Qualche giorno fa, mi è capitato un episodio che mi ha fatto riflettere (e devo dire che in queste settimane successive al mio incidente mi capita piuttosto spesso). Mentre mi dirigevo a piedi verso la mia bicicletta dall’interno del supermercato mi sono ritrovato, praticamente attaccata a me, una bambina piccola di non più di 5 anni. Fin qui, non sembrerebbe esserci nulla di così strano. Ma il fatto è che la piccola era assorta su uno smartphone mentre camminava. Avete capito bene; era talmente assorta con lo sguardo fisso sul telefonino, che procedeva ignara di ostacoli e persone. La madre, dal canto suo, se ne stava ad una cinquantina di metri da lei. Assurdo. Tra una bambina di quell’età e la madre non dovrebbero esserci più di un metro o due. La bambina mi avrà sicuramente scambiato per la madre dall’ombra delle scarpe in giù (lo sottolineo affinché non pensiate che avessi le scarpe a tacchi alti!), visto che non alzava mai lo sguardo da quell’arnese infernale. La redarguì piuttosto seccamente. Le dissi “Insomma, piccola! vogliamo distogliere lo sguardo dal telefonino mentre camminiamo tra la gente?”
Alzò di scatto la testa come sorpresa e, chiedendomi timidamente scusa, si diresse nuovamente verso la madre. Appena la madre mi raggiunse, mentre ero intento a slegare la bicicletta, mi fulminò con gli occhi come se avessi commesso un invasione di campo imperdonabile, un attentato alla sua identità genitoriale e territoriale.
Mi vennero subito da fare due considerazioni, che sono anche il segno distintivo della distrazione di massa e dell’incomunicabilità di questi tempi:
Come è possibile che un genitore abbia affidato ad una bambina così piccola, e in piena età di sviluppo, uno strumento potenzialmente tanto dannoso psichicamente e fisicamente?
E come è possibile che la stessa bambina, fosse stata lasciata oltre la distanza di sicurezza dal genitore e in mezzo al vai e vieni caotico dell’uscita di un supermercato?
Fatto sta, che me la presi con la povera piccola, anche se il mio reale scopo era redarguire la madre. Tutto sommato, quella povera creatura ebbe un sussulto di vergogna per essersi sorpresa in quella situazione, che ha percepito come non del tutto normale persino alla sua età. Forse, quest’ultimo comportamento dimostra che non fosse stata educata poi così male, ma evidentemente gli adulti sembrano essersi arresi all’intelligenza antisociale (e non solo artificiale) che questi mezzi procurano, rinunciando al loro ruolo di guide e guardiani. Subito dopo averla vista andare via, questa volta sotto la sorveglianza alare della madre, ho avuto un ripensamento con esame di coscienza. Mi sono detto che avrei dovuto accogliere quella bambina con il gesto di protezione e rassicurazione che i bambini si aspettano dagli adulti, malgrado ci sia stata, nel frattempo, una metamorfosi antropologica più potente di quella che trasformerebbe un cammello in un sasso. Comunque, avrei dovuto pensare:
“Io ti accolgo, bambina, senza sostituirmi a tua madre, in attesa che ti raggiunga. Qui non hai nulla da temere.”
A questo punto, qualcuno direbbe che, forse, sono proprio questi atteggiamenti apprensivi ad aver trasformato intere generazioni in mammoni non in grado di cavarsela a 40 anni, e che i bambini devono essere liberi di scorrazzare perché così, assieme al loro istinto ludico, rafforzano la consapevolezza. Certo, in parte è vero, ma terrei queste considerazioni per il ragazzo di Via Gluck prima che si fosse trasformato il suo mondo, non per questi bambini digitali. Il loro parametro di giudizio non sono più il campo, la coccinella e le lucciole, ma i pixel e i cattivi eroi. Oggi questi bambini non giudicano più la rappresentazione del mondo per il contenuto simmetricamente emotivo ed evocativo della suggestione (le care vecchie favole) ma per il valore esteticamente preponderante del clone. Le vecchie rappresentazioni “analogiche” sono solo il sintomo di un disturbo estetico che travalica ogni indagine simbolica e diviene inguaribile, inaccettabile. Se un film o un 3D ha tutti i pixel e i movimenti al loro posto, repliche perfette di ciò che vedo al vero, promossi, altrimenti bocciati, non importa che abbiano o meno qualcosa da raccontare. Potremmo dire, usando un feroce paradosso, che è la realtà stessa ad essere divenuta il simulacro di quella virtuale, perché non è più in grado di reggerne lo scontro e il giudizio. E allora cosa vogliamo aspettarci da questi bambini, persi su uno schermo di 7″ a soli 5 anni? Viene solo voglia di riconoscere che siano sfortunati profughi di un mondo che per incertezze, caos e contaminazione ambientale, non ha uguali nell’universo.
Forse, posso aver reagito istintivamente come un genitore severo. Ma ricordiamo tutti le terribili storie di Denise Pipitone e Maddie Mac Cann, e di molti loro simili, alcuni dei quali volatilizzati nel nulla per una distrazione della coda dell’occhio. E’ di questi giorni, il fatto di cronaca che sta sconvolgendo l’opinione pubblica francese. La scomparsa, nei boschi impervi dell’alta Provenza, del piccolo Emile, di soli due anni e mezzo. Si era allontanato dalla casa dei nonni per sparire nel nulla 9 mesi fa. Tre giorni fa, giorno più o giorno meno, viene ritrovato il suo cranio, da un’escursionista, sul ciglio di un sentiero di montagna a circa 2 km dalla casa. E allora, dove termina l’eccesso di apprensione ed inizia quello di distrazione?
Io ti accolgo, piccola, e non ti giudico, perché voi bambini meritate più che mai la nostra attenzione che deve rimanere costantemente proporzionale alla vostra disattenzione. Siete il sale del mondo, senza il quale cessa tutto ciò che somigli alla rotazione terrestre e senza il quale Dio avrebbe già abbandonato il mondo ricoprendolo di catrame. Dobbiamo continuare a sentirci, ognuno di noi, genitori di tutti, anche contro la logica di quelli veri, solo questo può salvare il mondo. Per questo prometto di accoglierti, tu rappresentante di quel mondo perfetto che è quello dei bambini, non importa se temporaneamente snaturato dal commercio e dal profitto, ti accolgo e non ti giudico, semmai ti consiglio e ti sospingo dolcemente verso ciò che è meglio. E la smetto di borbottare con lo scimmiottamento tipico degli adulti che hanno smarrito ogni fanciullesca illusione.