Cronaca

Morte cerebrale per l'altro bambino gettato dalle scale nel carcere di Rebibbia. Unicef: attuare la legge 62 del 2011

Martedì, una donna tedesca di 30 anni, nel carcere di Rebibbia per reati legati allo spaccio di droga, ha gettato dalle scale della sezione nido i propri figli, uno di 4 e l'altro di due anni. Il primo è morto sul colpo, l'altro è stato ricoverato in condizioni disperate presso l'ospedale Bambino Gesù.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha fatto poi un sopralluogo nel carcere insieme al capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Basentini. In attesa dei risultati dell'inchiesta, il ministro ha sospeso la direttrice e la vicedirettrice della sezione femminile del carcere, insieme al vicecomandante del reparto di Polizia Penitenziaria.

Per il bimbo sopravvissuto, non ci sarebbero più speranze, poiché in un bollettino, l'ospedale ha fatto sapere che gli esami effettuati hanno indicato uno stato di "coma reflessico con elettroencefalogramma isoelettrico" e, in conseguenza di ciò, sono state avviate le procedure necessarie per accertarne l'avvenuta morte cerebrale.

Per Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef in Italia, «i recenti fatti di cronaca riportano all’attenzione la grave situazione dei bambini in carcere al seguito delle madri detenute».

A tale scopo, l'Unicef chiede che «nessun bambino sia privato della propria libertà e della possibilità di vivere in un ambiente a misura di bambino e favorevole ad un sano sviluppo fisico e psicologico» tramite «la piena attuazione della legge 62 del 2011 che prevede che le madri detenute e i loro bambini trovino accoglienza nelle case famiglia protette».

Autore Monica Maggiolini
Categoria Cronaca
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