western all’italiana nascituri. Fu così che il californiano dagli occhi di ghiaccio venne catapultato nel nostro paese. Quanto tornò nel suo, avviò la saga di Callaghan, ma non solo. Egli vacilla felicemente tra molti generi, anche se naturalmente il suo registro non predilige la commedia brillante, virando più sull’ironico, al massimo; in ogni caso, anche nel romantico “ I ponti di Madison County” fa la sua p…. figura. Ed è già un vecchierello del set.
Quando esce “Gran Torino”, nel 2009, da lui stesso diretto, il pubblico, soprattutto europeo, rimane estasiato, e ne ha ben donde. Il rude yankee di origini mitteleuropee, nauseato dal mondo moderno, che troverà energia e tragedia sacrificale nel mondo immigrato che fino ad allora non aveva considerato degno nemmen di uno sguardo, farà plaudere al suo rinnovato sguardo verso la società. Gli applausi stanno ancora scrosciando, allorché Clint ci intrattiene con la sua scena irridente nei confronti di Barack Obama, la sedia vuota, il sarcasmo verso quello che evidentemente per lui è non una visione progressista, ma un teatrino dem.
La sua vita sentimentale è turbolenta come da copione, tra mogli, numero imprecisato di figli e una lunga relazione con la scheletrica collega Sondra Locke, che egli valorizzerà sullo schermo ricevendone in cambio, a relazione conclusa, feroci critiche dal punto di vista umano.
In realtà, Eastwood è un conservatore libertario alla Rudolph Giuliani e l’unica sua fissazione è l’odio inveterato contro le politiche statali; chissà come si comportava quando era sindaco, una carica che, in base alle sue opinioni, oggi potrebbe anche scomparire. Ma noi lo adoriamo sempre.
Ed ora un tributo ad Olivia de Havilland, cari i miei pischelli, una signora involatasi via nel 2020, alla bella età di 104 anni a Parigi, dove viveva dopo le seconde nozze col giornalista francese Pierre Galante, poi ex ma sempre amico. Nata a Tokio per via del lavoro del padre avvocato britannico, da una mamma attrice che, dopo il divorzio, supporterà entrambe le figlie in carriera, era sorella di Joan Fontaine, un’altra star con cui litigherà poi a sangue, con il tipico odio sororale imperituro. Olivia non è nota per la bellezza ( forse Joan era più carina), ma ha un curriculum sfolgorante, ove naturalmente spicca la parte di Melania in “Via col vento”, opera prima scritta e poi cinematografica che da sola, se approfondita, vi avrebbe tenuto impegnati per tutto il lockdown primaverile: se non l’avete fatto, vi invitiamo a colmare la lacuna.
De Havilland ha patito, oltre al rancore in famiglia, anche il dolore della morte del primo figlio, un matematico, ma ha tenuto duro, trovando ancora la forza di polemizzare, nel 2017, per la raffigurazione della sua persona nella fiction Feud, in effetti di scarso successo, nonostante la presenza di Catherine Zeta Jones.
Nessuno si porterà i numerosi Oscar nell’altro mondo…o sì? Intanto, giovinotti e signorine, voi studiateveli, male non vi farà.