"Solo un numero rimbomba nella mia mente come per il piccolo Giuseppe: UNO. Un innocente." Claudio il tuo nome non si dimentica, la tua anima candida e indifesa vive ancora tra noi. Porteremo avanti la tua storia per renderti eterno. Ciao piccolo non sentirti solo lassù, perché siamo tutti con te. Per non dimenticare...

Così Marina Paterno, autrice del libro "Ho sconfitto la mafia...", replica al post di Massimo Sole che ricorda Claudio Domino, vigliaccamente ha giustiziato a soli 11 anni, che oggi avrebbe compiuto 44 anni.

Chi è Massimo Sole? Massimo è il fratello di Giammatteo Sole, vittima innocente di mafia. Ucciso, dopo esser stato prima barbaramente torturato ed il suo corpo dato alle fiamme, a soli 23 anni, perché era il fratello della fidanzata di Marcello Grado, figlio del mafioso Gaetano, pentitosi dopo il suo arresto nel 1989.

Massimo Sole e Marina Paterna si sono conosciuti qualche tempo fa durante la presentazione del libro "HO SCONFITTO la mafia. IO SONO VIVO!" scritto dalla Paterna in memoria di un’altra piccola vittima innocente di mafia: Giuseppe Di Matteo.

Questa, invece, è la storia di Claudio Domino, così come l'ha riassunta Marina Paterna, insieme alla dinamica del suo omicidio.

Erano circa le 21.00 la sera del 7 ottobre 1986 a Palermo, quando Claudio Domino stava passeggiando in via Fattori in compagnia di due amichetti.

Il padre non era molto distante da lui. Claudio, come ogni bravo ometto di casa era andato a fare una commissione per la mamma, comprare il pane per la cena. La madre Graziella conosceva bene la zona perché proprio lì aveva una cartoleria, punto di riferimento storico per tutti i bambini che dopo o prima della scuola si rifornivano prima dei compiti in classe, per comprare penne, gomme colorate e profumate per rallegrarsi un po’ con i compagnetti di classe.

La signora Graziella aveva un dono speciale, regalare sorrisi ad ogni bambino che uscisse da lì. Lei li amava tutti come fossero i suoi. E questo la mafia lo sapeva bene. Ma sono circa le nove ed una moto Kawasaki, di grossa cilindrata si avvicina ai tre bambini.

Un uomo con il volto coperto dal casco però ne chiama solo uno, dicendo: “Claudio vieni qui, avvicinati”. Claudio si avvicina con la sua spontaneità, curioso di conoscere chi fosse l’uomo senza volto, nascosto dietro quello scuro casco che, con la destrezza di un felino tira fuori una pistola calibro 7,65 e, a meno di un metro di distanza, senza colpo ferire 3,2,1,0 gli spara dritto in fronte, in mezzo agli occhi.

Claudio Domino muore così con l’innocenza di un bambino davanti gli occhi di tutti; come un interruttore che ha solo due tasti on e off. Due comandi implacabili.

Il movente? Varie le piste seguite. Molti i dubbi ancora aperti e irrisolti. Abbiamo appena detto che la madre era proprietaria di una cartoleria, il padre invece era un impiegato della compagnia telefonica SIP. Insieme avevano creato 2 compagnie di pulizie, una di queste era La Splendente e proprio in quell’anno avevano vinto l’appalto per effettuare le pulizie all’interno dell’aula bunker del tribunale di Palermo.

S’ipotizza che qualcuno avesse chiesto alla famiglia di poter portare dei messaggi all’interno dell’edificio e che rifiutatisi di obbedire furono così puniti.

Fu Giovanni Bontade però, processato al maxiprocesso, che lesse a nome di tutti i detenuti un comunicato dalla sua cella. Comunicato in cui dichiarava la sua totale estraneità all’omocidio che definì un “gesto barbaro”.

Si seguì immediatamente un’altra pista secondo la quale si pensò che il piccolo fosse stato testimone oculare ed involontario del rapimento di Sergio Di Fiore e Paolo Salerno. Ma ecco che invece, secondo il pentito di mafia Giovanbattista Ferrante, Claudio sarebbe stato ucciso perché testimone di uno scambio di droga tra due uomini.

Fu così che Claudio Ferrante dichiarò di essere stato "il killer del presunto killer" dell’assassino del bambino Salvatore Gabriele Graffignano. Omicidio commissionato da Giovanni Brusca poiché, come dichiarato in quegli anni, era in corso una guerra per aggiudicarsi lo spaccio di droga.

La verità su questo triste caso purtroppo tarda ad arrivare, tante le ipotesi, le illazioni e le chiacchiere ma "solo un numero rimbomba nella mia mente come per il piccolo Giuseppe Di Matteo: Uno. UN INNOCENTE."