Economia

Crescita economica in Europa nel 2019: l'Italia è maglia nera

Pubblicate le previsioni economiche della Commissione europea (ancora quella che fa capo a Juncker) per l'autunno 2019.

Qual è la fotografia dell'Italia? Che siamo gli ultimi in Europa in relazione alla crescita, che per fine anno è prevista non superiore allo 0,1%, mentre nel 2020 è ipotizzata dello 0,4% e l'anno successivo dello 0,7%.

Se queste sono le previsioni di crescita, anche sul fronte occupazionale non possiamo attenderci miracoli, con la disoccupazione che rimane stabile intorno al 10% nei prossimi tre anni, mentre l'unico dato che dovrebbe essere in calo continuerà invece a crescere, il debito pubblico che nel 2019 raggiungerà il 136,2%, il 136,8% nel 2020 e il 137,4% nel 2021.

Il giudizio della Commissione europea sulla nostra crescita, definita stagnante dal 2018, non è che la ripetizione di quanto già è ben chiaro a chiunque. Magra consolazione il fatto che a farci compagnia sia quest'anno la Germania, penultima in Europa, con un Pil stimato allo 0,4%. Però, dal prossimo anno la Germania continuerà a crescere a ritmi dell'1%.

A parte la crescita record di Irlanda (5,6% nel 2019) e Malta (5%), le performance migliori in base al Pil sono tutte da registrare nei Paesi dell'Est - Ungheria 4,6%, Polonia e Romania 4,1%, Bulgaria 3,6%, Lituania 3,8% - a testimonianza della folle strategia fin qui messa in essere dall'Ue, che ha favorito la migrazione della produzione verso i Paesi dove il costo del lavoro è più basso e minori sono i diritti concessi ai lavoratori.


I commissari economici hanno così commentato i dati presentati oggi.

Valdis Dombrovskis: "L'economia europea si è finora dimostrata resiliente in un ambiente esterno meno favorevole: prosegue la crescita economica, la creazione di posti di lavoro è vigorosa e la domanda interna robusta. Potremmo tuttavia trovarci in futuro in situazioni difficili: abbiamo davanti un periodo di grande incertezza dovuto ai conflitti commerciali, alle crescenti tensioni geopolitiche, alla persistente debolezza del settore manifatturiero e alla Brexit.

Esorto, da una parte, tutti i Paesi dell'Ue con livelli elevati di debito pubblico a perseguire politiche di bilancio prudenti e a intraprendere un percorso di riduzione del livello del debito. Dall'altra parte, invito gli Stati membri che dispongono di margini di bilancio a utilizzarli fin d'ora.

Una serie di rischi potrebbe comportare una crescita inferiore rispetto a quella prevista. L'intensificarsi dell'incertezza o un aumento della tensione nelle relazioni commerciali e a livello geopolitico potrebbe rallentare la crescita, così come potrebbe agire da freno un rallentamento più marcato del previsto in Cina.

Rappresentano un rischio l'eventualità di una Brexit disordinata e la possibilità che la debolezza del settore manifatturiero possa avere effetti di ricaduta più evidenti sui settori orientati verso il mercato interno".


Sulla stessa linea Pierre Moscovici: "L'economia europea vive il suo settimo anno consecutivo di crescita e, secondo le previsioni, continuerà a crescere nel 2020 e nel 2021. I mercati del lavoro restano solidi e la disoccupazione continua a diminuire.

Tuttavia l'ambiente esterno è diventato molto meno favorevole e regna l'incertezza, con ripercussioni soprattutto sul settore manifatturiero, che sta anche vivendo cambiamenti strutturali.

Con il perdurare delle tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina e gli elevati livelli di incertezza sul piano politico, in particolare per quanto riguarda il commercio, hanno frenato gli investimenti, l'industria manifatturiera e gli scambi internazionali.

Con una crescita del Pil globale destinata a restare modesta, la crescita in Europa dipenderà dalla forza dei settori maggiormente orientati verso il mercato interno (per l'Ue nel suo complesso, si prevede un aumento del Pil dell'1,4% per i prossimi 3 anni)".

Autore Mario Falorni
Categoria Economia
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