Esteri

Papa Francesco al simposio "Per una teologia fondamentale del sacerdozio"

La presentazione del Simposio "Per una teologia fondamentale del sacerdozio"da parte del Cardinale Marc Ouellet,  Prefetto della Congregazione dei Vescovi, (che ha presieduto i lavori della prima giornata) si è aperta con il sincero rammarico e la richiesta di perdono per gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La Chiesa chiede ancora perdono al popolo di Dio e reputa necessario combattere la mentalità clericale di potere, soprattutto da parte di quelli che il Papa definisce “chierici”.

Papa Francesco ha poi aperto il Simposio il cui obiettivo è, secondo le sue parole, quello di approfondire il sacerdozio di Cristo.  

Sullo sfondo il dramma degli abusi ed il ruolo della donna nella Chiesa. Per Francesco: ” La vita di un sacerdote è anzitutto la storia di salvezza di un battezzato. Non dobbiamo mai  dimenticare che ogni vocazione specifica, compresa quella all’Ordine, è compimento del Battesimo. 
È sempre una grande tentazione vivere un sacerdozio senza Battesimo, senza cioè la memoria che la nostra prima chiamata è alla santità. Essere santi significa conformarsi a Gesù e lasciare che la nostra vita palpiti con i suoi stessi sentimenti (cfr Fil 2,15)”. Incoraggiante per tutti i presenti è stata la presenza del Papa in un momento in cui la vita di molti chierici “Non ha sapore di Vangelo”. 

Il Papa ha poi elencato le Quattro “vicinanze” (una sorta di nuovo catechismo per il sacerdozio) che possono aiutare in modo pratico, concreto e speranzoso a ravvivare il dono e la fecondità che un giorno sono stati promessi . Per realizzare la vocazione alla santità il sacerdote deve crescere con la convinzione di continuare ad “essere evangelizzato”. In primo luogo la vicinanza a Dio. Cioè vicinanza al Signore delle vicinanze.

«Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» (Gv 15, 5-7).  Un  sacerdote  è  invitato  innanzitutto  a  coltivare  questa vicinanza,  l’intimità  con  Dio,  e  da tale relazione potrà attingere tutte le forze necessarie per il suo ministero. Poi il Papa ha menzionato la vicinanza al vescovo.

Questa seconda vicinanza per molto tempo è stata letta solo in maniera unilaterale. “Come  Chiesa troppo  spesso,  e  anche oggi,  abbiamo dato dell’obbedienza un’interpretazione lontana dal sentire del Vangelo. L’obbedienza non è un attributo disciplinare ma la caratteristica più profonda dei legami che ci uniscono in comunione. Obbedire significa imparare ad ascoltare e ricordarsi che nessuno  può  dirsi  detentore della  volontà  di  Dio,  e  che essa  va  compresa  solo attraverso  il discernimento”. L’obbedienza quindi va intesa come l’ascolto della volontà di Dio che si discerne proprio in un legame. 

La terza Vicinanza è quella tra presbiteri. È proprio a partire dalla comunione con il vescovo che si apre la terza vicinanza, che è quella della fraternità. Papa Francesco ha ribadito che Gesù si manifesta lì dove ci sono dei fratelli disposti ad amarsi: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Anche la fraternità come l’obbedienza non può essere un’imposizione morale esterna all’individuo. Fraternità è scegliere deliberatamente di cercare di essere santi con gli altri e non in solitudine. Poi il Papa ha citato un proverbio africano che dice: “Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, vai con gli altri”.

Last but not least, la vicinanza al popolo.

«Molte volte ho sottolineato come la relazione con il Popolo Santo di Dio è per ciascuno di noi non un dovere ma una grazia. L’amore per la gente è una forza spirituale che favorisce l’incontro in pienezza con Dio» (Evangelii gaudium, 272).

Ecco perché il posto di ogni sacerdote è in mezzo alla gente, in un rapporto di vicinanza con il popolo.  Il Papa ha sottolineato  nella  Evangelii  gaudium  che  per essere  evangelizzatori  autentici  occorre  anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. “Quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo  amore  che  ci  dà  dignità  e  ci  sostiene,  però,  in  quello stesso  momento,  se  non  siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguardo di Gesù si allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo”. Affrontare la concretezza dell’oggi significa non avere una scarsa vita di preghiera. Per Papa Francesco un sacerdote senza vita di preghiera è solo un operaio stanco che manca di vicinanza con Dio e che farà una vita da scapolo o da “scapolone” .

Il gesuita Francesco ha concluso con l’insegnamento di Ignazio di Loyola: “Seguendo l’insegnamento di Sant’Ignazio che «non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente» (Esercizi spirituali, Annotazioni, 2, 4), ai vescovi e ai sacerdoti farà bene domandarsi “come vanno le mie vicinanze”, come sto vivendo queste quattro dimensioni che configurano il mio essere sacerdotale in modo trasversale e mi permettono di gestire le tensioni e gli squilibri con cui ogni giorno abbiamo a che fare.

Queste quattro vicinanze sono una buona scuola per “giocare in campo aperto”, dove il sacerdote è chiamato, senza paure, senza rigidità,  senza ridurre o impoverire la missione”. 

Autore Carlo Marino
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