Un prezioso principio di diritto romano viene espresso dal brocardo "neminem laedere", ossia "non offendere". Discende a sua volta dalla regola aurea ultramillenaria del "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te". Impresso perfino nel Codice di Hammurabi, la prima raccolta di leggi di cui siamo a conoscenza, risalente a circa 4.000 anni fa, dall'antica terra di Babilonia.
Il principio specifico del neminem laedere s'incarna soprattutto nel nostro diritto civile. Ma trattandosi di una regola di convivenza essa si sostanzia nel generale divieto di ledere un diritto altrui, proiettandone l’apprezzabilità in qualunque altro ramo del diritto: penale, costituzionale e comunitario. Per esempio in termini di diritti umani l'habeas corpus è l'ultimo avamposto di tutela della dignità umana intesa come libertà personale, e la sua lesione discende pertanto dalla violazione del principio generale del neminem laedere.
In questi giorni si sta parlando di un paio di casi riferiti a persone che avrebbero manifestato dell'odio nei confronti di membri dell'attuale governo. Uno di questi casi ha certamente rilevanza penale in quanto si è avventurato nelle note minacce alla Meloni e alla figlia. L’altro caso, che riporto qui nel video (dalla trasmissione "Quarta Repubblica" di Rete 4, del 5/12/2022), non ha invece alcuna rilevanza civile o penale.
Questo secondo caso è quello che più si accosta alla cosiddetta “Legge del taglione”, altrimenti detta “Occhio per occhio, dente per dente”. Da radici antiche probabilmente come la specie umana, ma vigente come legge conosciuta a partire dalla civiltà babilonese e passando per quella romana, contaminando testi cattolici, islamici, e di religioni varie, e ancora in auge presso diverse tribù e culture (si pensi alla pena di morte ancora vigente in alcuni “civilissimi” paesi di questo strano mondo). Sostanzialmente, rappresenta il diritto alla “vendetta” della parte lesa, in virtù di quel principio del neminem laedere.
L’occhio per occhio in Italia lo abbiamo superato da un pezzo, obbligandoci – come è giusto che sia – a ricorre ai mezzi di contrasto che prevede la legge. Ma c’è un problema: non tutti hanno la capacità di poter reagire all’offesa facendo valere le loro ragioni presso le giurisdizioni idonee.
Piero Calamandrei, giurista e padre costituente, soleva dire: «"La legge è uguale per tutti" è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l'aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria» (in “Processo e Democrazia” – Padova, Cedam 1954).
Il cittadino poco abbiente, cosciente di questo incontestabile (e intollerabile) limite, e osservando con ben poche possibilità di difesa delle politiche di welfare e lavoro inaccettabili in tema di salari da schiavi, contratti collettivi vecchi da decenni, attacchi continui al RdC, disoccupazione incipiente, aumento delle bollette, è parecchio tentato d’invocare la vecchia legge del taglione.
Gliene ne vogliamo fare una colpa esclusiva?
O qualcuno lo sta mettendo così alle strette, umiliandolo anche, dall’indurlo a dare di matto?
Il cittadino, comprensibilmente, si infuria ancor di più quando si vede anche umiliato e maltrattato da politici (che ora sono al governo) i quali usano toni quali “metadone di stato”, “questi vogliono la paghetta”, “stanno sul divano”, “ma non si vergognano a farsi pagare per non fare niente”, e via discorrendo. E addirittura si rischia una crisi nervosa quando personaggi che devono orientare la scuola scambiano l’umiltà con l’umiliazione stravolgendo la pedagogia più elementare; o arrivano a ipotizzare di diminuire le tasse per le transazioni finanziare mentre nel frattempo aboliscono anche il bonus ai 18enni; e non paghi attaccano anche la giustizia con un ipergarantismo folle e ingiustificato a dar sconti di pena ai corrotti.
Non è abbastanza per invocare eventuali scriminanti per chi “da di matto”?
Io proverei a fare attenzione a tutto questo. Le cause di impunibilità e attenuazione dell’elemento soggettivo potrebbero, in certi casi, non essere del tutto dissimili da quelle previste dall’art. 54 c.p. Per esempio alcuni ricorderanno il caso di un furto avvenuto per potersi sfamare, infine giudicato non punibile dalla Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. V, n. 18248/2016, pres. Fumo). L’esigenza vitale in mancanza di ogni altra via d’uscita giustifica queste ed altre condotte. Tali diritti, intrinseci al già citato habeas corpus in tema di libertà personale ed esistenza, supera abbondantemente il diritto di proprietà. Ed ecco come viene a spiegarsi il rimedio estremo scatenato dalla violazione del neminem laedere!
Fame, freddo, beni essenziali alla salute, la base della piramide dei bisogni di Maslow, devono essere garantiti. Altrimenti si mina l’istinto di autoconservazione delle persone e si rischiano ovvi disastri.
Quindi occorre che i politici e il governo siano cauti, loro per primi, nel modo di agire e comunicare. Rispettino i cittadini tutti e non si permettano di insultare, odiare e fare processi a loro non concessi; valutino dati ufficiali ed effettivi, non le loro personali sensazioni, il sentito dire, o i fantomatici informatori senza nome e cognome esibiti in TV come “prove schiaccianti” di tesi parossistiche. Occorre questo rudimentale ma imprescindibile senso di responsabilità!
Invece si insiste. E si rincara la dose quando, oltre a non cambiare i toni, si punta il dito contro il presunto odio fomentato dagli avversari politici latori delle istanze legittime delle fasce più deboli, colpiti dai loro provvedimenti. Come nel caso di Conte, tacciandolo di aizzare le piazze e correndo il rischio di mettere a tacere l’unica valvola di sfogo che potrebbero avere quei cittadini, manipolando al contempo il caso di qualche disperato piuttosto che una dichiarazione sopra le righe, astraendole dal loro contesto e dimensione per poterle strumentalizzare e ingigantirne il fenomeno. Infine alimentando, se non istigando, loro stessi una protesta per nulla ancora degenerata.
In questo modo dove si pensa esattamente che si possa arrivare?
E’ del tutto ovvio pensare che una persona possa essere disposta a tutto pur di sopravvivere. E purtroppo non è che tutte le persone abbiano chiaro questo confine del “sopravvivere”: per alcuni sarà quel non avere davvero alcuna altra scelta (e magari non saranno punibili), e per altri sarà un attimo prima (e saranno punibili). Ma il disastro avviene ugualmente!
Dunque – ribadiamolo! – la necessità di un atteggiamento cauto, rispettoso e responsabile da parte dei politici al governo non è un optional.
Sia chiaro quel sacro principio del neminem laedere, la politica non ne è esente; lo dobbiamo invocare ancora e ancora per renderlo davvero cristallino. E altrettanto squillante deve risultare il predicato di Calamandrei, che pone indirettamente in guardia da una rabbia sociale che non vede via d’uscita nemmeno in una possibile giustizia, che evidentemente non è in grado di pagarsi!
Mala tempora currunt (sed peiora parantur?).
Base foto: un fotogramma della trasmissione “Quarta Repubblica” del 5/12/2022, Rete 4