«Stiano attraversando momenti di difficoltà - ha detto questo lunedì papa Francesco, parlando agli ambasciatori presso la Santa Sede riuniti nella Sala Regia per la tradizionale presentazione degli auguri per il nuovo anno - con il riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano la vocazione delle Organizzazioni internazionali ad essere spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi.»
Con poche parole, il Papa ha tracciato il quadro della situazione politica attuale a livello mondiale evidenziandone i principali problemi, che rispecchiano purtroppo alla perfezione anche quanto accade in Italia.
«Ciò è in parte dovuto a una certa incapacità del sistema multilaterale di offrire soluzioni efficaci a diverse situazioni da tempo irrisolte, come alcuni conflitti "congelati", e di affrontare le sfide attuali in modo soddisfacente per tutti.
In parte, è il risultato dell'evoluzione delle politiche nazionali, sempre più frequentemente determinate dalla ricerca di un consenso immediato e settario, piuttosto che dal perseguimento paziente del bene comune con risposte di lungo periodo.
In parte, è pure l'esito dell'accresciuta preponderanza nelle Organizzazioni internazionali di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, innescando nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell'identità, della dignità e della sensibilità dei popoli.
In parte, è la conseguenza della reazione in alcune aree del mondo ad una globalizzazione sviluppatasi per certi versi troppo rapidamente e disordinatamente, così che tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione.»
E quale sarebbe la soluzione? «Bisogna dunque prestare attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista ciò che è locale. Dinanzi all'idea di una "globalizzazione sferica", che livella le differenze e nella quale le particolarità sembrano scomparire, è facile che riemergano i nazionalismi, mentre la globalizzazione può essere anche un'opportunità nel momento in cui essa è "poliedrica", ovvero favorisce una tensione positiva fra l'identità di ciascun popolo e Paese e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto è superiore alla parte.»
E rifacendosi, al discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite, il Papa ha ricordato la definizione che ne fece di «Ponte tra i popoli», oltre a sottolineare che «la pace non si costruisce soltanto con la politica e l'equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace».
Il Papa ha poi parlato dei passi avanti nella soluzione dei conflitti in alcune aree geografiche, esprimendo l'auspicio che se ne facciano anche per altri aperti da anni come quello tra israeliani e palestinesi, manifestando preoccupazione per la ripresa del riarmo, persino nucleare, e sottolineando la necessità di salvaguardare l'ambiente, a partire dal clima.
Una menzione anche per la prossima ricorrenza dell'11 febbraio , quando si celebreranno i novanta anni dei Patti Lateranensi, in seguito ai quali nasceva lo Stato della Città del Vaticano.
«Si chiudeva così il lungo periodo della "questione romana" seguito alla presa di Roma e alla fine dello Stato Pontificio. Con il Trattato Lateranense la Santa Sede poteva disporre di "quel tanto di territorio materiale che è indispensabile per l'esercizio di un potere spirituale affidato ad uomini in beneficio di uomini", come ebbe ad affermare Pio XI, e con il Concordato la Chiesa poté nuovamente contribuire appieno alla crescita spirituale e materiale di Roma e di tutta l'Italia, una terra ricca di storia, di arte e di cultura, che il cristianesimo ha contribuito a forgiare.»
Nel suo intervento il Papa ha parlato anche di migranti: «Tra i deboli del nostro tempo che la comunità internazionale è chiamata a difendere ci sono, insieme ai rifugiati, anche i migranti.
Ancora una volta desidero richiamare l'attenzione dei Governi affinché si presti aiuto a quanti sono dovuti emigrare a causa del flagello della povertà, di ogni genere di violenza e di persecuzione, come pure delle catastrofi naturali e degli sconvolgimenti climatici, e affinché si facilitino le misure che permettono la loro integrazione sociale nei Paesi di accoglienza.
Occorre poi che ci si adoperi perché le persone non siano costrette ad abbandonare la propria famiglia e nazione, o possano farvi ritorno in sicurezza e nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani. Ogni essere umano anela a una vita migliore e più felice e non si può risolvere la sfida della migrazione con la logica della violenza e dello scarto, né con soluzioni parziali. |...|
In pari tempo, sono consapevole che le ondate migratorie di questi anni hanno causato diffidenza e preoccupazione tra la popolazione di molti Paesi, specialmente in Europa e nel Nord America, e ciò ha spinto diversi governi a limitare fortemente i flussi in entrata, anche se in transito. Tuttavia, ritengo che a una questione così universale non si possano dare soluzioni parziali. Le recenti emergenze hanno mostrato che è necessaria una risposta comune,concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati.
In tale prospettiva, la Santa Sede si è adoperata attivamente nei negoziati e per l'adozione dei due Global Compacts sui Rifugiati e sulla Migrazione sicura, ordinata e regolare.
In particolare, il Patto sulle migrazioni costituisce un importante passo avanti per la comunità internazionale che, nell'ambito delle Nazioni Unite, affronta per la prima volta a livello multilaterale il tema in un documento di rilievo.
Nonostante la non-obbligatorietà giuridica di questi documenti e l'assenza di vari Governi alla recente Conferenza delle Nazioni Unite a Marrakech, i due Compacts saranno importanti punti di riferimento per l'impegno politico e per l'azione concreta di organizzazioni internazionali, legislatori e politici, come pure per coloro che sono impegnati per una gestione più responsabile, coordinata e sicura delle situazioni che riguardano i rifugiati e i migranti a vario titolo.
Di entrambi i Patti, la Santa Sede apprezza l'intento e il carattere che ne facilita la messa in pratica, pur avendo espresso riserve circa quei documenti, richiamati nel Patto riguardante le migrazioni, che contengono terminologie e linee guida non corrispondenti ai suoi principi circa la vita e i diritti delle persone.»
Inutile ricordare come tra i vari governi che non hanno siglato il Global Compact ci sia anche l'Italia.