Come ha osservato giustamente qualcuno, diventa improprio parlare solo di migrazioni, dovendo piuttosto definirsi, con terminologia ontologicamente diversa,  esodi epocali.

Inizia infatti a stare stretto il sostantivo immigrazione. Questa si verifica sulla spinta di bisogni primari e in presenza di una vistosa sperequazione tra le condizioni dei popoli (quantomeno, se è vissuta come tale).

Dalla caduta del muro di Berlino in avanti, abbiamo assistito a tali diaspore per motivi disparati: cadute le barriere dei paesi dell'est, si partiva da luoghi dove non necessariamente si moriva di fame, ma la televisione portava immagini sfavillanti del mondo migliore. Ciò è avvenuto per romeni o albanesi, per russi o polacchi.

Naturalmente registriamo il fenomeno delle badanti, sudamericane, piuttosto che moldave o ucraine, ma attenzione: si tratta di una presenza spiccatissima soprattutto in Italia, dove il traballante welfare ha creato un'abnorme domanda.

Il continente più bersagliato dalle disgrazie rimane l'Africa. Non è questa la sede per complesse disamine sociologiche, che lasciamo agli studiosi del settore. Poi sono subentrati i territori di guerra, la Siria come il Vietnam o la Corea di decenni fa.

Naturalmente, per scansare l'accusa di buonismo ipocrita, non possiamo nasconderci la dura realtà: tra chi scappa, non mancano finti profughi o personaggi detenuti, evasi sfuggiti alla giustizia in patria: è sempre accaduto, d'altronde, dacché si migra.

Se ragionassimo come fanno di solito i tuttologi, ci affretteremmo a trovare le colpe un tanto al peso: sottovalutazione dell'emergenza e dei prodromi che avrebbero fatto esplodere lo scontento, ricorso a sistemi dozzinali e brutali, strumentalizzazioni di opposta tendenza.

Non vogliamo apparire qualunquisti, ma inevitabilmente il pensiero va ai tempi in cui, nel dopoguerra, si creavano o potenziavano organismi che, così ci promettevano, nel bene o nel male cui sono esposte le vicende umane, avrebbero garantito il minimo sindacale ad ogni essere che veniva al mondo: e dunque ONU, FAO, UNICEF, e conferenze e cooperazioni e scambi , e la libera economia e il villaggio globale, e alla fine? Risultato?