Che fare del PD?
Dopo il terremoto elettorale di questa ultima tornata, le analisi del voto e la ricerca delle cause del tracollo del PD si sono diffuse a macchia d'olio ed in ordine sparso, ma da nessuna parte si è sentito fare questo semplicissimo discorso.
Questa volta gli elettori sono stati mossi da due fattori, la voglia privata di farsi mantenere dal pubblico nell'attesa, forse vana, di un'occupazione "di gradimento" e il rifiuto degli immigrati.
Due legittimi stati d'animo dell'elettorato, ma che come programmi di governo potranno durare da Natale a S.Stefano in quanto assolutamente inadeguati all'amministrazione di un paese di 60 milioni di abitanti inserito nelle prime dieci posizioni come importanza industriale ed economica e che vanta il più vasto "giacimento" di beni artistici e culturali esistente al mondo.
E' pertanto facile profezia ipotizzare che chi andrà al governo sulle suddette basi poi si troverà ad affrontare problemi non dichiarati in campagna elettorale e il problema ancora più grosso del mantenimento delle promesse elettorali.
Le opzioni di cui si dibatte ora all'interno del PD, come noto, sono due: o cercare in qualche modo di inserirsi nell'inevitabile ammucchiata che verrà, o mantenere la sua storia e la sua identità, passando in "in blocco" all'opposizione.
Nel primo caso sarà inesorabile la sua dissoluzione visto l'inevitabile coinvolgimento nei futuri, prevedibili, tradimenti delle promesse pro urna, e quindi inevitabile sarà la sua definitiva scomparsa, nel secondo, in base al vecchio detto: "Siediti sulla sponda del fiume e sicuramente vedrai passare il cadavere del tuo nemico" potrà ripresentarsi alla prossima tornata, che non è improbabile sia molto vicina, con un programma serio e seriamente rappresentato ai cittadini che speravano di farsi mantenere dallo Stato e speravano di veder liberato il loro quartiere dagli insediamenti dei profughi e si sono resi conto che poi nulla di questo è avvenuto.