Conosciamo da alcuni studi effettuati  proprio da ricercatori italiani che sono le prime due settimane del contaggio che sono determinanti per la prognosi ed esiti dell’infezione da corona Virus.

Più il virus riesce a proliferare e diffondersi nelle cellule delle basse vie aeree e quindi degli alveoli polmonari dove avvengono gli scambi ossigeno e Co2, più la patologia che innesca può essere grave, anche mortale.

Il virus quando entra nell’organismo viene contrastato dalle nostre difese immunitarie: la prima barriera che deve superare sono le secrezioni salivari e delle prime vie aeree. Se la carica virale è grande e se le difese immunitarie sono scadenti  (anziani, ammalati, immunodepressi) ecco che il virus si fa strada sempre più in basso nei polmoni.

Ugualmente, il virus sembra propagarsi facilmente nei polmoni se il contagio coincide con sforzi fisici, allenamenti che comportano maggiori flussi di aria inspirata nei polmoni.

Se il virus giunge in grande quantità negli alveoli polmonari, saltando precocemente tutte le prime difese delle prime vie aeree, acquista diciamo un vantaggio e la risposta immunitaria tardiva gli consente di continuare a replicarsi nelle cellule infettate.  

Il virus oltre a tutta una serie di manifestazioni extra polmonari (ad esempio cutanee, renali ecc.) sembra, dalle osservazioni fatte, avere conseguenze negative per i polmoni. Era ovvio aspettarsi questo dopo Covid.

Infatti, il tessuto cicatriziale che si forma dopo la guarigione a seguito dell’infiammazione,  porta alla riduzione del tessuto polmonare e pare che in un 30% dei casi ci saranno esiti invalidanti da tenere sotto controllo, per il rischio di insufficienza respiratoria.

Ulteriori info:
www.preprints.org/manuscript/202004.0436/v1