Si è concluso il primo semestre del 2022 che per i mercati finanziari si è rivelato il peggior semestre dal 1970. Il periodo che questi stanno affrontando è senza dubbio delicato e di transizione. La volatilità rimane alta, seppur in discesa dai picchi di marzo ed adesso è necessario porre la propria attenzione su due asset-class: materie prime e bond.
Il CRB index, in discesa dal 9 giugno, sull'onda dei forti rialzi dei tassi da parte della FED, sembrerebbe iniziare a scontare un futuro calo dell'inflazione. Anche il settore dell'energia XLE ha subito forti vendite durante il mese di giugno, perdendo oltre il 18%. Questo sembra essere confermato dai dati relativi alle aspettative d'inflazione a 5Y ed a 10Y, che sono molto distanti, rispettivamente, dai picchi di marzo/aprile ed in netto calo rispetto ai massimi relativi raggiunti anch'essi il 9 giugno come il CRB. La teoria dei cicli economici vorrebbe che dopo il massimo dei bond (2020), le azioni raggiungono il loro massimo (2022) ed infine le materie prime, che raggiungono il picco per ultime. Sembriamo esserci.
Ciò che risulta, a mio avviso, essere in contrasto con tale conteso è l'andamento che i tassi dei titoli di stato USA a 10Y hanno avuto durante quest'ultima settimana (-7,82%). Una netta correzione che anche in questo caso sembrerebbe riflettere il calo delle aspettative di inflazione. Tuttavia il livello a cui i tassi si trovano ad oggi (2,9%) risulta a me incongruo con le aspettative sulle politiche monetarie della FED. Stando ai dati del Financial Forecast Center del Wall Street Journal, il mercato si aspetta ulteriori importanti rialzi dei tassi durante le prossime quattro riunioni, fino ad un massimo del 3,50% raggiunto a dicembre. Ciò implicherebbe +0,75% a luglio, +0,50% a settembre, +0,25% sia a novembre che a dicembre. Powell stesso, durante la riunione di giugno, ha affermato che i dati ad oggi non mostrano segnali di recessione ma che questa non sia comunque da escludere. In ogni caso, tra inflazione e recessione, le FED manterrà di primaria importanza il mandato sul controllo dell'inflazione.
Cosa vuole dirci il mercato con questo forte acquisto di bond? A mio avviso, il movimento visto nell'ultima settimana, coincidente inoltre con la chiusura del trimestre/semestre, è frutto di riposizionamenti e ribilanciamenti di portafogli a basso rischio che, con aspettative d'inflazione al ribasso, possono trovare nei bond a 10Y USA una soluzione temporanea ai loro investimenti che offre loro rendimenti attorno al 3%. Questa è senza dubbio un'ipotesi, che se fosse vera, significherebbe che la discesa di questa settimana è stata una correzione naturale ed in futuro rivedremmo una salita dei tassi di mercato. Altrimenti, a questi prezzi, il mercato si trova al di sotto dei livelli di quando scontava tassi FED a fine anno pari al 2,5%. Questo è incoerente con i dati attesi.
Tuttavia, risulta fondamentale guardare la curva dei rendimenti, già piatta da un mese, per comprendere in che modo i tassi di mercato torneranno a salire. Se la FED continuerà ad agire, anche meno aggressivamente da quanto si aspetta il mercato, i tassi dovrebbero comunque tornare a salire, tuttavia, se quelli a breve continueranno a salire di più dei tassi a lunga, come in quest'ultimo semestre, la curva per scadenze si invertirebbe segnalando quella che potrebbe essere una recessione futura.
Ricapitolando, i timori d'inflazione stanno diminuendo ed il mercato sembra aver già scontato in parte questa dinamica. Adesso i timori si sono spostati sul versante recessivo, la cui probabilità verrà successivo in un successivo mio post.